In cucina è una vera alleata, a patto che si scelga quella più soda e intatta, priva di germogli e vegetazione. In condizioni ottimali la patata fornisce un apporto significativo di micronutrienti, in particolare potassio, fosforo, magnesio, ferro, vitamina C, vitamina B6, niacina e tiamina. È inoltre degno di nota il contenuto in composti fenolici, che varia in base alla varietà: la patata a polpa viola, in particolare, è ricca di antocianine, polifenoli ad azione antiossidante tipicamente presenti nei frutti di bosco.
Ma, come ogni alimento, anche la patata ha le sue zone d’ombra. In particolare, va ricordato che, sul piano metabolico e nutrizionale, la patata è assimilabile ai cereali raffinati, come pane bianco, riso bianco e pasta di semola, piuttosto che alle verdure propriamente dette. Il suo profilo nutrizionale, infatti, è caratterizzato da un elevato contenuto di amido, il principale polisaccaride di riserva nei vegetali, che conferisce alla patata un valore energetico significativo e un impatto rilevante sulla glicemia post-prandiale. Per altri versi, il profilo nutrizionale evidenzia un contenuto lipidico molto basso (circa 1 g/100 g) e una quantità modesta di proteine. In realtà, la qualità nutrizionale della patata e l’effetto sulla salute dipendono significativamente dalle pratiche di conservazione, dalle modalità di consumo e dal metodo di cottura. A proposito di quest’ultimo, la bollitura e la cottura a vapore risultano essere le più indicate per preservare la frazione vitaminica (in particolare la vitamina C) e minimizzare l’apporto calorico. La cottura al forno a basse temperature può essere una valida alternativa, evitando la formazione di composti potenzialmente dannosi come l’acrilammide.
La frittura è sconsigliata dal punto di vista nutrizionale, poiché aumenta significativamente il contenuto lipidico e l’apporto calorico del prodotto finito, oltre a favorire la formazione di acrilammide a temperature superiori ai 120-130 gradi. Forse dovremmo ricordarcene di più nel momento delle scelte alimentari, spesso condizionate molto più dallo sfizioso piacere di un momento che non dall’uso consapevole del cibo come strumento utile a nutrire ma senza nuocere. —altrowebinfo@adnkronos.com (Web Info)