Si apre un nuovo capitolo sull’aborto nell’Unione europea. A darne notizia è il gruppo di attiviste e attivisti dell’associazione My Voice, My Choice (La mia voce, le mie scelte), il quale ha presentato ufficialmente alla Commissione europea la sua proposta per un aborto sicuro e accessibile in Europa.
L’iniziativa è stata avviata lo scorso anno nell’ambito dell’Iniziativa dei Cittadini Europei, l’Ice, uno strumento con il quale si può avanzare una richiesta o una proposta di legge ai governatori europei e che richiede almeno un milione di firme provenienti da sette o più Stati membri. My Voice, My Choice ne ha raccolte oltre 1,1, milione e oltre 165 mila provengono dall’Italia.
“Oggi è un giorno molto importante, perché abbiamo avuto il nostro primo incontro ufficiale con la Commissione europea – ha commentato Nika Kovač, coordinatrice della campagna, in una conferenza stampa a Bruxelles -. Abbiamo potuto presentare alla commissaria Lahbib la nostra proposta per un aborto sicuro e accessibile in Europa”.
La risposta formale della Commissione non arriverà prima di marzo 2026. Ma un primo punto di incontro è stato già trovato. Anche se i dettagli siano ancora scarsi, Kovač ha confermato che il meccanismo grazie al quale si possa creare un fondo per aiutare le donne costrette a cambiare Paese per ricorrere all’aborto potrebbe essere concepito come un sistema volontario tra gli Stati membri.
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L’aborto in Europa
L’iniziativa My Voice, My Choice nasce nell’ambito di un diritto chiesto a gran voce da parte di milioni di cittadini europei. L’iniziativa sottolinea le grandi disparità che vigono tra i diversi livelli di accessibilità all’interruzione volontaria di gravidanza tra i singoli Paesi membri.
A Malta, per esempio, l’aborto è ancora pienamente criminalizzato. La giornalista e attivista Belle De Jung ha osservato che circa 500 donne e ragazze ogni anno cercano di abortire: azioni che la legge maltese classifica come reati. “Quello che noi chiamiamo reato, il resto d’Europa lo chiama assistenza sanitaria”, ha affermato l’attivista, sottolineando che assumere la pillola abortiva a Malta può comportare una pena detentiva fino a tre anni.
Anche dove l’aborto è legale, permangono degli ostacoli. Un esempio è la stessa Italia. L’attivista Alice Spaccini ha spiegato che, nonostante una legge italiana consenta l’aborto dal 1978, l’accesso è spesso ostacolato da una diffusa obiezione medica: “In alcune regioni, l’80% dei ginecologi è obiettore, il che rappresenta un serio ostacolo per le donne”, ha affermato Spaccini.
È in questo contesto che è stata valutata la possibilità di creare un fondo europeo per sostenere le persone che devono attraversare i confini nazionali per ottenere assistenza per l’aborto.
Gli organizzatori, in una nota, hanno sottolineato che il sostegno all’iniziativa ha superato ogni confine politico, generazionale e religioso: “Siamo rimasti sorpresi dal numero di pensionati e persone di diversa estrazione sociale che hanno aderito”, ha detto Kovač, sottolineando l’ampiezza del sostegno alla causa.
Gli esempi di Spagna e Francia
Se da un lato esistono Paesi che fanno parte dell’Unione europea e che vincolano fortemente l’aborto, come il caso di Malta, dall’altro lato ci sono esempi “virtuosi” in tal senso. L’ultimo è quello della Spagna. Il presidente Pedro Sanchez ha annunciato negli scorsi giorni la propria volontà a presentare al Congresso una proposta per inserire l’aborto nella Costituzione, “nel contesto globale di un’offensiva contro i diritti sessuali e riproduttivi”. “Inoltre, l’esecutivo impedirà che le donne che vogliono interrompere una gravidanza ricevano informazioni false e senza prove scientifiche”, si afferma ancora dalla Moncloa, in riferimento della mozione presentata dal partito d’opposizione Vox, e appoggiata dai popolari, a Madrid con l’obbligo di informare le donne di una presunta sindrome post aborto, che non avrebbe nessun fondamento scientifico, come riporta El Pais.
E ancora, la Francia ha inserito il diritto all’aborto nella Costituzione il 4 marzo 2024, diventando il primo Paese europeo a farlo. La modifica ha riguardato l’articolo 34 della Costituzione francese, che ora garantisce la libertà delle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, le cui condizioni specifiche sono definite dalla legge.
La Commissaria europea per l’Uguaglianza, Hadja Lahbib, come riporta Euronews, ha ribadito la delicatezza della questione: “È di competenza degli Stati membri, ma spero che saremo in grado di proteggere la vita delle donne”.
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