La tredicesima del prossimo anno potrebbe essere più ricca.
Il governo sta valutando diverse opzioni per la Legge di bilancio 2026, con un pacchetto complessivo da circa 16 miliardi di euro che ridisegna il prelievo sui redditi da lavoro. Le ipotesi sul tavolo dell’esecutivo spaziano dalla riduzione delle aliquote Irpef alla detassazione diretta della mensilità aggiuntiva, passando per il consolidamento del taglio del cuneo fiscale.
La riforma Irpef: meno tasse per il ceto medio
Il cuore della manovra punta a ridurre l’aliquota del secondo scaglione Irpef dal 35% al 33%, con effetti diretti sulla tredicesima per chi guadagna tra 28.000 e 50.000 euro annui. Questa fascia di reddito rappresenta circa 12,6 milioni di contribuenti, il 31,2% del totale, che versa però il 78,6% dell’imposta netta complessiva. La concentrazione del carico fiscale su questo segmento ha spinto l’esecutivo a intervenire proprio qui, con l’obiettivo dichiarato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo di “non penalizzare il ceto medio”.
Il risparmio concreto varia a seconda del reddito. Chi dichiara 30.000 euro annui beneficerebbe di circa 40 euro in meno di tasse sulla tredicesima, cifra che sale a 140 euro per un reddito di 35.000 euro e arriva a un massimo di 440 euro per chi si colloca a 50.000 euro o oltre. La riduzione si applica proporzionalmente anche alla mensilità aggiuntiva, poiché questa viene calcolata dividendo la retribuzione lorda annua per dodici. Sulla tredicesima, però, non si versano i contributi previdenziali a carico del lavoratore, il che rende l’importo netto più vicino al lordo rispetto allo stipendio mensile.
Per approfondire le ipotesi di riforma sull’Irpef: Un italiano su due non paga l’Irpef: perché il peso del fisco ricade sul ceto medio?
L’ipotesi di detassazione della tredicesima
L’idea più dirompente arriva dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Interni Antonio Tajani, che a settembre ha lanciato una “proposta un po’ azzardata”: la detassazione totale o parziale della tredicesima.
L’intervento prevederebbe l’applicazione di una flat tax ridotta, al 5% o al 10%, al posto dell’aliquota Irpef ordinaria (che va dal 23% al 43% in base allo scaglione di riferimento). Il modello ricalcherebbe quello già in vigore per i premi di produttività, tassati al 5% per importi fino a 3.000 euro sui redditi che non superano gli 80.000 euro.
Se approvata, questa misura riguarderebbe circa 19 milioni di lavoratori dipendenti e pensionati, con un impatto significativo sul potere d’acquisto delle famiglie proprio nel mese in cui si concentrano le spese natalizie e i saldi di fine anno. Il sindacato Cisl ha inserito la detassazione delle tredicesime nella propria piattaforma, sottolineando come la mensilità aggiuntiva costituisca “un polmone finanziario per le famiglie all’arrivo delle festività”. L’ipotesi, però, appare complessa da realizzare per le coperture necessarie soprattutto adesso che i Paesi Ue devono aumentare la propria spesa militare in virtù dell’accordo Nato (Secondo Alan Friedman, tuttavia, l’Italia non arriverà mai alla soglia del 5% del Pil, promessa per tenere buono Trump finché è al potere).
Ad ogni modo, le spese militari aumenteranno, così come aumenta il peso delle pensioni in un contesto di crisi demografica. Non a caso, l’ipotesi di congelare l’età pensionabile, obiettivo dichiarato del governo, potrebbe subire un drastico ridimensionamento in vista della prossima Manovra.
Per tutti questi motivi, gli analisti considerano più probabile un intervento circoscritto, magari limitato ai redditi più bassi o a chi ha figli a carico, sulla scia del bonus di 100 euro erogato nel 2024 ai dipendenti con reddito fino a 28.000 euro e almeno un figlio.
Il cuneo fiscale strutturale e gli effetti sulla tredicesima
La legge di bilancio 2026 consoliderà il taglio del cuneo fiscale, trasformandolo da misura temporanea a misura strutturale. La riduzione dei contributi previdenziali a carico del lavoratore, che oggi vale 7 punti percentuali per i redditi fino a 25.000 euro e 6 punti fino a 35.000 euro, si applica anche alla tredicesima per circa 14 milioni di lavoratori dipendenti. Questo alleggerimento si somma agli eventuali benefici della riforma Irpef, creando un effetto cumulativo che può arrivare a diverse centinaia di euro netti in più sulla mensilità aggiuntiva.
Il meccanismo del cuneo fiscale funziona riducendo la quota di contributi Inps versata dal lavoratore, mentre resta invariata quella a carico del datore di lavoro. Il risultato è uno stipendio netto più alto senza che questo incida sui costi aziendali. Sulla tredicesima, dove già non si applicano i contributi previdenziali a carico del dipendente nella misura ordinaria, l’intervento produce comunque effetti perché la riduzione si calcola sull’imponibile complessivo annuo e viene ripartita sulle diverse mensilità.
Il peso delle addizionali locali
Le differenze territoriali incideranno comunque sull’importo netto della tredicesima. Le addizionali comunali e regionali variano sensibilmente da zona a zona, con Lazio e Campania che applicano aliquote più alte rispetto a Lombardia o Veneto. Su una tredicesima di 2.500 euro lordi, la forbice può superare i 50 euro netti a parità di reddito e composizione familiare. Queste disparità riflettono le diverse necessità di bilancio degli enti locali e pesano in modo diseguale sui lavoratori, attenuando parzialmente i benefici della riforma nazionale.
Straordinari e festivi: un pacchetto più ampio
L’esecutivo sta valutando di estendere la flat tax ridotta anche agli straordinari e al lavoro festivo, come parte di un pacchetto unitario che modificherebbe le voci tassate in modo agevolato. La ministra del Lavoro Marina Calderone ha accennato al tema durante il Forum di Cernobbio, mentre Tajani ha ribadito che “la soluzione non si chiama salario minimo, si chiama detassazione degli straordinari, dei festivi, dei premi di produzione”. Di un altro avviso Giancarlo Giorgetti, secondo cui è arrivato il momento di aumentare gli stipendi, fermi al palo da decenni: “Fate la vostra parte, aumentate i salari”, ha detto il ministro dell’Economia due settimane fa, intervenendo a Palazzo Madama in occasione del dibattito sul Documento di programmazione fiscale.
La detassazione cui fa riferimento il ministro Tajani potrebbe avere limiti precisi: un tetto massimo di ore straordinarie agevolabili o un perimetro ristretto alle sole giornate festive. I tecnici del ministero dell’Economia stanno lavorando per definire le modalità applicative e verificare la sostenibilità finanziaria di ciascuna opzione. Le stime indicano che ampliare le voci coperte dalla flat tax al 5% costerebbe diverse centinaia di milioni di euro, risorse che dovrebbero essere reperite attraverso la revisione di detrazioni fiscali meno efficienti o tagli alla spesa corrente.
Chi ci guadagna davvero dalla riforma
Il vantaggio maggiore si concentra sui redditi medi, tra 28.000 e 60.000 euro, fascia che il governo intende estendere fino a questa soglia superiore secondo alcune ipotesi. Al di sotto dei 28.000 euro, la pressione fiscale è già attenuata dalla no tax area e dal trattamento integrativo ex bonus Renzi, che azzera o riduce l’Irpef per chi guadagna fino a 15.000 euro. Per questi lavoratori, il principale beneficio resta il taglio del cuneo fiscale, mentre la riduzione dell’aliquota Irpef produce effetti marginali.
I redditi oltre i 50.000 euro riceverebbero automaticamente il risparmio massimo di 440 euro annui, ma l’esecutivo sta valutando meccanismi di “sterilizzazione” per evitare che il beneficio si estenda anche alle fasce più alte.
L’ipotesi ricalca il sistema sperimentato nel 2024, quando un taglio forfettario di 260 euro sulle detrazioni ha compensato i vantaggi della riduzione d’aliquota per chi supera i 50.000 euro. Questa soluzione, però, ha mostrato limiti evidenti, penalizzando solo chi aveva oneri detraibili come mutui o bonus edilizi, senza toccare chi non ne usufruiva.
Le incognite della copertura
La manovra parte da circa 16 miliardi di euro, di cui 2 dal deficit, 9 da minori spese e il resto da nuove entrate. La riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% per il secondo scaglione costerebbe tra 2,5 e 4 miliardi, a seconda che venga estesa o meno fino ai redditi da 60.000 euro (il secondo scaglione ora riguarda i redditi fino a 50.000 euro). Il consolidamento del taglio del cuneo fiscale richiede altri 9,4 miliardi annui. Le risorse residue devono coprire il rifinanziamento del fondo sanitario, gli incentivi per le imprese con l’Ires premiale, le misure per incentivare la natalità e l’edilizia residenziale.
In questo quadro, la detassazione della tredicesima appare difficile da finanziare in modo generalizzato. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito la necessità di “conciliare gli obiettivi economici e sociali con la sicurezza e la sostenibilità della finanza pubblica” attraverso misure “efficaci e selettive”. Gli osservatori ritengono più probabile un intervento mirato, magari limitato ai lavoratori con figli a carico o ai redditi sotto una certa soglia, piuttosto che un’esenzione totale.
Quando arriveranno le decisioni definitive
Il governo presenterà il disegno di legge di bilancio entro la fine di ottobre 2025, con l’iter parlamentare che si concluderà entro fine anno. Le simulazioni tecniche sono ancora in corso e le priorità definitive emergeranno dal confronto tra le diverse anime della maggioranza. Forza Italia punta sulla detassazione della tredicesima, la Lega sulla flat tax estesa agli autonomi, Fratelli d’Italia sul sostegno alle famiglie con figli. Il margine di manovra ristretto obbligherà l’esecutivo a scegliere quali misure finanziare e in quale misura, bilanciando l’impatto sulla crescita con i vincoli europei sui conti pubblici.
In definitiva, la tredicesima 2026 potrebbe quindi beneficiare di un prelievo fiscale più leggero grazie alla riforma Irpef e al mantenimento del taglio del cuneo fiscale. L’ipotesi di una detassazione diretta resta sul tavolo, ma le coperture limitate ne rendono incerta l’attuazione generalizzata. Nelle prossime settimane, il quadro si definirà con maggiore precisione, e gli italiani potranno capire quanti soldi troveranno nelle buste paga di dicembre 2026.
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