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La Medicina della persona: ‘La vitamina del sole, effetti scheletrici ed extra-scheletrici della vitamina D’

(Adnkronos) – C’è chi la chiama ‘vitamina del sole’ proprio perché a promuoverne la sintesi nell’organismo è la luce solare; non a caso d’estate, quando l’esposizione al sole si fa più intensa, la vitamina D può essere prodotta in maggiore quantità, immagazzinata nell’organismo ed essere, poi, eventualmente utilizzata nei mesi invernali. “In realtà, di vitamina D esistono cinque forme diverse, numerate dalla D1 alla D5, tra le quali spiccano per importanza la D2 (ergocalciferolo), naturalmente contenuta nei funghi o altri alimenti vegetali ed assunta col cibo, e la D3 (colecalciferolo) che, oltre a trovarsi in alimenti animali come fegato, salmone o tuorlo l’uovo, viene prodotta dall’organismo”. Di questo micronutriente, del quale tanto si è detto nei tempi contrastati della pandemia, si occupa l’odierna puntata di ‘Igea, la Medicina dal mito all’intelligenza artificiale’, la videorubrica curata dall’immunologo Mauro Minelli, docente di nutrizione umana presso Lum, che raccoglie aggiornamenti medici ed approfondimenti relativi ai temi della salute. “In linea generale è possibile affermare che: il 90% di vitamina D3 viene prodotta dalla pelle tramite i raggi UV del sole; solo il 10% di vitamina D3 viene invece integrato con l’alimentazione. Insieme alle vitamine A, E, K, la vitamina D appartiene al gruppo delle vitamine dette “liposolubili” in quanto assorbibili insieme ai grassi alimentari e destinate a depositarsi nel fegato. E però, a differenze delle altre “liposolubili” necessariamente introdotte con l’alimentazione, la vitamina D non solo viene prodotta in autonomia grazie ai raggi Uvb della luce solare, ma viene principalmente immagazzinata nel tessuto adiposo e nei muscoli e non nel fegato”, sottolinea Minelli.  “Anche se per l’80% del fabbisogno la vitamina D viene generata dall’esposizione alla luce solare, non va comunque sottostimata e men che meno esclusa l’assunzione di adeguate quantità di alimenti contenenti vitamina D. Figurano tra questi l’olio di fegato di merluzzo, i funghi, l’uovo e il latte intero, il salmone, le aringhe, il tonno, lo storione, il burro, il fegato, alcune verdure a foglia verde come il broccolo e il cavolo nero – prosegue l’immunologo – La forma biologicamente attiva della vitamina D, ovvero il calcitriolo, promuove l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo dei quali stimola, tra l’altro, il riassorbimento tubulare a livello renale. In sinergia con gli ormoni calcitonina e paratormone, contribuisce in maniera determinante alla salute delle ossa”.  “Promuove e regola lo sviluppo di cheratinociti e osteoclasti, importanti cellule strutturali, rispettivamente, della pelle e delle ossa. Ma importanti sono anche gli effetti extrascheletrici della vitamina D, potenzialmente in grado di influire positivamente sul decorso di malattie metaboliche, come ad esempio il diabete mellito di tipo 2, o le malattie del comparto muscolare e tendineo; esercitare un’azione preventiva sull’insorgenza di tumori del colon e della mammella; modulare le attività del sistema immunitario; assicurare importanti benefici nel decorso di immunopatie come la sclerosi multipla, la vitiligine, le malattie autoimmuni della tiroide, il diabete mellito giovanile”.  “Negli adulti la dose giornaliera raccomandata di vitamina D può oscillare tra le 600 e le 2000 Unità Internazionali, corrispondenti a quantitativi compresi tra i 15 e i 50 microgrammi – suggerisce – Nelle persone adulte i livelli della vitamina D nel sangue sono considerati normali quando compresi tra un minimo di 30 e un massimo di 100 nanogrammi per millilitro di plasma. Deficit di vitamina D, si possono riscontrare nelle persone incapaci di assimilare vitamina D per presenza di sindrome malassorbitiva intestinale; nei pazienti con insufficienza renale o insufficienza epatica; nelle persone di età superiore ai 65 anni, per una loro minore attitudine ad esporsi al sole, ma anche per una ridotta efficienza dei sistemi di sintesi cutanea della vitamina D; nei soggetti con pigmentazione scura della pelle; nelle donne in gravidanza e allattamento”. “Il sovradosaggio può provocare effetti tossici legati al fatto che la vitamina D, essendo liposolubile, si accumula nei tessuti non potendo essere eliminata con le urine. I principali effetti del sovradosaggio sono rappresentati da: nausea, mancanza di appetito, sonnolenza, diarrea, poliuria, calcolosi renale, calcificazioni, ipertensione, insufficienza renale”, conclude Minelli.  —altrowebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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