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Mediterraneo frontiera di pace, da Firenze lo stop allo stato di emergenza

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FIRENZE – “È intenzione del Governo non prorogare lo stato di emergenza oltre il 31 marzo”. L’annuncio del premier Draghi durante il convegno ‘Mediterraneo frontiera di pace’ nell’intervento al teatro del Maggio di Firenze. La prima tappa di Draghi nella giornata di apertura del convegno è stata all’Osmannoro, Sesto Fiorentino, nella sede della maison Salvatore Ferragamo.  Poi la cerimonia di apertura del convegno al Convento di Santa Maria Novella a Firenze. Quindi Alle 16.30 Draghi ha poi raggiunto il Teatro Maggio musicale fiorentino dove, presso l’auditorium della stessa struttura, ha incontrato autorità e stakeholders locali. In quest’ultimo incontro il premier ha annunciato che “è intenzione del Governo non prorogare lo stato d’emergenza oltre il 31 marzo”. L’intervento del premier Draghi all’inaugurazione di ‘Mediterraneo frontiera di pace’. “Sono molto felice di essere qui con voi oggi, nel Convento di Santa Maria Novella. Voglio ringraziare la Conferenza Episcopale Italiana e Sua Eminenza Cardinale Bassetti per l’invito all’evento di oggi sul Mediterraneo. Come ha detto Papa Francesco, lo scorso incontro a Bari ha segnato un momento di grande unità nelle Chiese del Mediterraneo, una testimonianza di pace. Mi auguro che un dialogo sul divino – che nasce dalla volontà di superare differenze, incomprensioni che affliggono gli uomini da secoli – porti un messaggio di fratellanza in un momento di forte tensione per l’Europa. È significativo che l’incontro di oggi avvenga qui, a Firenze. Il Concilio di Firenze, che si chiuse nel 1439 ed ebbe in parte luogo proprio in questo convento, riuscì a riunire, seppur temporaneamente, la Chiesa di Occidente a quella di Oriente. Tra il 1958 e il 1964, sempre a Firenze si tennero i Colloqui mediterranei, voluti da Giorgio La Pira, instancabile difensore dei diritti inviolabili dell’uomo.

I Colloqui mediterranei nascevano dalla convinzione che le nazioni che si affacciano sul mare avessero un destino comune; che il dialogo tra le religioni di Abramo – ebraismo, cristianesimo, Islam – fosse necessario per il mantenimento della pace; e che una comune cultura mediterranea potesse servire come base per un “ordine umano mediterraneo, fondato sulla giustizia e sulla felicità”. L’incontro di oggi e quelli dei prossimi giorni sono un invito a sviluppare questa visione a partire dalle città, che sono sempre più il centro della vita della regione. A ragionare sui nostri diritti e sui nostri doveri come cittadini del Mediterraneo. A lavorare perché il Mediterraneo sia un laboratorio di pace, tolleranza, prosperità, al centro dell’Europa. Quando parliamo di diritti nel Mediterraneo, dobbiamo riferirci soprattutto ai giovani. La proporzione di ragazze e ragazzi con meno di 15 anni sul totale della popolazione in Medio Oriente e nel Nord Africa è circa il doppio rispetto alla media dell’Unione Europea. Quella di over 65 è appena un quarto. Tutti i giovani hanno la legittima aspirazione di realizzare a pieno il proprio potenziale. Tuttavia, si scontrano con un mercato del lavoro che li lascia spesso ai margini. Il tasso di disoccupazione giovanile nella regione è il più alto al mondo e in alcuni Paesi supera il 40% per le ragazze.
Occuparsi del Mediterraneo, vuol dire prima di tutto occuparsi delle nuove generazioni.
Investire nella scuola, nella formazione e creare le condizioni per investimenti e posti di lavoro. Perché il Mediterraneo sia davvero un mare di opportunità. La regione è particolarmente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, come la siccità, l’aumento dei livelli del mare, le ondate di calore. Le città si affacciano su un mare che in molti casi conserva la sua meraviglia antica, ma è anche inquinato da plastiche e rifiuti. Il rischio di incendi e la loro pericolosità è in aumento – penso, per esempio, ai boschi bruciati nell’agosto dello scorso anno, dalla Spagna alla Grecia, in Sicilia e in Sardegna.
Un’estate con picchi di temperature mai registrati prima, in un’area dove l’aumento è destinato a essere superiore alla media globale. L’emergenza climatica ci impone di accelerare nella transizione ecologica, in modo rapido ma sostenibile per cittadini e imprese. Dobbiamo aiutare in particolare i più deboli a sostenerne i costi.
La transizione ecologica presenta grandi opportunità per chi ha il coraggio di investire.
I Paesi del Mediterraneo devono coglierle – per proteggere il pianeta e avviare i giovani verso le professioni del futuro. Oltre alle scarse opportunità lavorative, anche l’instabilità politica contribuisce a indurre decine di migliaia di persone, tra cui molti giovani, a emigrare non solo per opportunità, ma per necessità. Un fenomeno che attualmente porta con sé enormi rischi per chi arriva in Europa dal Nord Africa o dai Balcani. E che al momento rappresenta un problema per i Paesi di origine, che perdono energie vitali, e per i Paesi di arrivo, che spesso faticano a integrare i nuovi arrivi, ad accoglierli con dignità. Il mar Mediterraneo ci ricorda che ciò che accade nell’Egeo riguarda anche il Tirreno, ciò che avviene al largo della Tunisia o della Libia si ripercuote sulle coste della Sicilia. Più volte in passato ho ribadito l’importanza di una gestione condivisa, equilibrata e umana delle migrazioni. Condivisa perché, senza un’assunzione di responsabilità collettiva, l’azione europea non potrà mai essere giusta ed efficace. Equilibrata, perché non basta contrastare i flussi illegali, ma serve curare con attenzione l’accoglienza. E umana, perché non possiamo essere indifferenti rispetto alle sofferenze dei migranti. Le autorità religiose svolgono un ruolo fondamentale nel costruire una cultura di dialogo e di ascolto tra culture e fedi diverse. Oggi, come in passato, avvertiamo la necessità della vostra opera di bene, dell’educazione all’amore, che rappresenta l’essenza della fede. L’amore per sé stessi, senza cui viene meno il rispetto della dignità umana. L’amore per la propria cultura, che non ammette l’intolleranza, ma è stimolo alla curiosità. L’amore per la propria comunità, che si esprime nella solidarietà e la cura per gli altri. La cultura del dialogo e della fratellanza si ricerca anche nella tutela delle minoranze religiose, che ancora oggi incontrano limiti alla libertà di culto, anche nel Mediterraneo. Le comunità cristiane e religiose offrono molti esempi di amicizia, fraternità e apertura nei confronti delle altre fedi monoteiste. Lo testimonia il rapporto che lega Papa Francesco al patriarca Bartolomeo e lo dimostrano i viaggi apostolici del Santo Padre, dagli Emirati Arabi all’Iraq alla Grecia.
Voglio esprimere la mia riconoscenza per il vostro impegno a favore del dialogo e il mio auspicio perché possiate continuare in questa missione. La stabilità e la pace si organizzano nelle istituzioni, ma si costruiscono nel contrasto quotidiano alle diseguaglianze, all’odio e all’ignoranza. Penso alle politiche di integrazione e vicinato, agli investimenti infrastrutturali: tutti processi che favoriscono la crescita e lo sviluppo. Alcuni progetti incidono direttamente sulla vita nelle città: migliorano la qualità delle abitazioni, programmano lo sviluppo urbano, favoriscono la costruzione di nuove infrastrutture. Altri contribuiscono a tutelare la natura e la biodiversità, come i progetti di conservazione finanziati dall’Unione europea, anche grazie alla collaborazione tra università e centri di ricerca. Le autorità civili e religiose hanno un ruolo fondamentale nel coltivare un senso di responsabilità diffuso senza il quale questi progetti non possono avere successo. Per affrontare, nel breve e nel lungo termine, i problemi e le vulnerabilità del Mediterraneo. Nei secoli la vita mediterranea è andata avanti grazie a interazioni reiterate e frequenti tra le sue città e i suoi popoli. Il frutto di questi collegamenti, che possiamo chiamare cultura mediterranea, offre ancora oggi un terreno comune a laici e religiosi. Questa responsabilità condivisa ci richiama a proteggere il mare e tutto il patrimonio naturale. A custodire la bellezza delle città mediterranee, la loro spiritualità e modernità. A fornire nuove opportunità a chi cerca lavoro e maggiore rappresentanza ai giovani e alle donne. Ci impone di tutelare la pluralità delle nostre identità, di favorire il dialogo tra culture diverse e tutelare le minoranze, etniche e religiose. Sono i nostri diritti e i nostri doveri come abitanti del ‘Grande mare’.  Il nostro impegno per un Mediterraneo giusto, di pace, di libertà. In momenti di crisi dobbiamo ancor più difendere i valori in cui crediamo e che ci guidano. La convivenza, la fratellanza, la tolleranza che celebriamo in questo incontro devono realizzarsi anche oltre i confini della regione in cui viviamo.
Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati. Avete scelto di mettere la vostra spiritualità, la vostra profondità di pensiero, al servizio dei più deboli. Possa il vostro messaggio di pace diventare anche il nostro e risuonare forte laddove si cerca lo scontro e si rischia la guerra”.

 

 

© Riproduzione riservata

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