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Crimefluencer adescano adolescenti per indurre all’autolesionismo

Adolescenti adescate da reti criminali online e costrette a compiere atti di violenza contro se stesse, i loro fratelli o sorelle o i loro animali domestici. È una “versione distorta di gamification“, avverte la polizia australiana che ha istituito una task force per debellare questo “nuovo e inquietante fronte della tradizionale violenza di genere“.

A spiegarlo è la commissaria della polizia federale australiana Krissy Barrett, che ha annunciato l’arresto di tre persone nel Paese e di altre nove provenienti da altri Stati. Così, mentre il Paese si appresta a vietare i social agli under 16 a dicembre, un nuovo problema esce allo scoperto.

Crimefluencer in Australia

Le ragazze sono giovanissime, spesso preadolescenti. Non superano i 18 anni. I loro adescatori, coetanei o poco più grandi, provengono “da contesti occidentali”. Rintracciano le vittime su app di messagistica, come Telegram, e sono stati definiti dalla polizia australiana “crimefluencer”. Dalle dichiarazioni della Barrett è emerso che provengono da differenti retroterra culturali e ideologici, tra i quali il nichilismo, il sadismo, il nazismo e il satanismo, e prendono di mira ragazze con bassa autostima e disturbi di salute mentale.

“Questi gruppi hanno una cultura simile a quella del gioco online: cacciano, perseguitano e attirano vittime da una serie di piattaforme online”, ha spiegato la commissaria. “La motivazione degli individui all’interno di queste reti non è né finanziaria né sessuale: è puramente per il loro divertimento, per riderne o per essere popolari online”.

Fino ad oggi, il Paese ha identificato circa 50 criminali e con Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda, collaborano a scoprire la grandezza delle reti create. Inoltre, la polizia si avvale di aziende tecnologiche che stanno decifrando i messaggi crittografati, interpretando emoji e slang dei criminali.

Il divieto social per under 16

Quella dei crimefluencer è solo l’ultima deriva alla quale si è arrivati tra le varie degenerazioni dell’uso che si fa degli strumenti digitali. Il tutto, inoltre, arriva in concomitanza con il divieto ai social media per i minori di 16 anni nel Paese, ma che non coinvolgerà le app di messaggistica o le piattaforme di gioco, dove spesso si trovano altrettante reti criminali.

Un divieto che non è privo di ostacoli. A partire dal prossimo 10 dicembre, app come Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat dovranno eliminare gli account degli utenti minorenni. Piattaforme che hanno già evidenziato le difficoltà nell’eliminare migliaia di account e verificarne l’età entro quella data.

Se da un lato c’è chi accoglie questo divieto con entusiasmo sostenendo sia l’unico modo per salvaguardare la salute dei minori, dall’altro c’è chi ritiene che ciò possa spingere gli utenti ad addentrarsi in sistemi – come il dark web – che non sono tutelati o controllati o soggetti a verifica. A sostenerlo è stata Ella Woods-Joyce, responsabile delle politiche pubbliche di TikTok in Australia, durante un’audizione al Senato. Woods-Joyce ha avvertito che un divieto così “tagliente” potrebbe spingere i minori “nei meandri più oscuri di Internet dove non esistono protezioni”.

Mia Garlick, direttrice politica di Meta per Australia e Nuova Zelanda, ha affermato che l’azienda contatterà i titolari di account di età inferiore ai 16 anni – circa 450 mila tra Instagram e Facebook – per offrire loro la possibilità di scegliere tra l’eliminazione delle loro foto e altri dati o la loro conservazione fino al compimento dei 16 anni.

TikTok, che afferma di avere 200 mila account per minori di 16 anni in Australia, e Snap, che afferma di averne 440 mila, hanno affermato che avrebbero adottato misure simili. Le aziende hanno aggiunto che utilizzeranno un software di tracciamento automatico del comportamento per determinare se un titolare di account che dichiara di avere più di 16 anni sia effettivamente minorenne o meno.

E in Italia?

Anche nel nostro Paese ci si muove nella stessa direzione. Diverse le proposte in tutta Italia. L’ultima è quella della leghista Erika Stefani, che negli scorsi giorni ha presentato un disegno di legge in Senato, insieme al vicepresidente, Gian Marco Centinaio. Nel testo chiedono di vietare l’utilizzo delle piattaforme social ai minori di 14 anni, mentre, per accedervi tra i 14 e i 16 anni, dovranno ottenere il consenso dei genitori e rispettivi tutori legali. Alle piattaforme, invece, è fatta richiesta di applicare efficaci sistemi atti a verificare l’età degli utenti e a ricevere il benestare dei genitori, al fine “di evitare l’accesso ai contenuti da parte dei minori di 14 anni”.

E, a differenza del provvedimento australiano, il ddl Lega include nel divieto anche la messaggistica istantanea, quindi WhatsApp, Telegram, Facebook Messenger, Signal e Skype.

 

Giovani

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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