(Adnkronos) – In ospedale da otto mesi per essersi sottoposto a cure dentali in Albania. E’ la terribile storia del 36enne di Barletta, Simone Del Vecchio, di professione web designer, che si è sentito male in una clinica di Tirana. A rendere nota la vicenda il Corriere del Mezzogiorno. In una sola seduta gli hanno estratto 20 denti su entrambe le arcate, messo un impianto e protesi. Il giovane ha subito quattro infarti.
I fatti risalgono a marzo. Dopo un periodo di degenza in Albania è stato portato in aeroambulanza a Bari, dove è stato ricoverato al Policlinico, restando in rianimazione per quasi due mesi. A un certo punto, come ha spiegato il fratello gemello Marco nell’intervista al quotidiano, Simone si è svegliato ma nel corso del periodo successivo ha dovuto affrontare altre complicanze, compresa un’infezione. Ora si trova ricoverato all’ospedale di San Giovanni Rotondo per la riabilitazione ma proprio in queste ore è previsto un nuovo intervento chirurgico, come riporta il quotidiano “questa volta per risolvere una stenosi tracheale che gli toglie il respiro causata probabilmente dalla prolungata intubazione”. Non è la prima volta che si verificano situazioni simili, anche se non così eclatanti. La vicenda ha riproposto il tema del cosiddetto ‘turismo dentale’ cioè la possibilità di curarsi all’estero a prezzi inferiori e di risolvere tutto in una settimana/dieci giorni, per di più spesso con le spese dell’ospitalità pagate. Ed è un copione che grosso modo ricalca la vicenda di Simone. “Al di là delle situazioni più eclatanti che salgono agli onori delle cronache si riscontra un atteggiamento di aggressività terapeutica finalizzata prevalentemente a fare profitto e non a cercare la salute dei pazienti” dice all’Adnkronos Fabio De Pascalis, presidente di Andi (Associazione nazionale dentisti italiani) Bari-Bat. “I tempi di guarigione biologica sono disattesi completamente perché queste prestazioni complesse vengono eseguite in tempi molto accorciati”. De Pascalis stigmatizza un atteggiamento da parte di queste strutture che “non guarda alla salute orale del paziente ma ad ottenere il maggiore profitto possibile. In una settimana/dieci giorni si fa tutto: viaggio, estrazione dei denti, impianti, protesi e riabilitazione. Lavori che richiederebbero mesi – continua – vengono, invece, fatti in brevissimo tempo. E questo può determinare anche dei problemi che possono manifestarsi non sempre nell’immediato ma, alcune volte, anche a distanza di tempo: un anno, un anno e mezzo. Se, poi, i pazienti non vengono seguiti dal punto di vista dell’igiene e delle visite di controllo possono avere dei problemi. E’ quello che riscontriamo spesso”. Senza considerare le difficoltà di ottenere dei risarcimenti, per la insufficiente responsabilità che si assumerebbero le cliniche, come evidenziato anche dal fratello di Simone nell’intervista circa le difficoltà nell’avvio di una azione legale. “Specialmente nei Paesi extracomunitari – sottolinea De Pascalis – si risponde alle norme legislative del posto”. Non sono previste, insomma, le stesse protezioni in caso di errore. “Noi siamo obbligati a fare la responsabilità civile professionale proprio a tutela dei cittadini in caso di contenzioso. Non possiamo iscriverci all’ordine se non abbiamo l’assicurazione. Fare causa in un paese extracomunitario – evidenzia il presidente di Andi Bari-Bat – diventa un problema perché è più difficile accertare una eventuale responsabilità professionale e ottenere i risarcimenti. La commercializzazione della salute non è mai un aspetto positivo in assoluto”. Ma come se ne esce, considerati anche i costi per le cure dentali in Italia? “Noi come Andi stiamo istituendo un fondo sanitario integrativo per l’assistenza odontoiatrica”, spiega De Pascalis. “Il progetto è molto avanti ed è aperto a tutti i cittadini italiani. Con una quota molto contenuta, il paziente può accedere al fondo e usufruire di alcune prestazioni odontoiatriche, avendo un contributo. E’ un fondo – afferma – legato al sistema di prevenzione. E’ virtuoso: chi fa più prevenzione ha maggiore accesso alle cure, in maniera tale da sviluppare anche una sensibilità della cittadinanza alla cura della propria bocca e da non avere problemi più seri che fatti dopo possono comportare costi maggiori. I pazienti sono attratti dai messaggi pubblicitari per cui tutto si risolve in modo veloce, mentre magari qui – aggiunge – deve impiegare mesi per curare i denti o mettere quelli nuovi. E così pensa ‘pago meno e ho chiuso il cerchio’. E’ un problema di sensibilizzazione e coscienza perché la cura del cavo orale è una cosa importante. Noi innanzitutto dobbiamo curarli bene. Anche perché siamo soggetti a una responsabilità professionale e di tipo contrattuale secondo la legge Gelli-Bianco. Come liberi professionisti, che sono la maggior parte, ne rispondiamo per 10 anni”, ricorda De Pascalis. “Quindi abbiamo il peso di fare bene le cose. Poi è chiaro che non siamo immuni da errori anche in Italia. Ma se si sbaglia, si paga. Per questo giovane, diventerà perfino complesso ricevere un eventuale risarcimento danni”. Inoltre secondo De Pascalis “per poter risparmiare dal dentista bisogna fare prevenzione, igiene e controlli e non aspettare di dover intervenire con le cure e gli impianti. Andare dal dentista dopo 30 anni è un disastro. Il fondo di assistenza integrativa di Andi è legato proprio a questo”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
“Otto mesi di ricovero dopo cure dentali in Albania”, storia di Simone
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