In Italia vivono 2,9 milioni di persone con disabilità; nel mondo sono 1,3 miliardi, secondo le stime dell’Oms. L’impatto attraversa scuola, lavoro, accesso ai servizi, trasporti, tecnologie assistive e procedure amministrative. La distribuzione territoriale delle risorse resta irregolare e la capacità dei sistemi locali di rispondere alle esigenze varia in modo significativo, tra differenze negli accertamenti, nella disponibilità di personale qualificato e nelle dotazioni delle strutture pubbliche.
È su questo scenario che si inserisce la Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, che quest’anno arriva mentre il sistema italiano registra quasi 359mila alunni con disabilità nelle scuole (4,5% della popolazione studentesca), un tasso di occupazione del 33,5% tra le persone con disabilità gravi in età attiva e una riforma — avviata con la legge delega 227/2021 e il decreto legislativo 62/2024 — ancora in fase di assestamento. La combinazione tra dati epidemiologici, scuola, lavoro e revisione normativa definisce il quadro attuale, senza spazi per letture semplificate o rappresentazioni parziali.
La nuova architettura delle politiche sulla disabilità
Il 2025 ha aperto una fase di transizione sul piano normativo. La legge delega 227/2021 e il decreto legislativo 62/2024, in vigore dal 30 giugno dello scorso anno, riscrivono criteri di accertamento, iter amministrativi e modalità di presa in carico, spostando il baricentro dalla sola valutazione sanitaria a un percorso personalizzato che definisce obiettivi, interventi e responsabilità. La ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha presentato l’impianto come una misura che “semplifica, sburocratizza e introduce il Progetto di vita”, con l’intenzione di trasformare l’accompagnamento delle persone con disabilità in un processo continuativo e verificabile. La sperimentazione è attiva in nove province dal gennaio 2025 ed è stata ampliata a ulteriori undici da settembre; le prime verifiche tecniche e sindacali hanno però rilevato criticità operative legate alla riduzione delle commissioni territoriali Inps, all’aumento delle distanze per le visite, alla carenza di personale medico e legale e all’incremento del costo del certificato medico introduttivo, oggi interamente a carico dei cittadini.
Parallelamente, il 28 novembre l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità ha approvato il nuovo Piano d’azione nazionale, composto da 66 linee operative: accessibilità universale, progetto di vita, benessere e salute, sicurezza inclusiva, cooperazione internazionale, inclusione lavorativa, monitoraggio e formazione. Le misure includono interventi sul contrasto alla violenza sulle donne con disabilità, la definizione di indicatori di outcome nei servizi, la razionalizzazione delle procedure di verifica e nuovi strumenti per l’allineamento alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Si tratta di una programmazione pluriennale, non più biennale, che introduce l’obbligo di rendicontazione periodica dell’attuazione.
Il quadro europeo aggiunge un elemento ulteriore: il rapporto 2025 dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali evidenzia che una persona con disabilità su cinque in Europa subisce violenza, contro l’8% delle persone senza disabilità, con un rischio più elevato per gli 1,4 milioni di cittadini europei che vivono in istituti residenziali. Le violazioni documentate includono aggressioni verbali, fisiche, trattamenti medici forzati, uso improprio di contenzioni e sfruttamento economico. Il confronto tra standard europei e realtà nazionali trova una prima verifica nel sistema scolastico italiano, che deve gestire 359mila studenti con disabilità e una struttura di supporto sottoposta a pressioni crescenti.
Il 73% delle persone con disabilità rinuncia al supporto psicologico
Il nodo scuola
La scuola italiana è il primo ambito in cui la crescita della domanda si traduce in effetti diretti sull’organizzazione: disponibilità di docenti specializzati, presenza degli assistenti, continuità delle nomine e capacità degli istituti di gestire situazioni complesse. La tendenza non è nuova ma si è intensificata negli ultimi anni: l’aumento degli alunni con disabilità incide sulla pianificazione interna, sull’uso degli spazi e sulla distribuzione delle ore di sostegno, con impatti che variano sensibilmente tra territori.
Secondo le elaborazioni Openpolis su dati Istat (rapporto 18 marzo 2025), il profilo delle disabilità evidenzia una forte eterogeneità: il 40% degli studenti presenta una disabilità intellettiva, il 35% disturbi dello sviluppo psicologico e il 20% disturbi dell’apprendimento o dell’attenzione. Le disabilità motorie riguardano circa il 9% degli studenti, quelle sensoriali il 7%. Il 37% presenta più condizioni contemporaneamente, con valori che superano il 50% tra gli alunni con disabilità intellettiva. La gestione di questi casi richiede un livello di competenze che non sempre coincide con la disponibilità effettiva di personale formato.
I dati Istat indicano che il 73% degli insegnanti di sostegno è specializzato, ma il 27% non lo è. Nel Nord la quota di docenti privi di specializzazione raggiunge il 38%, con ripercussioni sulla qualità delle attività e sulla continuità didattica. L’11% delle nomine arriva in ritardo, talvolta a settembre inoltrato. I tempi lenti di assegnazione generano settimane di vuoti, con attività frammentate e una dipendenza crescente da soluzioni “tampone” interne agli istituti.
Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione sono un altro nodo: oltre 15mila studenti (4,2%) non ricevono il supporto necessario, secondo Istat; nel Mezzogiorno la percentuale sale al 5,4%. Nelle scuole prive di queste figure, le ore vengono spesso compensate aumentando il carico sul docente di sostegno, con un ibrido funzionale che non rispecchia i ruoli previsti dai piani educativi. Questo produce effetti sulla comunicazione, sull’autonomia personale e sulla gestione delle situazioni più complesse.
Le sentenze amministrative confermano le tensioni: la decisione 12/2025 del Tar Lazio ha stabilito che né i vincoli di spesa né le esigenze organizzative possono giustificare riduzioni delle ore di sostegno rispetto alle certificazioni. È un orientamento destinato ad avere impatti sulle assegnazioni future e sull’equilibrio tra risorse disponibili e obblighi normativi.
Le differenze territoriali restano ampie: aree con servizi sanitari integrati e strutture scolastiche attrezzate intercettano prima i bisogni e costruiscono percorsi più stabili; territori con dotazioni ridotte registrano diagnosi tardive e maggiore instabilità nei supporti. Ne risulta un sistema inclusivo irregolare, in cui il funzionamento dipende in larga misura dalla capacità locale di attuare in modo coerente le norme nazionali.
Indicatori operativi dell’inclusione scolastica
Il tempo trascorso dagli studenti con disabilità fuori dalla classe è uno dei parametri più efficaci per valutare la qualità dell’inclusione. I dati Openpolis indicano che in media gli studenti con disabilità passano 2,9 ore a settimana in attività individuali, contro le 29 ore in classe. È il 10% del tempo scolastico. Per il 20% degli studenti con disabilità non autonomi nelle attività di base, le ore lontano dai compagni salgono a 7,3. Nel Nord l’indice cresce a 9,4; nelle scuole secondarie di secondo grado arriva a 13,6 ore. Un valore che equivale, in pratica, a due mattinate intere di attività separata.
La scuola dell’infanzia presenta i livelli più alti: 9,8 ore a settimana fuori dalla classe per i bambini non autonomi, 7,9 per quelli che lo sono almeno in parte. Si tratta di valori che segnalano una gestione differenziata dei casi più complessi. In molti istituti, l’attività individuale diventa la soluzione organizzativa per gestire situazioni di autonomia ridotta, a rischio però di produrre un effetto di isolamento strutturale. La differenza cresce nei territori dove il personale è scarso, le dotazioni tecnologiche insufficienti o i tempi delle nomine ritardano l’avvio dei percorsi personalizzati.
Le dotazioni digitali rappresentano un ulteriore fattore di differenziazione. Il 75% delle scuole dichiara di avere postazioni informatiche adattate; tuttavia, il 46% delle scuole italiane non dispone di una dotazione adeguata o la giudica insufficiente. A livello regionale, le percentuali più elevate si registrano in Emilia-Romagna e nella Provincia autonoma di Trento, mentre Bolzano evidenzia la quota più bassa. A livello provinciale, i valori più critici appartengono a Bolzano, Oristano, Sassari, Brindisi, Campobasso e Novara, tutte sotto il 50% di copertura.
La collocazione fisica delle postazioni è un aspetto spesso trascurato. Solo il 49% delle scuole posiziona gli ausili direttamente in classe; il 54,3% li colloca nei laboratori e il 42,6% nelle aule di sostegno. Nel 19% degli istituti, le tecnologie adattate sono presenti esclusivamente nelle aule di sostegno. Questo determina chi può utilizzare gli strumenti e quando: dispositivi collocati in spazi separati limitano l’accesso durante la didattica ordinaria e spingono verso una gestione parallela delle attività.
Il tempo fuori dalla classe e la distribuzione delle tecnologie sono indicatori operativi che permettono di leggere la reale capacità del sistema di includere. Non misurano intenzioni o linee guida, ma ciò che accade nelle aule, nei corridoi, nelle stanze dedicate alle attività individuali. È la parte più concreta della scuola italiana, quella che incide sulla quotidianità degli studenti.
La dimensione territoriale della disabilità
La disabilità si confronta quotidianamente anche con la qualità delle infrastrutture territoriali. L’accesso agli spazi pubblici, ai trasporti e ai servizi essenziali varia sensibilmente tra grandi centri, periferie urbane e aree interne. In molte zone del Paese la continuità dei marciapiedi è interrotta, le fermate non sono attrezzate, gli ascensori restano fuori servizio per lunghi periodi, le mappe di accessibilità non vengono aggiornate e i sistemi di trasporto locale non prevedono soluzioni per utenti con ausili ingombranti. Nelle aree a bassa densità abitativa, la distanza tra i servizi e la mancanza di mezzi pubblici frequenti accentuano ulteriormente il divario. La disponibilità di ausili negli spazi naturali — passerelle, percorsi consolidati, pedane removibili, veicoli adattati — dipende più dalle scelte delle singole amministrazioni che da standard uniformi, con risultati molto diversi da provincia a provincia.
Sul fronte del lavoro, il divario rimane netto. Tra le persone con disabilità gravi in età attiva il tasso di occupazione si attesta al 33,5%, mentre nella popolazione senza limitazioni supera il 60%. La distanza non è solo quantitativa: riguarda la possibilità di ottenere accomodamenti ragionevoli, l’adeguamento delle postazioni, l’accessibilità dei processi di selezione, la presenza di figure interne dedicate e la capacità delle imprese di integrare nei propri organici profili con esigenze specifiche. Gli interventi economici attivati negli ultimi anni hanno sostenuto assunzioni mirate e introdotto strumenti per la transizione al lavoro, ma l’efficacia dipende dal contesto produttivo, dalla dimensione aziendale e dal livello di organizzazione delle risorse umane.
Anche la mobilità sanitaria resta un punto critico. Le differenze nei tempi di attesa, nella presenza di servizi domiciliari, nella reperibilità delle terapie riabilitative e nella disponibilità di centri specializzati creano squilibri marcati tra regioni e tra zone urbane e periferiche. La crescente quota di persone sole prevista dalle proiezioni demografiche — 44,3% dei nuclei familiari nel 2050 secondo Istat — amplifica la dipendenza dai servizi territoriali: senza caregiver informali, la distanza dai presidi sanitari, la frequenza dei trasporti e la presenza di accompagnatori diventano variabili decisive per l’accesso effettivo alle cure.
Il quadro territoriale della disabilità in Italia è quindi condizionato da un insieme di elementi infrastrutturali e organizzativi: trasporti, spazi urbani, servizi sanitari, condizioni di lavoro e dispositivi di supporto. È in questa rete di fattori che si definiscono, giorno per giorno, le possibilità di movimento, di partecipazione sociale e di accesso ai servizi essenziali per milioni di persone.
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Popolazione
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