Ogni anno, diversi casi legati al comportamento dei passeggeri obbligano gli equipaggi europei a gestire situazioni che esulano dalla routine: rifiuti di seguire le istruzioni, aggressioni verbali, uso improprio di dispositivi. L’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) inserisce questi episodi tra i fattori che possono incidere sulla sicurezza operativa, anche se non esiste una statistica ufficiale unica per l’Unione.
Viaggi aerei in Europa, cosa cambia per i diritti dei passeggeri – Ascolta
la IATA, che aggrega le principali compagnie aeree mondiali, segnala da tempo un aumento delle situazioni che richiedono l’intervento formale degli equipaggi. Anche se i dati pubblici variano, la tendenza complessiva indicata dagli operatori è chiara: rispetto al periodo pre-pandemico, gli episodi riconducibili a comportamenti problematici sono più frequenti rispetto al periodo pre-pandemico. È dentro questo quadro che la Francia ha scelto di introdurre il daspo aereo, il primo divieto di imbarco a livello europeo costruito come strumento amministrativo di sistema, non come semplice sanzione interna.
La pressione sui cieli europei
A livello europeo, compagnie aeree e associazioni di settore riferiscono un incremento costante delle segnalazioni relative a comportamenti che interferiscono con le procedure di bordo. L’aumento riguarda l’intera rete: voli di corto raggio, collegamenti business, tratte domestiche e internazionali. Nella lettura delle autorità, i comportamenti critici ricadono in tre blocchi principali: mancata osservanza delle istruzioni dell’equipaggio, abuso di alcol e aggressioni verbali o fisiche. La Iata segnala che il mancato rispetto delle istruzioni dell’equipaggio è la categoria più frequente, mentre gli episodi di violenza fisica restano minoritari ma sono aumentati rispetto agli anni precedenti.
Questi numeri non restano confinati nelle statistiche. Ogni volta che un passeggero deve essere contenuto, spostato o sbarcato, il volo rallenta, l’aeroporto deve attivare procedure, la polizia di frontiera viene coinvolta, i turni degli equipaggi si allungano. Gli episodi “borderline” che un tempo venivano assorbiti nel margine di tolleranza delle compagnie sono diventati più difficili da gestire per un motivo preciso: la loro frequenza. In molti scali europei, l’idea di dover fronteggiare regolarmente passeggeri fuori controllo è entrata nella pianificazione giornaliera, non nei casi eccezionali.
A questo si aggiunge un fattore di accelerazione: la visibilità immediata. Le riprese amatoriali di litigi, risse, passeggeri ammanettati al sedile vengono diffuse in tempo reale e alimentano una percezione di “cieli fuori controllo” che il settore non può ignorare. È in questo contesto che l’Easa ha lanciato la campagna “Not on my flight”, invitando a una tolleranza zero verso i comportamenti che mettono a rischio la sicurezza, e che i vettori hanno iniziato a chiedere strumenti più uniformi agli Stati per andare oltre la semplice blacklist interna.
L’Europa, tuttavia, si muove a velocità diverse. Alcuni Paesi si limitano a rafforzare le sanzioni penali già previste per chi mette in pericolo il volo. Altri, come il Regno Unito, puntano su politiche di compagnia (fini interni, recupero dei costi dei dirottamenti, campagne sull’alcol in aeroporto). La Francia è il primo Stato a trasformare il tema in una norma nazionale organica, che introduce il daspo aereo come strumento amministrativo codificato e centralizzato.
Come funziona il “daspo aereo” francese
Il cuore del sistema francese è il décret n. 2025-1063 del 5 novembre 2025, “relativo alle sanzioni amministrative per reprimere il comportamento dei passeggeri aerei perturbatori”, pubblicato sulla Journal officiel il 7 novembre ed entrato in vigore l’8 novembre 2025. Il testo si innesta sul Codice dei trasporti francese e precisa tre elementi: chi decide, quali sanzioni si applicano, come vengono gestiti i casi.
L’autorità competente è il ministro incaricato dell’aviazione civile, che riceve i dossier istruiti dalla Direction générale de l’aviation civile (DGAC) e può pronunciarsi su due tipi di misure:
- ammende amministrative a carico dei passeggeri;
- interdiction d’embarquement, cioè il divieto di imbarco su aeromobili di vettori con licenza rilasciata dalla Francia.
L’ammenda può arrivare a 10.000 euro, raddoppiati fino a 20.000 euro in caso di recidiva, per condotte come l’uso di un dispositivo elettronico quando è vietato, il rifiuto di seguire le istruzioni di sicurezza o l’ostacolo all’esecuzione delle mansioni del personale di cabina. L’interdizione di imbarco può durare fino a quattro anni nei casi più gravi, che includono aggressioni, danneggiamenti volontari, tentativi di interferire con sistemi o procedure che possono compromettere la sicurezza del volo.
Il decreto non sospende il diritto di difesa del passeggero: è previsto un termine di un mese dalla notifica del “manquement” per presentare osservazioni scritte al ministro. Le sanzioni sono formalmente decisioni amministrative individuali, impugnabili davanti al giudice amministrativo francese. Il testo chiarisce anche che l’intero dispositivo si applica non solo alla Francia metropolitana, ma alle collettività d’oltremare (Polinesia francese, Nuova Caledonia, Wallis e Futuna), estendendo l’effetto del daspo aereo alla rete completa dei vettori francesi.
Sul piano penale, il decreto si aggiunge — non si sostituisce — alle incriminazioni già previste per chi mette in pericolo la sicurezza di un aeromobile. I comunicati del governo ricordano che, nei casi più gravi, restano possibili condanne fino a cinque anni di carcere e 75.000 euro di multa, ad esempio per chi minaccia direttamente l’integrità del volo.
Dalla norma alla pratica
L’aspetto che distingue il daspo aereo francese dalle misure adottate altrove è la centralizzazione. Il decreto prevede la creazione di una base dati nazionale nella quale confluiscono i casi di passeggeri segnalati come perturbatori. I vettori titolari di licenza francese devono alimentare questo archivio, trasmettendo all’Autorità dell’aviazione civile francese (Dgac) i rapporti di volo relativi agli episodi rilevanti.
In pratica, il flusso funziona così:
- l’equipaggio gestisce l’episodio a bordo secondo i protocolli di sicurezza;
- all’atterraggio, la compagnia redige un rapporto dettagliato e lo trasmette alla Dgac;
- la Dgac analizza il caso e lo sottopone al ministro competente, che valuta se applicare un’ammenda, un divieto di imbarco o archiviare;
- in caso di interdizione, il nominativo del passeggero viene inserito nella banca dati;
- al momento del check-in o dell’imbarco, il sistema informatico delle compagnie controlla automaticamente se il passeggero rientra tra gli esclusi.
Per gli equipaggi, questo significa un alleggerimento del carico decisionale “politico”: non devono più decidere se chiedere il ban aziendale, ma limitarsi a descrivere con precisione il fatto. Per le compagnie, il daspo aereo riduce la frammentazione delle prassi: non esistono più solo blacklist interne, ma un elenco unico gestito dall’autorità pubblica.
Per gli aeroporti, l’impatto è operativo: sapere in anticipo se un passeggero è colpito da interdizione permette di evitare scene al gate, imbarchi bloccati all’ultimo, discussioni che si spostano dal desk all’aeromobile. Il filtro avviene prima, sul sistema di prenotazione e accettazione.
Il dispositivo produce anche un effetto meno visibile ma centrale: la produzione di dati strutturati. Con un archivio unificato, le autorità francesi possono osservare in tempo quasi reale quante interdizioni vengono pronunciate, per quali condotte, con quale tasso di recidiva.
Il daspo aereo, infine, ridefinisce il ruolo dello Stato nel perimetro del trasporto aereo: non più solo garante di licenze e certificazioni, ma soggetto che decide direttamente sull’accesso al servizio di passeggeri considerati pericolosi o destabilizzanti.
Perché in Italia il modello francese non esiste (ancora)
In Italia i comportamenti più gravi a bordo sono già sanzionati dal Codice della navigazione e dal codice penale, che puniscono chi mette in pericolo la sicurezza del volo, chi si rifiuta di obbedire agli ordini dell’equipaggio o commette violenze a bordo. L’Enac, da parte sua, coordina il Programma nazionale per la sicurezza dell’aviazione civile, che fissa procedure e misure di security, comprese quelle relative alle interferenze illecite. Ma nessuna di queste norme costruisce un vero e proprio daspo aereo sul modello francese.
Oggi, se un passeggero viene allontanato da un volo in Italia, la gestione successiva dipende in larga parte dalla compagnia: può decidere di non vendergli più biglietti, inserirlo in una blacklist interna, chiedere il supporto delle forze dell’ordine, avviare azioni civili per recuperare i costi di un’eventuale deviazione. Non esiste però una banca dati nazionale né un divieto amministrativo di imbarco applicabile a tutti i vettori italiani.
Per arrivare a un sistema simile servirebbero almeno tre passaggi:
- una base giuridica esplicita, con la definizione di condotte interdittive, durata massima del divieto, autorità competente (ministero, Enac o altra struttura);
- una infrastruttura informatica centralizzata, collegata ai sistemi di prenotazione delle compagnie e agli aeroporti, in grado di registrare e aggiornare in tempo reale le interdizioni;
- garanzie sul contraddittorio e sui ricorsi, per evitare che il daspo aereo diventi una sanzione opaca o difficilmente contestabile.
A questo si somma il livello europeo: un eventuale daspo aereo italiano, come quello francese, avrebbe effetto solo sui vettori nazionali o su quelli sottoposti alla sua giurisdizione. La conseguenza è evidente: un passeggero interdetto potrebbe comunque volare con un vettore estero, salvo un futuro coordinamento tra Stati o un quadro comune definito da Easa o dall’Ue. Per ora, la discussione sul tema rimane aperta e frammentata: le compagnie chiedono strumenti più incisivi, le autorità europee insistono sulla tolleranza zero, ma una risposta coordinata sul modello del daspo aereo deve ancora essere costruita.
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