A Natale la spesa per i regali destinati ai bambini cresce ogni anno, accompagnata da un’offerta sempre più ampia di prodotti digitali, interattivi, connessi. Tablet, console portatili e giocattoli elettronici occupano una quota rilevante del mercato, intercettando una domanda che risponde a esigenze pratiche: intrattenere, calmare, gestire il tempo domestico. Nelle stesse settimane, però, si concentra anche un altro dato strutturale: la riduzione del tempo di interazione diretta tra adulti e figli. È su questa frizione che intervengono gli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, riportando l’attenzione su una dimensione spesso marginalizzata nel dibattito pubblico sull’infanzia.
Il richiamo non riguarda il valore simbolico delle feste né la qualità affettiva del dono, ma la funzione concreta del gioco nello sviluppo. “Il vero regalo di Natale è il tempo passato insieme”, afferma Deny Menghini, responsabile della Psicologia dell’Ospedale. Un’affermazione che introduce un tema operativo: il gioco come spazio strutturato di apprendimento, regolazione emotiva e relazione, che perde efficacia quando viene delegato a uno schermo o a un oggetto concepito per funzionare in autonomia.
Perché il gioco conta
Nel primo ciclo di vita, il gioco rappresenta una delle principali modalità attraverso cui il bambino organizza l’esperienza, sperimenta ruoli, costruisce competenze cognitive e sociali. Le evidenze in ambito psicologico e pedagogico indicano che la qualità del gioco è strettamente legata al contesto relazionale in cui avviene. L’adulto non è un osservatore neutro, ma un mediatore che orienta, sostiene, contiene. La presenza adulta consente al bambino di attribuire significato all’azione, di tollerare la frustrazione, di modulare l’eccitazione, di trasformare l’errore in apprendimento.
Il diritto al gioco: perché i bambini hanno bisogno di spazi vuoti e tempo libero
Quando il gioco avviene in solitudine o attraverso dispositivi digitali progettati per catturare l’attenzione, questa funzione si riduce. L’interazione è unidirezionale, la risposta emotiva non trova rispecchiamento, la regolazione viene affidata a stimoli esterni. Gli psicologi del Bambino Gesù sottolineano come il gioco condiviso favorisca invece lo sviluppo del linguaggio, dell’attenzione sostenuta e delle competenze socio-emotive. Anche oggetti semplici – un mazzo di carte, un gioco da tavolo, materiali per costruire o disegnare – possono attivare processi complessi se inseriti in una relazione viva.
La scelta del giocattolo, in questa prospettiva, non è secondaria ma nemmeno determinante. L’età indicata sulla confezione offre un orientamento tecnico, ma non definisce l’esperienza. Ciò che conta è la possibilità di esplorare, combinare, inventare. I bambini non classificano i giochi secondo categorie rigide o stereotipate; l’esplorazione libera sostiene un’identità più flessibile e sicura. L’intervento adulto non serve a dirigere il gioco, ma a renderlo uno spazio abitabile, in cui il bambino possa muoversi senza eccessi di stimolazione o isolamento.
Quando il gioco passa dallo schermo
L’espansione degli schermi nella vita quotidiana ha modificato in profondità le dinamiche di gioco. Secondo i clinici, l’uso eccessivo di dispositivi digitali è associato a segnali ricorrenti: irritabilità, difficoltà di concentrazione, riduzione della tolleranza all’attesa, tendenza all’isolamento. Non si tratta di effetti automatici, ma di correlazioni osservate con crescente frequenza nei contesti ambulatoriali. Il problema non è l’esistenza del digitale, ma la sua funzione sostitutiva rispetto alla relazione.
Nel gioco mediato dallo schermo, il bambino riceve stimoli continui senza doverli negoziare con un altro soggetto. La risposta è immediata, l’errore viene neutralizzato, la frustrazione ridotta artificialmente. Nel gioco condiviso, invece, emergono dinamiche diverse: l’attesa del proprio turno, il rispetto delle regole, la gestione della sconfitta e dell’entusiasmo per la vittoria. “Crescendo, i piccoli sentono il bisogno di confrontarsi con gli altri – spiega Menghini – l’adulto può accompagnarli verso giochi in cui è necessario attendere il proprio turno, rispettare quello dell’altro, collaborare per raggiungere il risultato, tollerare l’eventuale insuccesso e gestire l’entusiasmo per la vittoria senza sminuire l’altro”.
Queste competenze non si acquisiscono per esposizione, ma attraverso l’esperienza ripetuta. I giochi di società, le attività cooperative, le costruzioni condivise diventano contesti di allenamento relazionale. L’adulto che partecipa non annulla l’autonomia del bambino, ma la rende praticabile. In assenza di questa mediazione, il gioco rischia di appiattirsi su una dimensione di consumo, rapidamente sostituita da nuovi stimoli.
Anche nel periodo natalizio, la quantità di regali può incidere sulla qualità del gioco. Molti oggetti, altamente strutturati o digitali, riducono il tempo di esplorazione e vengono rapidamente accantonati. Gli specialisti suggeriscono di privilegiare pochi giochi versatili, capaci di adattarsi a età e contesti diversi. In questa logica rientrano anche soluzioni non materiali, come i “buoni tempo” costruiti in famiglia: occasioni programmate di attività condivise che restituiscono continuità all’esperienza di gioco.
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Cosa rende davvero sicuro un giocattolo
Alla dimensione relazionale si affianca un aspetto tecnico che resta centrale: la sicurezza. I pediatri del Bambino Gesù richiamano l’attenzione sulle caratteristiche costruttive dei giocattoli, spesso sottovalutate nella frenesia degli acquisti natalizi. Il marchio Ce è un requisito essenziale, indicativo del rispetto delle normative europee in materia di sicurezza. La sua assenza rappresenta un segnale di allarme che dovrebbe orientare la scelta verso altri prodotti.
Giocattoli sotto esame: cosa cambia con le nuove regole europee sulla sicurezza
Particolare attenzione va riservata ai giocattoli elettrici, che devono funzionare esclusivamente a batteria e non essere collegabili direttamente alla rete. Le pile a bottone, pericolose in caso di ingestione, devono essere alloggiate in compartimenti protetti da sistemi di chiusura sicuri. Anche la qualità dei materiali è determinante: tessuti ignifughi, imbottiture non sbriciolabili, plastiche resistenti come l’Abs e vernici atossiche riducono il rischio di incidenti, soprattutto nei primi anni di vita.
Le dimensioni dei componenti sono un altro elemento critico, in particolare sotto i 36 mesi, per prevenire il soffocamento. I controlli non dovrebbero limitarsi ai nuovi acquisti. I giocattoli già presenti in casa necessitano di verifiche periodiche: un bordo danneggiato, una parte allentata o una batteria accessibile possono trasformare un oggetto familiare in una fonte di rischio. La sicurezza non è una caratteristica statica, ma una condizione che va mantenuta nel tempo.
In questo quadro, la scelta del giocattolo si colloca all’incrocio tra funzione educativa, qualità relazionale e conformità tecnica. Il richiamo degli specialisti non introduce nuove regole, ma riporta l’attenzione su elementi concreti spesso dispersi tra mode, offerte e urgenze quotidiane. Il gioco resta uno spazio decisivo dell’infanzia, ma la sua efficacia dipende da fattori che vanno oltre l’oggetto e chiamano in causa il contesto in cui viene proposto.
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Famiglia
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