Dopo decenni di assenza dai bollettini sanitari nazionali, la lebbra riappare in Europa. Romania e Croazia hanno reso note nuove diagnosi di malattia di Hansen, confermate dalle autorità sanitarie. Un evento raro nel panorama sanitario continentale, che riporta all’attenzione una patologia considerata residuale ma mai scomparsa dal circuito globale delle malattie infettive.
Le segnalazioni riguardano soggetti residenti nei due Paesi, tutte riconducibili a profili epidemiologici compatibili con un’infezione contratta al di fuori dell’Unione europea, e sono state gestite secondo i protocolli previsti per le infezioni rare. I ministeri della Salute hanno avviato le procedure di sorveglianza senza segnalare elementi di diffusione sul territorio.
I casi registrati in Romania e Croazia
In Romania le autorità sanitarie hanno confermato più casi di lebbra nell’area di Cluj-Napoca, nel nord-ovest del Paese. È la prima volta, dopo circa quarant’anni, che la malattia di Hansen viene formalmente registrata nei sistemi di notifica nazionali. Le diagnosi sono state formulate a seguito di accertamenti clinici e microbiologici che hanno portato all’identificazione del Mycobacterium leprae. I pazienti sono cittadini stranieri, provenienti da Paesi in cui la lebbra è tuttora presente in forma endemica.
Il ministero della Salute rumeno ha comunicato che i casi confermati sono stati immediatamente presi in carico dalle strutture sanitarie competenti. È stato avviato il trattamento antibiotico previsto dai protocolli internazionali e sono state attivate le procedure di sorveglianza sui contatti stretti. Le indagini epidemiologiche hanno consentito di circoscrivere i contesti di riferimento dei pazienti, senza individuare ulteriori positività collegate. Le autorità hanno precisato che l’evento è stato gestito all’interno delle procedure ordinarie previste per le malattie infettive rare.
In Croazia il ministero della Salute ha confermato un singolo caso di lebbra in un lavoratore straniero originario del Nepal, residente nel Paese da alcuni anni. Anche in questo caso la diagnosi è stata stabilita sulla base di criteri clinici e microbiologici consolidati. Il paziente è stato sottoposto a isolamento sanitario e avviato alla terapia antibiotica. Parallelamente, i servizi di sanità pubblica hanno proceduto all’identificazione e al monitoraggio dei contatti più stretti, senza riscontrare ulteriori casi.
Le comunicazioni ufficiali dei due Paesi hanno seguito un’impostazione simile: diffusione dei dati essenziali, descrizione delle misure adottate e aggiornamenti sullo stato delle indagini sanitarie. In entrambi i contesti, la gestione è stata affidata alle reti di riferimento per le malattie infettive, con il coinvolgimento delle autorità centrali e locali. La sequenza degli interventi riflette procedure già codificate a livello europeo, applicate a eventi a bassa frequenza ma ad alto valore informativo.
Che cos’è la malattia di Hansen e come si manifesta
La lebbra, definita anche malattia di Hansen, è un’infezione cronica causata dal Mycobacterium leprae. Il batterio ha un ciclo di replicazione particolarmente lento e colpisce soprattutto la pelle e i nervi periferici, con manifestazioni che possono includere lesioni cutanee, perdita di sensibilità e danni neurologici progressivi. In alcuni casi possono essere interessati anche occhi, mucose e altri organi, con quadri clinici di diversa gravità.
Uno degli elementi distintivi della malattia è il lungo periodo di incubazione, che può variare da pochi mesi a oltre dieci anni. Questa caratteristica rende spesso complessa l’identificazione del momento e del luogo dell’infezione e contribuisce alla difficoltà di riconoscere precocemente i sintomi, soprattutto in contesti dove la lebbra è considerata rara. La diagnosi si basa su valutazioni cliniche, esami microbiologici e, in alcuni casi, su test istologici specifici.
Dal punto di vista della trasmissione, la lebbra presenta dinamiche diverse rispetto alle infezioni acute più comuni. Il contagio avviene in genere attraverso contatti stretti e prolungati, spesso in ambito familiare o in situazioni di convivenza continuativa. Non sono documentate trasmissioni legate a contatti occasionali, ambienti pubblici o interazioni di breve durata. Inoltre, non tutte le persone esposte al batterio sviluppano la malattia clinica, e una quota può rimanere asintomatica.
La disponibilità di terapie antibiotiche efficaci ha trasformato radicalmente la gestione clinica della lebbra. I regimi terapeutici raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità prevedono l’uso combinato di più antibiotici, in grado di eliminare il batterio e arrestare la progressione della malattia. “Con una diagnosi e un trattamento antibiotico precoce la malattia può essere efficacemente curata”, ha scritto su X l’infettivologo Matteo Bassetti, ricordando che i pazienti in terapia non sono più contagiosi e possono proseguire le normali attività quotidiane.
Le conseguenze più gravi, come deformità fisiche, cecità o insufficienza renale, sono oggi associate prevalentemente a diagnosi tardive o a contesti in cui l’accesso alle cure è limitato. Nei sistemi sanitari con risorse adeguate, il trattamento consente di evitare l’evoluzione verso questi quadri e di contenere l’impatto funzionale della malattia.
Perché la lebbra non è scomparsa
Le diagnosi registrate in Europa si inseriscono in un contesto globale in cui la lebbra continua a essere monitorata come problema di salute pubblica. Secondo i dati più recenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2024 sono state diagnosticate 172.717 persone affette dalla malattia, in calo rispetto alle 182.815 del 2023. La riduzione annuale è significativa, ma non altera la distribuzione geografica dei casi, concentrati in larga parte in Asia, Africa e America Latina.
India, Brasile e Indonesia restano i Paesi con il maggior numero di nuove diagnosi, insieme ad altre aree caratterizzate da difficoltà strutturali nell’accesso ai servizi sanitari. In questi contesti la persistenza della lebbra è legata a fattori come la diagnosi tardiva, la qualità disomogenea dell’assistenza e le barriere sociali che ostacolano l’accesso alle cure. L’Aifo, Associazione italiana Amici di Raoul Follereau, ha ricordato che “nonostante la diminuzione dei casi, la lebbra è ancora un problema di salute pubblica in vari Paesi endemici”.
Un elemento rilevante riguarda l’età dei pazienti. Nel 2024, 9.397 diagnosi hanno interessato bambini e bambine sotto i 15 anni, pari al 5,4% del totale. La presenza di casi pediatrici indica che la trasmissione resta attiva in alcune aree del mondo. Rimane inoltre stabile la quota di persone che presentano gravi disabilità al momento della diagnosi, oltre 9.000 casi, un dato che segnala ritardi nell’individuazione della malattia.
All’interno di questo quadro, i casi europei rappresentano l’estensione geografica di una patologia che non è mai stata eradicata a livello globale. La loro comparsa in Paesi non endemici è un evento previsto dai sistemi di sorveglianza internazionale, che monitorano costantemente le malattie infettive rare e le loro possibili ricadute oltre i confini delle aree tradizionalmente colpite.
La lebbra nei circuiti della sanità europea e italiana
In Europa la lebbra è classificata come malattia rara di importazione ed è soggetta a obblighi di notifica e monitoraggio. I casi vengono inseriti nei sistemi di sorveglianza delle malattie infettive, che consentono di coordinare la risposta sanitaria e di condividere le informazioni tra le autorità nazionali e gli organismi europei competenti. Le segnalazioni sono sporadiche e distribuite in modo disomogeneo tra i diversi Paesi.
In Italia si registrano mediamente circa dieci nuove diagnosi ogni anno, in gran parte legate a persone provenienti da aree endemiche o a cittadini italiani che hanno soggiornato a lungo in quei contesti. “I casi di lebbra in Europa non devono stupire perché siamo nell’epoca della globalizzazione”, ha dichiarato all’Adnkronos Massimo Andreoni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali. “C’è un’alta probabilità di importare persone contagiate che arrivano da zone endemiche che ci sono in Africa e in Asia”.
Il sistema sanitario italiano dispone di quattro centri di riferimento nazionale per il trattamento della lebbra: Genova, Gioia del Colle, Messina e Cagliari. Queste strutture garantiscono competenze specialistiche e percorsi dedicati per la diagnosi e la gestione clinica. L’Aifo ha tuttavia segnalato criticità organizzative, osservando che “i centri di referenza negli ultimi anni non hanno ricevuto il supporto necessario per garantire un adeguato funzionamento”. In particolare, è stata avanzata l’ipotesi di sopprimere il centro di Messina nell’ambito della riforma della rete ospedaliera siciliana.
La presenza di reti di riferimento operative e di sistemi di sorveglianza attivi consente di intercettare tempestivamente eventi rari come quelli registrati in Romania e Croazia. La gestione di questi casi si colloca all’interno di procedure consolidate, che prevedono diagnosi, trattamento e monitoraggio senza ricadute sul piano della sanità pubblica generale. La lebbra resta un evento sporadico nel panorama europeo, ma la sua comparsa periodica richiama l’attenzione sulla necessità di mantenere competenze e strutture adeguate anche per patologie considerate marginali nel continente.
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