(Adnkronos) –
La cimice asiatica, il temuto insetto polifago che appariva ormai sotto controllo, è tornata e i danni riscontrati dai produttori agricoli non sono più solo sulle pere, ma anche sul mais, finora solo marginalmente attaccato dall’insetto. A lanciare l’allarme, con Adnkronos/Labitalia, è Cia-Agricoltori italiani.
Una situazione complessa in un sistema agricolo già compromesso dai cambiamenti climatici e dai problemi di mercato che erodono i redditi e non consentono di fare investimenti, come spiega il presidente di Cia Ferrara, Stefano Calderoni: “La presenza della cimice asiatica mette in discussione la sostenibilità stessa dell’attività agricola in un territorio che continua a pagare un prezzo altissimo per la presenza di fitopatie e per le restrizioni sui mezzi di difesa”, sottolinea.
Il bilancio tra le aziende agricole di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara al termine della raccolta dell’Abate, la pera tipica dell’areale, conferma infatti una presenza significativa dell’insetto, anche se la percentuale del danno risulta al momento molto variabile, probabilmente dovuta alle differenze dei sistemi di difesa adottati dalle aziende agricole, soprattutto la presenza di reti anti-cimice. Per quello che riguarda le pere estive, in generale, una ricognizione tra i produttori condotta da Cia Ferrara ha mostrato dati preoccupanti per la William Bianca che ha subito cali produttivi fino al 40%, mentre appaiono più contenute le perdite registrate da Carmen, Santa Maria e Conference, con danni intorno al 10%. Cali legati certamente al caldo di giugno, che ha messo in stress piante e frutti in piena fase di maturazione alla quale si è aggiunta, appunto, la recrudescenza della cimice asiatica del tutto inattesa.
Le rese dell’Abate, già compromessa da calibri non soddisfacenti, sono state ulteriormente colpite dalla cimice, ma anche dalla presenza della psilla, il parassita fitofago che è stato particolarmente complesso debellare. I danni da cimice sull’Abate sono anch’essi molto complessi da calcolare a meno di un mese dal termine della raccolta, ma anche in questo caso si passa da danni sostanzialmente irrisori a picchi che superano il 50-60% soprattutto nei frutteti biologici.
Un problema che sta diventando, dunque, sempre più generalizzato e che è in buona parte imputabile, secondo i produttori, alla limitazione all’uso dell’acetamiprid, insetticida selettivo che garantiva buoni risultati ma che oggi è poco efficace a causa di nuovi limiti imposti. Secondo Calderoni “purtroppo, la cimice è solo uno degli esempi di come le problematiche che si pensavano risolte ritornano perché da un lato non si investe abbastanza sulla ricerca scientifica in campo agronomico e dall’altro si continuano a dare soluzioni costose ed inefficaci. Siamo in prima linea nella tutela del territorio e della salute delle persone ma, come abbiamo già ripetuto in questi anni, la sostenibilità deve essere anche economica e sociale: pensiamo ai posti di lavoro persi in questi anni a causa del continuo estirpo di frutteti e al contrarsi della domanda di manodopera lungo tutta la filiera pericola”, sottolinea. “Credo -spiega Calderoni- che ogni agricoltore che si alza al mattino, con uno sconfinato amore per il proprio lavoro ma che non può essere infinito, si chieda se ci sono ancora le condizioni per fare agricoltura. Credo che debbano essere le istituzioni, soprattutto quelle di Bruxelles che spesso calano le decisioni dall’alto, a dargli questa risposta che è fondante per la tenuta agricola del nostro territorio e del nostro Paese”.
Sul tema Annalisa Arletti (FdI) ha presentato un’interrogazione sottoscritta anche dal collega di gruppo Ferdinando Pulitanò. “La cimice asiatica – spiega – è dannosa per oltre 100 tipi di piante da frutteto con predilezione per le rosacee -melo, pero e pesco- e le colture erbacee -soia e mais- mentre negli ultimi tempi la cimice ha iniziato ad attaccare anche i vitigni con gravi conseguenze per la produzione vinicola e in questi anni la cimice asiatica è proliferata sostanzialmente quasi indisturbata, fino a raggiungere una concentrazione ormai preoccupante che mette in pericolo una percentuale rilevante dei raccolti di frutta, in particolare pere, pesche e uva. Rilancio le preoccupazioni delle aziende agricole del territorio che proprio in questi giorni hanno iniziato la raccolta della pera Abate, i consiglieri riportano poi perdite stimate “superiori al 70% del raccolto in alcune aziende” e originano il proprio atto ispettivo.
La risposta è affidata all’assessore all’Agricoltura Alessio Mammi per il quale “l’Emilia Romagna si trova nella stessa situazione di altre regioni circostanti come il Veneto. Solo nella nostra regione sono stati dati 10 milioni di ristori e indennizzi per gli agricoltori: nel 2025, dopo due di miglioramento, la situazione è tornata a peggiorare e per questo stiamo portando avanti ricerche, anche in collaborazione con gli Stati Uniti, per trovare soluzione”. Parole alla luce delle quali Arletti ha ringraziato Mammi, ma ha ribadito come le criticità segnalare ci sono tutte.
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