La sostenibilità non è più un tema, è uno stile di vita. Riguarda la salute, il benessere, la fiducia che costruiamo ogni giorno. Nel modo in cui mangiamo, lavoriamo, ci muoviamo, respiriamo. È la nuova economia della cura: quella che unisce persone, imprese e comunità.
Con questo approccio si è tenuto oggi, 18 novembre 2025, presso Palazzo dell’Informazione di Roma, l’evento “Salute e benessere come priorità sociale: le imprese e le istituzioni chiamate a dare risposte” organizzato dall’Adnkronos ed Eikon Strategic Consulting Italia in apertura della Social Sustainability Week.
“Come si concretizza questo interesse per la cura di sé, nei comportamenti quotidiani? Cosa chiedono davvero le persone nell’ambito della salute, che è sempre più considerato nelle scelte di tutti i giorni?”. Inizia con queste domande l’intervento di Cristina Cenci, Senior partner di Eikon Strategic Consulting Italia, che apre il terzo panel della giornata “Welfare, cura per la persona e innovazione digitale”.

La salute del corpo in Italia
Le risposte sono chiare ed emergono dall’indagine nazionale condotta dall’academic company specializzata nella ricerca e nella comunicazione strategica. “Le tre cose a cui si fa più attenzione sono: ciò che si mangia, i controlli medici e l’attività all’aria aperta”, evidenzia Cenci sottolineando il mix tra il monitoraggio e l’attenzione al corretto stile di vita, che ha acquisito particolare importanza nelle considerazioni degli italiani.

La salute mentale in Italia
Dall’indagine di Eikon risulta che un italiano su tre ritiene il proprio benessere psicologico per nulla o poco soddisfacente (27% poco soddisfacente, 5% insoddisfacente). Il 56% del campione ritiene la propria salute mentale abbastanza soddisfacente e il 12% la giudica molto soddisfacente. “La soddisfazione emersa riguarda il ‘qui e ora’ ma – evidenzia Cenci – manca una progettazione collettiva del futuro”.
Ma quali sono le soluzioni preferite dagli italiani per trovare sollievo in periodi di forte stress, ansia o tristezza? Al primo posto si trova la possibilità di “staccare la spina” facendo una pausa dal lavoro o una vacanza (24% di rispondenti), a dimostrazione di quanto sia urgente il tema il tema del burnout tra i lavoratori italiani.
Le altre due soluzioni più scelte dagli italiani (entrambe al 20%) riguardano la possibilità di parlare con una persona di fiducia e quella di dedicarsi a un’attività creativa/sportiva. L’aiuto di un medico o di uno psicologo, invece, è stata la principale soluzione solo per il 12% dei rispondenti, anche perché pochi italiani possono permettersi un percorso di psicoterapia.
“La priorità per stare bene è avere una rete sociale che funziona” osserva Cristina Cenci, che aggiunge uno spunto di riflessione: “L’Oms ha dimostrato scientificamente gli effetti benefici delle arti per il benessere e la cura e il nostro Paese offre grandi opportunità sotto questo aspetto. Questa risorsa entra nel quotidiano di alcuni, ma non è ancora utilizzata abbastanza”.
La sorpresa (in negativo) del digitale
Nell’era della consapevolezza sul benessere, quanto utilizziamo gli strumenti digitali per tenerci in forma e migliorare la nostra salute? I risultati emersi dall’indagine Eikon sono sorprendenti: “Sembra che abbiamo perso tutto quello che abbiamo costruito con la pandemia in termini di accelerazione e trasformazione digitale”, ammonisce Cenci, che spiega: “in passato questi numeri erano più significativi. C’è una sorta di abbandono digitale: addirittura il 54% non utilizza app o dispositivi per il proprio benessere”.

Una possibile risposta e chiave di lettura arriva da come gli utenti considerano le app per il benessere e i dispositivi: per il 48% degli intervistati questi strumenti rappresentano per lo più un intrattenimento, mentre il 43% ritiene che diano un aiuto concreto”.
Anche sul fronte dell’intelligenza artificiale prevale lo scetticismo: solo l’8% ritiene che questa tecnologia sia fondamentale per superare le sfide del futuro. Il 16% dei rispondenti ritiene che l’Ai non poterà niente di buono e che farà perdere tanti posti di lavoro, il 40% ritiene che ci saranno più svantaggi che benefici, mentre il 37% ritiene l’Ai un valido alleato per risolvere problemi importanti relativi all’ambiente e alla salute umana, a condizione che sia sempre l’intelligenza umana a guidare la tecnologia.

Il ruolo delle aziende per il benessere dei lavoratori
“Abbiamo chiesto alle persone come valutano il loro benessere sul luogo di lavoro rispetto a due anni fa. Per il 60% di loro, il livello di soddisfazione è rimasto invariato. Tra gli altri, prevale chi giudica la situazione peggiore di prima (22%) rispetto a chi la giudica migliore oggi che due anni fa (15%)”. Il 3% del campione non sa rispondere a questa domanda.
Ma quali sono i fattori che fanno stare bene le persone al lavoro? Ciascun rispondente poteva selezionare tre scelte.
“Le risposte evidenziano quanto siano i fattori economici e di stabilità contrattuale siano cruciali per il benessere delle persone. E questi – sottolinea Cenci – non dipendono né dal sistema sanitario né dal programma di welfare aziendale”.
In poche parole: prima di qualsiasi misura di assistenza, gli italiani hanno bisogno di un lavoro stabile e ben retribuito per stare bene. “La precarietà economica è emersa come una preoccupazione chiave della nostra indagine”, chiosa la Senior partner di Eikon.
“Mi preme sottolineare che, ai fini del benessere lavorativo, il 26% del campione ritiene importante l’attenzione alla salute e un’ampia offerta di welfare aziendale, più della percentuale raccolta dalla formazione continua, che si ferma al 22%. Anche la possibilità di fare smart working e altre forme di flessibilità sono importanti per i lavoratori italiani, come dimostra il 34% ottenuto da questa risposta”.
Più volte su queste pagine abbiamo sottolineato i risvolti demografici della flessibilità lavorativa: sempre più lavoratori italiani ritengono lo smart o il remote working una esigenza indispensabile per il proprio work-life balance. La situazione diventa particolarmente critica per i tanti genitori o aspiranti tali, che, non potendosi permettere l’assistenza domiciliare, hanno bisogno di flessibilità lavorativa per poter curare i propri figli e la casa.
Cosa ne pensano i lavoratori
A tal proposito, quanto si stanno impegnando le aziende italiane per il benessere dei propri lavoratori? Le risposte ottenute da Eikon non sono confortanti: il 19% ritiene che la propria azienda non si impegni affatto, mentre il 41% ritiene che lo sforzo sia minimo. Circa un intervistato su tre (il 35%) ritiene che l’impresa presso cui lavora si impegni “abbastanza” per il proprio benessere, mentre solo il 6% ritiene che l’azienda si impegni “molto” a tal fine.

D’altra parte, gli italiani ritengono che le aziende possano davvero cambiare le cose: il 30% è ottimista quando sente un’azienda parlare di sostenibilità e il 24% prova interesse a riguardo. Bisogna lavorare sul 29% di chi resta scettico e sull’8% di chi è scettico a riguardo.
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Welfare
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