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Reti, prezzi e sicurezza: l’Europa cambia strategia energetica

L’Unione Europea ha deciso di intervenire sul punto più fragile della transizione energetica: le reti. Senza capacità di trasmissione e interconnessione adeguata, l’elettrificazione di industria, trasporti e riscaldamento rischia di fermarsi contro un muro fatto di colli di bottiglia, tariffe elevate e infrastrutture obsolete. Per questo la Commissione europea mette sul tavolo l’European Grids Package e l’iniziativa Energy Highways: un doppio dispositivo normativo e politico che punta a trasformare cavi, gasdotti e nuovi corridoi per l’idrogeno in un’infrastruttura davvero europea, capace di far circolare energia pulita a costi più bassi e ridurre in modo strutturale la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, in particolare dalla Russia.

In gioco ci sono 1.200 miliardi di euro di investimenti nelle reti entro il 2040, 730 miliardi solo per la distribuzione elettrica, 240 miliardi per le dorsali dell’idrogeno. Una revisione profonda di regole, permessi, criteri di pianificazione e ripartizione dei costi che spinge l’integrazione energetica ben oltre gli obiettivi fissati dopo la crisi del gas del 2022.

Reti sotto stress, prezzi divergenti: perché Bruxelles cambia passo

Alla base del Grids Package c’è un quadro giuridico che non è sufficiente a sostenere la transizione in corso. Nel 2022 i combustibili fossili hanno ancora rappresentato il 70% dell’energia disponibile nell’Ue, con il 98% del petrolio e del gas consumati dagli Stati membri importato dall’estero. Questo livello di dipendenza espone il sistema europeo alla volatilità dei prezzi e alle tensioni geopolitiche, comprimendo il margine di manovra industriale dei Ventisette. La crisi energetica degli ultimi anni ha lasciato il segno sulle bollette: nel 2024 i prezzi dell’elettricità per l’industria nell’Ue hanno raggiunto in media 0,199 euro per kWh, contro 0,082 in Cina e 0,075 negli Stati Uniti. Nella prima metà del 2025, per i clienti domestici, i prezzi oscillavano da 0,3835 euro per kWh in Germania a 0,1040 in Ungheria, mentre per i consumatori non domestici il range andava da 0,2726 euro per kWh in Irlanda a 0,0804 in Finlandia.

A parità di obiettivi climatici, la distanza competitiva con le principali economie rivali è quindi evidente e viene ricondotta, in larga parte, a un’insufficiente integrazione e a un sotto investimento cronico nelle infrastrutture. Le reti attuali, pur essendo tra le più interconnesse al mondo, mostrano segni di invecchiamento e limiti strutturali nelle capacità di interconnessione, generando congestioni che si traducono direttamente in costi. Nel 2022 le congestioni di rete hanno comportato oneri per 5,2 miliardi di euro, con una proiezione che, senza interventi, potrebbe toccare 26 miliardi entro il 2030. Allo stesso tempo, il livello di interconnessione previsto non consente a molti Stati membri di avvicinarsi all’obiettivo del 15% entro il 2030, mentre l’European Network of Transmission System Operators for Electricity, l’associazione che riunisce i gestori delle reti di trasmissione elettrica di tutta Europa, stima che il 45% del fabbisogno di capacità elettrica transfrontaliera rimarrà non coperto a quella data. Il risultato è che il mercato interno dell’energia, pur garantendo già oggi benefici stimati in circa 34 miliardi di euro l’anno ai consumatori europei, continua a funzionare al di sotto del suo potenziale: secondo la Commissione, una maggiore integrazione potrebbe aumentare questi vantaggi fino a 40–43 miliardi annui entro il 2030, con un incremento del commercio transfrontaliero di elettricità del 50% e un effetto positivo sul Pil Ue quantificato in 18 miliardi di euro l’anno.

In parallelo, senza un rapido adeguamento delle reti, entro il 2040 potrebbero andare dispersi fino a 310 TWh di energia rinnovabile, un volume pari a circa la metà dei consumi elettrici delle famiglie europee nel 2023.

L’architettura dell’European Grids Package

Al centro dell’European Grids Package c’è la revisione del metodo di pianificazione: Bruxelles sostituisce l’approccio nazionale con uno scenario europeo unitario, aggiornato ogni quattro anni e sviluppato in coerenza con gli obiettivi energetici e climatici comuni. Sulla base di questo scenario, elaborato con il contributo degli Stati membri, gli operatori di sistema – le reti di trasmissione riunite in Entso-E e i futuri operatori del sistema per l’idrogeno in Ennoh (European Network of Network Operators for Hydrogen) – saranno chiamati a identificare i fabbisogni infrastrutturali in modo coordinato, con una metodologia armonizzata e principi vincolanti fissati nel regolamento Trans-European Networks for Energy.

In questo quadro si inserisce anche un meccanismo di “gap filling”: quando vengono individuate esigenze di capacità transfrontaliera non coperte da progetti esistenti, la Commissione potrà attivare una procedura mirata per sollecitare nuove proposte, valutate a livello regionale, fino a poter lanciare call aperte se il mercato non risponde.

Sul fronte dei permessi, il pacchetto interviene su uno dei principali fattori di ritardo: oggi le procedure autorizzative rappresentano oltre la metà dei tempi complessivi per la realizzazione dei progetti di interesse comune nel settore elettrico, con una media di cinque anni per le grandi reti di trasmissione e fino a nove anni per gli impianti rinnovabili. Le nuove norme introducono limiti temporali per tutte le infrastrutture di rete, per i progetti di generazione rinnovabile, gli impianti di stoccaggio e le stazioni di ricarica, prevedono la digitalizzazione completa dei processi e lo snellimento delle valutazioni ambientali per tipologie a impatto minore, come il repowering e il rinnovo delle linee esistenti. Viene inoltre introdotta una presunzione di “interesse pubblico prevalente” per le infrastrutture elettriche e la possibilità di tacito assenso se le autorità non rispondono entro le scadenze.

Sul piano finanziario, il pacchetto punta a rendere più prevedibile e trasparente la ripartizione dei costi dei progetti transfrontalieri con principi comuni Ue per l’allocazione dei costi, un uso più mirato dei ricavi da congestione per finanziare le interconnessioni e la possibilità di ricorrere a veicoli ad hoc per il bundling di più progetti, in modo da facilitare il ricorso a capitali privati.

La Commissione insiste sulla necessità di sfruttare al massimo le infrastrutture esistenti prima di costruirne di nuove, ma riconosce che la scala degli interventi richiede un salto di qualità dei mezzi pubblici: nella proposta di Quadro finanziario pluriennale 2028–2034, il budget del Connecting Europe Facility per l’energia viene moltiplicato per cinque, da 5,8 a 29,91 miliardi di euro, mentre la Banca europea per gli investimenti ha già attivato una controgaranzia da 1,5 miliardi per rafforzare la capacità manifatturiera europea di componenti di rete.

La mappa delle Energy Highways

Accanto alla revisione delle regole, la Commissione introduce uno strumento politico operativo: le Energy Highways, otto corridoi infrastrutturali considerati prioritari per completare l’Unione dell’energia e sbloccare i colli di bottiglia più critici. Si tratta di progetti già inseriti negli elenchi europei delle infrastrutture transfrontaliere prioritarie, che ora ottengono uno status speciale sotto il profilo del coordinamento, dei finanziamenti e delle procedure autorizzative. Gli interventi riguardano:

  1. Penisola Iberica: due attraversamenti dei Pirenei destinati a incrementare le interconnessioni con la Francia e a convogliare verso il resto dell’Europa una quota maggiore della produzione rinnovabile iberica.
  2. Great Sea Interconnector: collegamento progettato per porre fine all’isolamento elettrico di Cipro e integrarla nel sistema continentale.
  3. Harmony Link: rafforzamento delle interconnessioni dei Paesi baltici con la rete europea, con ricadute dirette sulla sicurezza e sull’autonomia energetica della regione.
  4. TransBalkan Pipeline: riconfigurazione del gasdotto con inversione dei flussi per accrescere la resilienza degli approvvigionamenti nei Balcani e nel vicinato orientale.
  5. Isola energetica di Bornholm: polo offshore nel Baltico destinato a fungere da snodo per la raccolta e la ridistribuzione dell’energia eolica.
  6. Europa sud-orientale: insieme di infrastrutture e capacità di stoccaggio per migliorare stabilità dei prezzi e sicurezza energetica in un’area esposta a shock geopolitici.
  7. SouthH₂ Corridor: dorsale dell’idrogeno che collega Tunisia, Italia, Austria e Germania, concepita per strutturare un asse di approvvigionamento nord-sud.
  8. Corridoio sudoccidentale dell’idrogeno: direttrice che dalla penisola iberica punta a raggiungere la Germania attraverso la Francia.

Questi interventi beneficeranno di una corsia accelerata grazie a un coordinamento politico più intenso, al lavoro dei gruppi regionali di alto livello e al supporto della Task Force Energy Union.

Secondo la Commissione, si tratta di infrastrutture in grado di migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti, ridurre la dipendenza da combustibili fossili importati e integrare volumi maggiori di energia rinnovabile, con effetti diretti sulla riduzione dei prezzi e sulla stabilità del sistema. Nelle parole di Dan Jørgensen, Commissario per l’Energia e la Casa: “Un sistema energetico davvero interconnesso e integrato è la base di un’Europa forte e indipendente. Per raggiungere questo obiettivo serve una rete di infrastrutture fatta di cavi, condotte e linee elettriche aggiornata, pienamente interconnessa e capace di far fluire energia pulita, accessibile e prodotta in Europa in modo libero e sicuro verso ogni angolo dell’Unione. È esattamente ciò che proponiamo oggi: un progetto energetico europeo comune che sostiene la sostenibilità dei costi per famiglie e imprese, la competitività economica, la sicurezza e la decarbonizzazione”.

Costi, incentivi e governance

Il pacchetto si misura con un fabbisogno finanziario imponente: 1,2 trilioni di euro entro il 2040 per adeguare le reti europee, di cui 730 miliardi destinati alla distribuzione elettrica e 240 miliardi allo sviluppo delle dorsali dell’idrogeno. Poiché queste infrastrutture sono in gran parte finanziate attraverso le tariffe, la questione di come distribuire i costi nel tempo e tra categorie di utenti diventa centrale anche sul piano politico. La Commissione insiste sull’effetto leva degli investimenti in rete: secondo le stime, 5 miliardi di euro di investimenti potrebbero ridurre i costi di sistema di 8 miliardi, generando un guadagno economico netto di 3 miliardi. Una maggiore integrazione dei mercati e una gestione più efficiente delle congestioni porterebbero benefici annuali significativi, ma i cittadini e le imprese si troveranno comunque a finanziare, almeno in parte, queste opere attraverso le bollette.

Per attenuare l’impatto, Bruxelles punta su un mix di fondi Ue, strumenti finanziari e capitale privato: oltre al rafforzamento del capitolo energetico del Connecting Europe Facility nel prossimo Quadro finanziario e al ruolo della Bei, la Commissione annuncia una Clean Energy Investment Strategy per rimuovere barriere e mobilitare investimenti privati nelle infrastrutture strategiche della transizione, incluse le reti.

Sul fronte interno, il pacchetto interviene anche sulle condizioni di accesso alla rete per produttori e consumatori: indica linee guida per connessioni tempestive ed efficienti, promuove una pianificazione coordinata che coinvolga industria e comunità locali, suggerisce criteri tariffari e meccanismi di flessibilità per utilizzare meglio le reti esistenti e apre la porta a un superamento del principio di ordine di arrivo nelle richieste di connessione, in favore di criteri più selettivi e non discriminatori. Resta però la questione dell’accettabilità sociale e del conflitto sui territori, soprattutto per le grandi dorsali e gli impianti di generazione. Il pacchetto prevede la possibilità di facilitatori indipendenti per mediare con le comunità locali, l’obbligo per i progetti rinnovabili sopra i 10 MW di condividere parte dei benefici con la popolazione interessata e un “toolbox” europeo sulle buone pratiche di coinvolgimento pubblico.

La Commissione lega in modo esplicito l’accelerazione dei permessi alla tutela della biodiversità e del paesaggio, con procedure ambientali semplificate per interventi a impatto minore, ma senza deroghe generalizzate. Sullo sfondo, la dimensione politica di un progetto che mira a rafforzare l’autonomia strategica europea, raccordando sicurezza energetica, competitività industriale e obiettivi climatici. Come ha spiegato la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea Teresa Ribera, “Il pacchetto sulle reti europee è più di una semplice misura. È il nostro impegno per un futuro inclusivo, in cui ogni parte d’Europa possa beneficiare della rivoluzione energetica: energia pulita a costi più bassi, minore dipendenza dai combustibili fossili importati, forniture sicure e protezione dagli shock dei prezzi. Rappresenta la nostra determinazione a superare le difficoltà attraverso l’unità, offrendo una risposta autenticamente europea a una sfida di portata europea”.

Green

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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