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Sono 9mila le pizzaiole italiane, in crescita ma ancora faticano a farsi notare

(Adnkronos) – Qual è la connessione tra donna e pizza? Quanto le donne sono incluse in questo contesto lavorativo? Quali sono i problemi e le difficoltà che possono incontrare? Perché sono ancora poche rispetto ai colleghi uomini? A queste domande risponde Giusy Ferraina nel volume ‘Pizza(re) Connection – Visioni futuristiche e strategie innovative per pizzaioli ultramoderni’ (Dario Flaccovio Editore). “Le donne pizzaiole in Italia – spiega – non sono poche, ma ancora in numero inferiore rispetto agli uomini. Non vogliamo però affrontare il tema della donna nel mondo pizza in modo retorico e come minoranza da valorizzare, ma lo facciamo risaltare come realtà quotidiana. Le donne pizzaiole si stanno facendo strada con determinazione e competenza, molto più di tanti colleghi che, alla ricerca di un lavoro negli anni passati, si sono improvvisati pizzaioli. Il numero di professioniste cresce a vista d’occhio soprattutto tra le nuove generazioni e, se fino a qualche anno fa potevano esistere degli ostacoli, oggi nessuna di loro lamenta discriminazioni di genere o trova difficoltà nel farsi accettare, tantomeno è vista come un’aliena”. 

“Secondo i dati forniti dal Campionato mondiale della pizza – spiega all’Adnkronos/Labitalia Giusy Ferraina – dove ogni anno sono giurata le pizzaiole in Italia sono circa 9 mila, dato stimato dai numeri forniti dalla Cciaa che calcola codice fiscale, codice Ateco 56, stato operatività e dati del primo esponente dell’azienda e il suo ruolo. Risultano intorno alle 8.781 pizzerie su 79.831 aziende totali con presenza femminile come 1° referente conosciuto. La stessa Fip-Federazione pizzaioli riporta che per 600 uomini pizzaioli ci sono 55 donne tra i loro iscritti, attestandoci intorno un 9%. Dai numeri del Campionato, le donne registrate in gara (sempre campionato mondiale della pizza) sono state 67 nell’ultima edizione, il 9% degli iscritti totali e dal 1992 al 2024 sono state 330 le concorrenti partecipanti alla competizione. Seppur non sia un dato esattissimo le donne che ‘fanno la pizza’ sono sempre di più. Bisogna dire che le donne che lavorano in pizzeria in Italia ci sono sempre state, mogli dei pizzaioli che si occupano della sala, socie e anche le figlie d’arte che aiutano per poi magari ereditare passione e mestiere. E infatti in Campania la donna pizzaiola è un fenomeno più comune rispetto al resto dell’Italia”.  

“E pensare che – sottolinea – un tempo, erano proprio le donne a impastare e friggere la pizza, vendendola per strada con maestria e naturalezza. Per anni, però, quello del pizzaiolo non è stato percepito come un mestiere ‘nobile’ al pari dello chef: lo si considerava un lavoro semplice, quasi improvvisato, nato più dalla necessità che dalla vocazione. Forse anche per questo, col tempo, si è allontanato dal mondo femminile. Oggi, invece, la pizza è cresciuta e con lei la cultura che la circonda”.  

“La figura del pizzaiolo – avverte – sta percorrendo la stessa strada di quella del cuoco, conquistando riconoscimenti e riflettori. Non a caso, ormai, nel mondo della pizza non mancano vere e proprie pop star. Per fortuna il numero delle donne pizzaiole aumenta e il mondo pizza è sempre più una scelta femminile, che si avvicina ad esso con consapevolezza e passione, ma mai in modo improvvisato e superficiale. Alla base c’è sempre però una dimostrazione di caparbietà e impegno, la donna pizzaiola diventa anche simbolo di una donna riesce ad essere padrona di sé stessa e fare il mestiere che le piace e vuole fare, senza limiti o condizionamenti esterni”.  

“Da un punto di vista sociale – sostiene – per molti anni fare il pizzaiolo non è stato concepito come un mestiere nobile al pari dello chef, venendo immaginato come lavoro facile, quasi improvvisato, che si inventava più per necessità che per passione e per questo più distante dal genere femminile. Oggi, però, la pizza si è evoluta ed è cresciuta anche la sua cultura, di conseguenza per i suoi professionisti si sta delineando la stessa strada evolutiva del cuoco. Questa nostra ipotesi, con cui identifichiamo motivazioni relative alle differenze numeriche, alimentate anche dalle idee stereotipate che circolano tra gli stessi clienti, da un confronto fatto con alcune pizzaiole, è quella più plausibile. Non si possono tacere – ammette – anche altre difficoltà nella gestione di questo tipo di lavoro che comprende un’attività produttiva legata ad alte temperature, l’utilizzo di sacchi di farina pesanti, l’uso di varie attrezzature poco maneggevoli e, non ultimo, un mestiere poco comodo da coniugare con la famiglia”. 

“Nelle interviste condotte ad alcune pizzaiole italiane – fa notare Giusy Ferraina – abbiamo registrato le loro storie e ottenuto un punto di osservazione diretto che ci ha permesso di capire quale sia la percezione della condizione della donna che opera in pizzeria sia dall’interno, dove persiste la sensazione che si tratti di un settore da uomini che tale deve rimanere e non adatto alle donne per il carico fisico e mentale, sia dall’esterno, con una parte di clientela che si continua a stupire davanti a una figura di pizzaiola donna, vista come una stranezza se non un’anomalia. Dal loro personale punto di vista è diffusa l’idea che se sei donna devi per forza impegnarti il doppio per emergere nella competizione con il pizzaiolo maschio”. 

“Però – avverte – che il binomio donna-pizza non è del tutto nuovo come si pensa: ci sono sempre state mogli e figlie addette alla stesura o ai condimenti, che hanno deciso anche di portare avanti l’azienda di famiglia. Di esempi di figlie d’arte ne abbiamo tanti: la maggior parte delle pizzaiole campane, specie le napoletane, hanno la pizza nel Dna. Per questa ragione il numero delle pizzaiole aumenta e si espande in tutte le Regioni d’Italia e non solo, ma soprattutto il segmento produttivo è sempre più una scelta, consapevole e appassionata, mai improvvisata né superficiale. Ogni anno, durante il Campionato mondiale della pizza, abbiamo infatti la fortuna di assistere a una passerella al femminile in costante aumento, con una professione che sta conquistando le nuove generazioni, che innovano e rinnovano il settore sotto tutti i punti di vista”. 

“In concomitanza con questa crescita generazionale – dice – il mondo pizza sta diventando sempre più inclusivo, prova che in questo ambiente professionale si sta percorrendo una strada nuova ma ben tracciata. Ci sono tante professioniste e tutte brave, non tutte famose o protagoniste di programmi tv, ma sicuramente capaci. Professioniste a cui bisogna dare voce, poiché sono attrici e partecipi di un cambiamento, riflesso di un processo di trasformazione sociale ed economica che ha fortemente influenzato anche il mondo del cibo e della pizza. La pizza è cambiata e si avvicina sempre di più all’offerta ristorativa, comportando una presenza sempre più femminile che firma, con la sua sensibilità ed empatia, nuovi progetti”. 

Giusy Ferraina nel suo libro sottolinea il legame tra il turismo enogastronomico e la pizza. “Il turismo enogastronomico in Italia – dice – non è più solo una nicchia di mercato, ma un fenomeno in continua espansione, capace di valorizzare territori, tradizioni e comunità locali. Il cibo oggi non rappresenta soltanto nutrimento: è esperienza sensoriale, scoperta culturale e momento di piacere condiviso. In questo contesto, la pizza, simbolo nazionale riconosciuto in tutto il mondo, si presta a diventare protagonista di percorsi turistici innovativi e coinvolgenti. Non si tratta più solo di mangiarla, ma di viverla: degustazioni abbinate a vini locali, laboratori di panificazione, visite a pizzerie storiche o a piccole produzioni artigianali trasformano il consumo della pizza in un’esperienza immersiva e autentica. Così la pizza si trasforma in veicolo di conoscenza del territorio, capace di far scoprire eccellenze locali, tradizioni enogastronomiche e storie dei borghi rurali e delle aree meno note, contribuendo a creare un turismo sostenibile e di qualità”. 

“Secondo il Rapporto sul turismo enogastronomico 2024 – continua – il 70% degli italiani ha effettuato almeno una vacanza negli ultimi tre anni motivata principalmente dal cibo, dal vino o dall’olio, segnando un incremento del 12% rispetto al 2023 e del 49% rispetto al 2016. Tra le eccellenze italiane più iconiche in ambito agroalimentare, la pizza si posiziona al terzo posto con il 22% delle preferenze, subito dopo il vino (38,1%) e l’olio extravergine di oliva (24%). Questo dato evidenzia quanto la pizza sia percepita non solo come alimento, ma come autentico simbolo della cultura culinaria italiana. I turisti moderni non si accontentano più di gustare un piatto: desiderano esperienze immersive, che uniscano la scoperta di sapori locali a momenti di benessere, cultura e socialità. Ciò apre nuove opportunità per pizzaioli e operatori del settore, che possono proporre percorsi esperienziali, come tour delle pizzerie artigianali, abbinamenti con vini e oli del territorio, o attività didattiche che raccontino la storia e le tradizioni locali attraverso la pizza”. 

L’autrice elenca poi le tipologie di turisti enogastronomici della pizza. 1) Ricercatori (42,1%): viaggiano per scoprire nuove esperienze gastronomiche e immergersi nella cultura locale. Prediligono degustazioni e visite ai luoghi di produzione, cercando un contatto autentico con il territorio. Per la pizza, rappresentano il target ideale per percorsi di degustazione guidata e abbinamenti con prodotti locali, promossi attraverso i social. 2) Festaioli (23%): considerano l’enogastronomia un’occasione per socializzare e divertirsi, partecipando a eventi e visite aziendali. Per la pizza, sono il pubblico perfetto per format di degustazione da condividere e eventi in pizzeria, dove l’esperienza conviviale diventa protagonista. 

3) Intellettuali (19%): viaggiano per arricchire il proprio bagaglio culturale e scoprire la cucina locale nei ristoranti tradizionali e nelle botteghe del gusto. Per la pizza, apprezzano esperienze di degustazione guidata e sperimentazioni con prodotti del territorio e abbinamenti enologici. 4) Figli dei fiori (11,5%): cercano il benessere psico-fisico attraverso il viaggio enogastronomico e attività che favoriscano relax e svago. Per la pizza, amano laboratori di panificazione e momenti ludico-educativi legati alla preparazione e al consumo del prodotto. 5) Edonisti (4,3%): si concedono viaggi enogastronomici per vivere esperienze di lusso e unicità, frequentando ristoranti gourmet e strutture a tema cibo. Per la pizza, rappresentano il target da conquistare con proposte luxury e fine dining, valorizzando prodotti di eccellenza e modalità di degustazione esclusive. 

 

 

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