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Sacco (UniAq): “Ictus cerebrale per 1 persona su 5, tempestività è tutto”

(Adnkronos) – L’ictus cerebrale è una condizione grave, “che colpisce fino a una persona su cinque nei Paesi ad alto reddito e quasi una su due nei Paesi a basso reddito. Globalmente, rappresenta la seconda causa di morte. E’ importante sapere che l’ictus può essere prevenuto e trattato. Negli ultimi anni sono stati fatti progressi notevoli nella cura dell’ictus ischemico, la forma più comune di ictus, causata dall’ostruzione di un’arteria cerebrale da parte di un coagulo o trombo. La rimozione tempestiva di questo trombo, tramite farmaci o tecniche meccaniche, può ridurre in modo significativo il rischio di morte e di disabilità”. Così Simona Sacco, professoressa di Neurologia all’Università de L’Aquila, in occasione del 54esimo Congresso nazionale della Società italiana di neurologia (Sin) a Roma.  Il trattamento farmacologico “include farmaci somministrati per via endovenosa, capaci di dissolvere i trombi. Tra questi – spiega Sacco – il tenecteplase sta dimostrando di essere più efficace e facile da somministrare rispetto all’alteplase, finora il farmaco standard per il trattamento dell’ictus ischemico. In Italia, è previsto che il tenecteplase sia disponibile per il trattamento dell’ictus a partire dal prossimo anno”. Parallelamente, “anche i dispositivi meccanici per la rimozione dei trombi hanno subito miglioramenti significativi, permettendo di riaprire i vasi ostruiti in modo più efficace e sicuro – fa notare la neurologa – Le tecniche avanzate di imaging, come la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, supportate da software per lo studio della perfusione cerebrale e intelligenza artificiale, consentono inoltre di identificare in modo affidabile i pazienti che hanno tessuto cerebrale potenzialmente salvabile, estendendo la finestra temporale d’intervento dalle iniziali 4,5-6 ore fino a 24 ore. Questo ampliamento delle possibilità di trattamento consente oggi di intervenire su un numero maggiore di pazienti, migliorando le probabilità di sopravvivenza e gli esiti clinici”. Anche per l’ictus emorragico, “la forma meno comune, ma più grave, causata dalla rottura di un vaso sanguigno all’interno del cervello, ci sono stati recenti progressi nelle strategie di gestione. Studi clinici – ricorda Sacco – hanno dimostrato che un controllo rapido della pressione arteriosa e la somministrazione di antidoti nei pazienti in terapia anticoagulante, insieme ad altre misure di supporto, possono migliorare la sopravvivenza e ridurre le disabilità”. Recentemente, “un importante studio scientifico ha mostrato che in alcuni tipi di emorragia cerebrale, l’evacuazione dell’ematoma tramite piccoli cateteri può apportare vantaggi significativi, aprendo nuove possibilità terapeutiche per i pazienti colpiti da ictus emorragico”, conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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