Fumata nera sull’uso degli asset russi per garantire un prestito di riparazione all’Ucraina, a corto di fondi dal prossimo aprile. Fumata bianca invece su quello che era il ‘piano B’, ovvero un prestito basato su debito comune europeo. Dopo un serrato e teso Consiglio europeo, iniziato ieri mattina presto e conclusosi solo 16 ore più tardi, a notte fonda, i governi dei Paesi membri dell’Unione europea hanno trovato un accordo sulla questione caldissima di come finanziare Kiev, preferendo la soluzione più prudente. Le conclusioni sono state prese a 24 membri su 27, con l’esclusione dunque dei contrari a prescindere, cioè i Paesi filorussi: Ungheria e Slovacchia, cui si è aggiunta la Repubblica Ceca.
Per capire il clima in cui si è svolto il vertice, ieri mattina poco prima dell’inizio dei lavori il primo ministro polacco Donald Tusk aveva detto: “Abbiamo una scelta semplice. O soldi oggi o sangue domani. E non parlo solo dell’Ucraina. Parlo dell’Europa”.
Chi vince e chi perde
Il piano A per trovare i soldi era usare le attività finanziarie della Banca centrale russa detenute in Europa e congelate dopo l’invasione dell’Ucraina, per garantire un prestito di riparazione a Kiev. La proprietà, secondo la proposta presentata due mesi fa dalla Commissione, sarebbe rimasta della Federazione. La soluzione, che consentiva di soddisfare le esigenze economiche dell’Ucraina, aggravate dal disimpegno americano, ha trovato da subito una opposizione granitica da parte del Belgio, che detiene circa 185 miliardi di euro su 210 degli asset in questione, e che temeva le ritorsioni russe (peraltro ampiamente annunciate).
Sul tema, il premier Bart De Wever aveva già fatto fallire il precedente Consiglio a ottobre, e nonostante due mesi di pressioni, colloqui e incontri, il suo ‘no’ ha retto fino all’ultimo ed ha infine prevalso. Anche grazie alle perplessità espresse nell’ultima settimana da altri Paesi, capofila l’Italia che insieme a Bulgaria e Malta, ha scritto una lettera di sostegno alle posizioni belghe.
‘Sconfitti’ invece la Commissione, che aveva avanzato la proposta in modo da non pesare sul bilancio comune, e chi si era particolarmente speso per l’iniziativa, come il cancelliere tedesco Friedrich Merz e la prima ministra danese Mette Frederiksen. Volendo tracciare una divisione, i Paesi dell’Europa meridionale si sono uniti al Belgio, mentre Germania e membri nordici spingevano per usare gli asset immobilizzati.
D’altra parte, il Belgio aveva chiesto garanzie praticamente ‘in bianco’ per non essere lasciato solo a dover eventualmente rimborsare Mosca, e questo è stato considerato inaccettabile da tutti, compresi i più favorevoli all’uso degli asset russi.
Cosa hanno deciso i leader: un prestito da 90 mld di euro
In cosa consiste dunque questo piano B, che nella notte è poi diventato il piano A? Ventiquattro leader hanno raggiunto un accordo per raccogliere congiuntamente 90 miliardi di euro da investitori (quindi facendo debito comune) da prestare a zero interessi all’Ucraina nell’arco di due anni (2026-27), garantendoli con il “margine di bilancio dell’Ue e sulla base di un accordo unanime per modificare il Quadro Finanziario Pluriennale”, spiega la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in una nota. L’Unione ha fatto leva sul meccanismo della cooperazione rafforzata, che consente di procedere attraverso un gruppo di Paesi, e Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno così ottenuto di non partecipare.
L’ipotesi era sul piatto da settimane, appunto come piano B della Commissione, ma era considerata meno attraente dai Paesi che tradizionalmente si sono opposti alla sottoscrizione di ulteriore debito, in primis dalla Germania.
In ogni caso, gli asset russi, fatti uscire dalla porta, potrebbero rientrare dalla finestra, o almeno al momento le capitali hanno voluto lasciarsi aperta la possibilità: se la Russia non risarcisce l’Ucraina per i danni della guerra, il blocco si riserva il diritto di rimborsarsi utilizzando i beni congelati.
“Analogamente al prestito per le riparazioni, l’Ucraina dovrebbe rimborsare il prestito solo dopo aver ricevuto le riparazioni. Fino ad allora i beni rimarranno immobilizzati. L’Unione si riserva il diritto di utilizzare i saldi di cassa per finanziare il prestito”, continua infatti la nota di von der Leyen. L’Ue la scorsa settimana ha approvato il blocco a tempo indeterminato delle attività russe, che dunque non potranno essere restituite senza una decisione in tal senso del Consiglio.
Di conseguenza, i leader invitano Consiglio ed Europarlamento “a continuare a lavorare sugli aspetti tecnici e giuridici degli strumenti che istituiscono un prestito per le riparazioni” basato sulle “disponibilità liquide associate ai beni bloccati della Russia”.
Chi lo pagherà?
Ma chi pagherà per questo finanziamento a Kiev? Se la Russia rifonderà i danni di guerra, sarà Mosca. Nel caso contrario, che poi è quello più probabile, saranno i Paesi europei. E siccome il bilancio comune si finanzia con tasse (ad esempio i dazi) e con i contributi degli Stati, saranno soprattutto Germania, Francia e Italia a sopportarne l’onere.
Come discusso nelle ultime settimane, il finanziamento dell’Ucraina oltre il 2027 sarà parte della prossima discussione sul QFP, fa sapere ancora la nota della Commissione.
“Ha prevalso il buonsenso”
Che i leader abbiano comunque finalizzato un accordo è una notizia positiva, ma il Consiglio vede confermato il fronte filorusso, rimpolpato dalla Repubblica Ceca di Andrej Babiš, e le divisioni presenti anche fra Paesi pro-Ucraina. Di fatto, l’Ue decide un compromesso: trova il modo di finanziare Kiev e prende tempo per lavorare sugli asset russi, annunciando allo stesso tempo nuove sanzioni sulle navi ombra di Mosca, con un ulteriore pacchetto di misure restrittive a inizio 2026. Allo stesso tempo, la soluzione decisa consente a tutti di cantare vittoria.
“Con la nostra decisione di oggi, l’Ucraina è finanziata per i prossimi due anni. Questa è una buona notizia per l’Ucraina e piuttosto cattiva per la Russia“, ha detto Merz al termine del Consiglio aggiungendo che “Putin farà concessioni solo quando si renderà conto che la sua guerra non darà frutti”.
“Il punto fondamentale, dopo oggi, è che il nostro sostegno all’Ucraina è garantito”, ha detto Frederiksen.
Particolarmente soddisfatto De Wever, che in patria ha guadagnato popolarità: “La politica non è un lavoro emotivo. La razionalità ha prevalso“, ha commentato in piena notte. Per il presidente francese Emmanuel Macron, il prestito “è emerso come la soluzione più realistica e pratica”.
“Ha prevalso il buonsenso“, ha commentato la premier italiana Giorgia Meloni, spiegando che “era importante sostenere l’Ucraina, ma farlo in un modo sostenibile sul piano giuridico e sul piano finanziario“. “La decisione più importante l’abbiamo presa nei giorni scorsi, decidendo che restano immobilizzati, che non vengono restituiti”, ha continuato.
“Ci siamo impegnati, abbiamo mantenuto la parola data“, ha affermato il presidente del Consiglio europeo António Costa. “Il messaggio che oggi inviamo alla Russia è chiarissimo: non avete raggiunto i vostri obiettivi in Ucraina, l‘Europa è al fianco dell’Ucraina oggi, domani e finché sarà necessario, e la Russia deve sedersi al tavolo dei negoziati con serietà e accettare che non vincerà questa guerra“.
E a proposito di Mosca, Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo, ha scritto su X che la decisione europea è “una grande vittoria per la legge e il buon senso, e per le voci della ragione in Europa che hanno protetto l’Ue/€/Euroclear (per ora)”.
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