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Intelligence Usa: “Putin vuole tutta l’Ucraina e territori ex Urss”, Paesi baltici in allerta

Mentre a Mar-a-Lago si discutono piani di pace e concessioni territoriali, dai desk dell’intelligence americana arriva un messaggio che suona come una doccia fredda per chi crede nella buona fede di Mosca.

I rapporti riservati delle agenzie di spionaggio statunitensi continuano a indicare che il presidente russo Vladimir Putin non ha affatto rinunciato all’obiettivo di conquistare l’intera Ucraina e, oltre a essa, di rivendicare porzioni dell’Europa orientale che appartenevano all’ex Unione Sovietica. Una valutazione che smentisce la narrazione dell’amministrazione Trump e dai suoi negoziatori, secondo cui Putin sarebbe pronto a chiudere la guerra con un accordo ragionevole.

Cosa dice l’intelligence: sei fonti confermano gli obiettivi massimalisti di Putin

Reuters ha rivelato il contenuto di questi rapporti citando sei fonti a conoscenza delle attività dell’intelligence Usa. Le conclusioni, rimaste sostanzialmente invariate dall’inizio dell’invasione su larga scala nel febbraio 2022, delineano uno scenario in cui Mosca non si accontenterà del 20% del territorio ucraino attualmente controllato (che include gran parte delle province di Luhansk e Donetsk, oltre a porzioni di Zaporizhzhia, Kherson e la Crimea), ma punta al controllo totale del Paese.

“L’intelligence è sempre stata concorde sul fatto che Putin vuole di più”, ha dichiarato a Reuters Mike Quigley, membro democratico della Commissione Intelligence della Camera. Il punto di vista non è condiviso solo dagli apparati di sicurezza americani, ma dalla comunità europea: “Gli europei ne sono convinti. I polacchi ne sono assolutamente convinti. I baltici pensano di essere i primi” a entrare nel mirino del presidente russo. ​

Secondo una delle fonti citate, l’ultimo rapporto su questo tema risale alla fine di settembre 2025. Il fatto che le valutazioni rimangano costanti da quasi quattro anni indica che, nonostante le dichiarazioni pubbliche di Putin e i suoi inviati, Washington non ha registrato alcun cambiamento nelle intenzioni strategiche del Cremlino.

Il contrasto con la diplomazia di Trump: un abisso tra intelligence e negoziati

Il contrasto interno agli States non potrebbe essere più netto. Mentre l’intelligence americana continua a lanciare allarmi su ambizioni territoriali che vanno ben oltre il Donbass, l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina, Steve Witkoff, ha trascorso le ultime settimane a Miami negoziando con Kirill Dmitriev, stretto collaboratore di Putin, un piano di pace in 28 punti che prevede la cessione dell’intero Donbass, la smilitarizzazione de facto dell’Ucraina e il russo come lingua ufficiale.

Un piano che, secondo le fonti citate da Bloomberg e Axios, sembrava “scritto da Putin” e che l’inviato americano ha spinto Kiev ad accettare senza alcun tentativo di bilanciamento. Nelle conversazioni intercettate tra Witkoff e il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov, l’inviato di Trump arriva a dire: “L’Ucraina deve cedere Donetsk e probabilmente un altro pezzo di territorio da qualche parte”, trattando il Paese come “una proprietà immobiliare che si può vendere secondo convenienza”. Una posizione condivisa espressamente dal presidente americano (“Deve vendere il piano all’Ucraina, deve venderlo alla Russia. È quello che fa un dealmaker“), come abbiamo visto in questo articolo.​

Dal canto suo, Trump stesso ha ripetutamente affermato che un accordo di pace è “più vicino che mai”, senza commentare le valutazioni dell’intelligence. Un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che “il team del presidente ha fatto enormi progressi per porre fine alla guerra”, evitando di rispondere alle domande sui rapporti dei servizi segreti.

La smentita di Mosca (e dell’americana Tulsi Gabbard)

Il Cremlino ha reagito con la consueta irritazione. Il portavoce Dmitry Peskov ha definito le conclusioni dell’intelligence americana “assolutamente false”, aggiungendo che Mosca “non sa quanto siano affidabili le fonti citate da Reuters”, ma che se il rapporto è accurato, allora le conclusioni sono sbagliate.

Questo non è assolutamente vero“, ha detto Peskov riferendosi alle valutazioni secondo cui Putin mirerebbe all’intera Ucraina e a territori europei. Pochi giorni fa, il presidente russo ha affermato che la Russia continuerà a conquistare ulteriore territorio ucraino se l’Europa ostacolerà i negoziati di pace.

Più sorprendente è la reazione della neodirettrice dell’intelligence nazionale americana, Tulsi Gabbard, nominata da Trump. In un tweet al vetriolo, ha attaccato i rapporti definendoli opera di “guerrafondai” che vogliono “sabotare il presidente”. Gabbard ha affermato che “la verità è che l’intelligence statunitense valuta che la Russia non ha nemmeno la capacità di conquistare e occupare l’Ucraina, figuriamoci invadere e occupare l’Europa”.

Una dichiarazione che mette in luce le profonde tensioni esistenti tra la politica e l’intelligence americana.

Europa e Paesi baltici: “Noi siamo i primi della lista”

Le valutazioni americane trovano riscontro pressoché totale nelle agenzie di intelligence europee e nelle dichiarazioni dei leader dell’Est Europa. Polonia e Paesi baltici non hanno mai nutrito illusioni sulle intenzioni di Mosca, e vedono nell’attuale conflitto ucraino solo la prima fase di una strategia più ampia.

Kaja Kallas, l’Alta rappresentante Ue per la politica estera, ha chiesto “la più forte pressione internazionale sulla Russia per porre fine a questa guerra”, sottolineando che l’Europa non può permettersi di abbassare la guardia. Il ministro degli Esteri tedesco ha annunciato il sostegno a “sanzioni aggiuntive a livello europeo”, ritenendo che le ambizioni del Cremlino non si fermano ai confini ucraini.

I leader baltici, in particolare, temono di essere “i primi della lista” se l’Ucraina dovesse cadere o essere costretta a un accordo che la lasci smilitarizzata e vulnerabile. Una preoccupazione alimentata dalla retorica del Cremlino, che negli ultimi mesi ha minacciato apertamente anche la Germania, definendo possibile che Berlino “sprofondi come Kiev” se continuerà a sostenere l’Ucraina.

Le ambizioni russe oltre l’Ucraina: ex repubbliche sovietiche e membri Nato

In base ai rapporti dell’intelligence americana, Paesi come Estonia, Lettonia e Lituania – tutti membri Nato dal 2004 – potrebbero rappresentare obiettivi futuri, così come la Moldova, che già ospita truppe russe nella regione separatista della Transnistria. Putin ha ripetutamente fatto riferimento alla “creazione e all’espansione di zone cuscinetto” in Ucraina, accendendo i riflettori su città come Kharkiv e Sumy, segnali che per gli analisti indicano la volontà di allargare costantemente il perimetro del controllo russo. Solo la settimana scorsa tre soldati russi hanno sconfinato in Estonia, rafforzando i timori dell’Est Europa.​

Il ministro della Difesa russo Andrei Belousov ha recentemente indicato tra gli obiettivi raggiunti la presa di Kupyansk, una città in realtà liberata in parte dagli ucraini, ma che secondo Mosca rappresenterebbe “la base per allargare l’influenza russa nell’oblast di Kharkiv”.

Il rischio di un accordo senza garanzie: la strategia a lungo termine di Mosca

L’Institute for the Study of War (Isw) ha tracciato lo scenario più estremo: “È probabile che il Cremlino stia cercando un accordo di pace senza garanzie di sicurezza, per creare le condizioni affinché la Russia possa rinnovare la sua aggressione contro l’Ucraina in futuro, al fine di raggiungere l’obiettivo bellico massimalista di Putin di ottenere il pieno controllo effettivo sull’Ucraina”.

In altre parole, qualsiasi accordo che lasci l’Ucraina smilitarizzata e senza protezioni credibili rappresenterebbe solo una pausa tattica, permettendo a Mosca di riorganizzarsi e riprendere l’offensiva quando le condizioni saranno favorevoli. Proprio per questo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insiste sulla necessità di garanzie di sicurezza vincolanti, chiedendo risposte precise a domande difficili: “Cosa faranno gli Stati Uniti d’America se la Russia ci aggredisce di nuovo? Cosa faranno queste garanzie di sicurezza? Come funzionerà?”.

Domande a cui, al momento, né Trump né i suoi negoziatori hanno fornito risposte pubbliche convincenti.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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