C’è stato un tempo in cui la Brandmauer, il cordone sanitario contro l’estrema destra, era un dogma invalicabile per l’imprenditoria tedesca. Quel tempo sembra finito, e a certificarne la fine non è un politico qualunque, ma l’uomo che da decenni siede nel frigorifero di ogni famiglia tedesca. Theo Müller, 85 anni, titolare del colosso lattiero-caseario fondato da sua nonno che porta il suo cognome (e che controlla marchi come Weihenstephan e Landliebe), ha deciso di rompere il silenzio e il tabù: non solo parla con l’Alternative für Deutschland (AfD), ma considera la sua leader Alice Weidel “un’amica”.
La notizia, emersa prepotentemente dopo i festeggiamenti per il suo 85esimo compleanno, ha scatenato un terremoto mediatico e politico. Perché se il “re dello yogurt”, ex tesserato della Csu, sdogana l’estrema destra nel salotto buono dell’industria, significa che la Germania sta cambiando pelle molto più velocemente di quanto Bruxelles voglia ammettere.
Una festa di compleanno molto politica
L’epicentro dello scandalo è il party esclusivo organizzato il 31 maggio 2025 a Freising, nella sede storica della molkerei Weihenstephan, per celebrare gli 85 anni dell’imprenditore (nato nel 1940). Tra i duecentocinquanta invitati, mobili dorati e catering di lusso, spiccava proprio Alice Weidel.
Secondo le ricostruzioni dello Spiegel, la leader di AfD non era sola al tavolo d’onore. Alla corte di Müller c’era un parterre de rois della nuova destra radicale e del conservatorismo: Hans Christian Limmer, imprenditore noto per aver partecipato al famigerato incontro di Potsdam sulla “remigration” (il piano di espulsione di massa di cittadini stranieri o tedeschi “non assimilati”); Roger Köppel, editore della svizzera Weltwoche e di spicco della destra elvetica; e Peter Gauweiler, storico esponente della Csu bavarese.
In passato, Müller ha avuto diversi scontri con Greenpeace per l’alto consumo idrico delle sue fabbriche, ed elogiò i dipendenti che usarono gli idranti contro gli attivisti. Nelle sue sedi in Sassonia non applica i contratti collettivi, preferendo sindacati “vicini all’azienda”. A causa delle tensioni con il fisco tedesco, l’imprenditore vive in Svizzera, proprio come Alice Weidel.
Negi ultimi anni, Müller non ha fatto nulla per nascondere la sua simpatia verso AfD. Già a fine 2023 aveva ammesso di aver incontrato Weidel per una cena privata a Cannes, definendola una donna “interessante” e dichiarando di non aver trovato nelle sue parole “alcun indizio di ideologia nazista”. Ora quel rapporto è diventato un’amicizia pubblica, sigillata da foto sorridenti e inviti ufficiali, che legittima AfD come interlocutore credibile per il grande capitale tedesco, ma non piace ai consumatori.
“Io boicotto”: la reazione dei consumatori
Le reazioni non si sono fatte attendere.
Sui social media tedeschi l’hashtag #MüllerBoykott è diventato subito virale, con migliaia di utenti che postano foto di yogurt gettati nella spazzatura e invitano a non finanziare chi flirta con l’estremismo.
La politica ha reagito con un misto di indignazione e impotenza. Il ministro dell’Interno della Turingia, il socialdemocratico Georg Maier, che da anni combatte in prima linea contro l’ala più radicale di AfD nel suo Land, ha definito i contatti tra l’imprenditore e Weidel “un segnale fatale” di normalizzazione dell’estrema destra.
Ma la vera notizia è il silenzio o l’imbarazzo di buona parte del mondo imprenditoriale conservatore, che vede crollare pezzo dopo pezzo il muro che separava il business dalla destra radicale. L’azienda, il Gruppo Theo Müller, ha giustificato l’avvicinamento parlando di “incontri privati del signor Müller” e sottolineando che “l’azienda non fa donazioni ai partiti”. Una distinzione che convince poco gli utenti, dato che Theo Müller non è solo un azionista, ma il titolare stesso del brand che porta il suo cognome.
In che modo la crisi economica ha influenzato le posizioni politiche degli imprenditori tedeschi?
Dietro la rottura del “cordone sanitario” c’è un’economia in crisi.
La Germania, a lungo “locomotiva d’Europa”, è ferma al palo: recessione tecnica, prezzi dell’energia strutturalmente più alti rispetto ai competitor americani e cinesi, e una transizione verde che molti industriali giudicano troppo rapida e costosa.
È in questo vuoto di prospettive che AfD ha saputo inserirsi abilmente. Il partito di Alice Weidel non parla più solo di migranti, ma si presenta come il difensore del Made in Germany contro la “deindustrializzazione forzata” voluta dai Verdi e da Bruxelles. Le promesse di Alternative für Deutschland – riapertura delle centrali nucleari, fine delle sanzioni alla Russia per riavere gas a buon mercato, stop al bando dei motori termici – sono musica per le orecchie di imprenditori energivori come Müller o di quei settori del Mittelstand che temono di chiudere i battenti.
Se fino a ieri l’industria tedesca vedeva nell’Unione Europea il suo mercato naturale e nella stabilità centrista la sua garanzia, oggi una parte di essa inizia a percepire le normative climatiche e fiscali come una minaccia esistenziale. E di fronte al rischio di fallire, il tabù politico diventa un lusso che alcuni non vogliono più permettersi.
Il crollo della Brandmauer economica
Infatti, il caso Müller non è isolato, ma è la punta dell’iceberg di un fenomeno più vasto.
Per anni la Deutsche Industrie ha temuto che l’ascesa di AfD potesse danneggiare l’immagine del “Made in Germany” e spaventare la manodopera qualificata straniera, vitale per le fabbriche tedesche, ma adesso, con l’economia tedesca in crisi, i costi dell’energia alle stelle e la frustrazione verso la burocrazia di Berlino e Bruxelles, una parte del Mittelstand (le medie imprese) e dei grandi patriarchi inizia a guardare a destra. Persino Marie-Christine Ostermann, presidente dell’Associazione delle imprese familiari, ha recentemente aperto al confronto con AfD sui temi economici, rompendo un altro tabù.
Müller, che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la politica tedesca (famosa la sua frase: “I politici sono parassiti che vivono del lavoro degli altri”), incarna perfettamente questo disincanto che diventa radicalizzazione. Per lui, Alice Weidel non è il volto di un partito sotto osservazione dei servizi segreti per estremismo, ma una manager pragmatica (ex Goldman Sachs) con cui si può parlare di tasse e sovranità, magari davanti a una tazza di yogurt.
Le conseguenze per la Germania (e l’Europa)
Nonostante la reazione di una parte di una parte della società,per la Cdu del cancelliere Friedrich Merz mantenere il cordone sanitario e rifiutare qualsiasi collaborazione, locale o nazionale, con AfD diventa sempre più difficile.
L’industria tedesca, storico pilastro della stabilità centrista e filo-europea, inizia a scricchiolare. E se lo yogurt nel frigo diventa un manifesto politico, significa che la polarizzazione ha ormai raggiunto ogni angolo della società tedesca, dalla fabbrica alla tavola della colazione, passando per le tavole rotonde dove si decide il futuro del Paese.
—
Imprese
content.lab@adnkronos.com (Redazione)



