Nel contesto lavorativo italiano, la clausola di stabilità (o clausola di durata minima garantita) rappresenta un patto contrattuale in cui una o entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) si impegnano a non recedere dal rapporto di lavoro per un periodo determinato di tempo, salvo i casi di giusta causa o impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Le parti possono, quindi, inserire nel contratto di lavoro a tempo indeterminato – all’atto della stipulazione o durante il suo svolgimento – una clausola di durata minima garantita, con la quale (una o entrambe) si impegnano a non recedere dal contratto per un periodo determinato di tempo.
La funzione principale di tale clausola è quella di garantire, per un arco temporale determinato, la continuità del rapporto lavorativo, tutelando l’interesse della parte che ne beneficia, sia essa il lavoratore o il datore di lavoro.
La clausola di stabilità è sempre facoltativa e frutto della libera pattuizione tra le parti. Non esistono casi di clausola di stabilità obbligatoria, salvo rare ipotesi previste da leggi speciali o da accordi collettivi. La stabilità può essere prevista a favore:
– solo del datore di lavoro (ad esempio, per tutelare investimenti formativi);
– solo del lavoratore (per garantire continuità reddituale);
– entrambe le parti (impegno reciproco).
Sul piano risarcitorio, la violazione della clausola comporta:
– per il datore di lavoro che recede senza giusta causa: risarcimento al lavoratore pari alle retribuzioni che questi avrebbe percepito fino alla scadenza del periodo di stabilità;
– per il lavoratore che recede anticipatamente: risarcimento del danno al datore di lavoro, calcolato anche mediante penali pattuite. Tale risarcimento può essere commisurato ai costi che il datore di lavoro ha sostenuto per l’addestramento del lavoratore.
Per questo motivo nel patto di stabilità viene spesso inserita una penale, stabilendo quale sarà l’importo che la parte inadempiente deve versare all’altra parte.
La giurisprudenza ha affermato la validità della clausola di stabilità purché:
– sia limitata nel tempo;
– sia previsto un adeguato corrispettivo a favore della parte vincolata, specie per il lavoratore;
– non alteri gravemente l’equilibrio negoziale tra le parti e pertanto rispetti il principio di buona fede e parità delle parti negoziali.
Ad esempio, la Cassazione ha ritenuto legittime penali solo se non sproporzionate e tali da non comprimere eccessivamente la libertà di recesso. Infatti, nel caso in cui venisse stabilita una cospicua cifra a titolo di penale, quest’ultima avrebbe l’effetto di limitare la libera volontà di entrambi i contraenti e determinerebbe uno squilibrio ingente fra le posizioni delle parti, contrario alla salvaguardia del principio di parità negoziale.
La clausola, inoltre, non può mai precludere il recesso per giusta causa o in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Aggiungiamo come la clausola valga anche per i dirigenti apicali, specie se risponde all’interesse aziendale alla continuità.
Quali sono gli effetti della clausola sulle due parti del rapporto di lavoro?
Effetti sui lavoratori
(i) Maggiore tutela occupazionale
La clausola di stabilità offre al lavoratore una maggiore sicurezza sul mantenimento del posto di lavoro per il periodo pattuito, riducendo il rischio di licenziamenti anticipati ingiustificati;
(ii) Garanzia di investimenti formativi
La presenza della clausola incentiva l’accesso a percorsi di formazione e addestramento, essendo spesso utilizzata in contesti in cui il datore di lavoro sostiene rilevanti costi formativi iniziali. Con la clausola il lavoratore si impegna, dietro specifico compenso o in ragione della possibilità di frequentare corsi di alta specializzazione a carico dell’azienda, a non dimettersi per un determinato periodo, salvo che sussista una giusta causa;
(iii) Limiti alla flessibilità individuale
Il lavoratore si vincola a non recedere liberamente dal rapporto, subendo limitazioni alla propria mobilità professionale per il periodo stabilito, salvo il diritto al recesso per giusta;
Effetti sui datori di lavoro
(i) Continuità organizzativa e fidelizzazione
La clausola di stabilità è uno strumento efficace per garantire la continuità delle attività e la fidelizzazione di personale chiave e risorse specializzate, riducendo il rischio di abbandoni improvvisi e assicurando la presenza dei lavoratori almeno per il periodo necessario al recupero degli investimenti formativi. Quando, infatti, la clausola è pattuita a favore del datore di lavoro (ossia limita la facoltà del lavoratore di recedere dal contratto), costituisce uno degli strumenti giuridici utilizzabili per fidelizzare il personale e soprattutto per evitare che risorse specializzate passino alla concorrenza;
(ii) Prevedibilità dei costi e pianificazione
Il datore di lavoro può pianificare meglio le risorse umane e i costi associati, avendo la ragionevole certezza che il lavoratore resterà in azienda almeno per il periodo pattuito;
(iii) Limiti e rischi per l’impresa
Se il datore di lavoro recede anticipatamente senza giusta causa, deve risarcire il danno al lavoratore, con possibili rilevanti oneri economici.
In sintesi, la clausola di stabilità rappresenta uno strumento di flessibilità contrattuale, utile a garantire la continuità del rapporto di lavoro quando vi siano esigenze specifiche delle parti. È legittima se limitata e proporzionata, trova fondamento nella libera autonomia contrattuale, ma richiede attenzione nella sua formulazione per evitare che diventi uno strumento di squilibrio o prevaricazione. La sua corretta applicazione tutela sia l’interesse aziendale alla stabilità organizzativa sia il diritto del lavoratore a condizioni dignitose e trasparenti, in linea con i principi costituzionali e la giurisprudenza consolidata.