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Vaccini, indagine su over 50: 1 italiano su 2 sottovaluta rischio Herpes zoster

(Adnkronos) – La metà degli italiani in buona salute non conosce la pericolosità dell’Herpes zoster, noto come Fuoco di Sant’Antonio. Lo rivela un sondaggio condotto da Ipsos Healthcare, per conto di Gsk, su 8.400 cittadini di 9 Paesi (Cina, Brasile, Italia, Giappone, Germania, Irlanda, India, Portogallo, Stati Uniti), tra i 50 ed i 60 anni. Mille gli italiani considerati. Sia che si tratti di uomini o donne over 50, sia che presentino patologie concomitanti – condizioni che aumentano il rischio di infezione – le idee sono confuse e i rischi sottovalutati. La maggioranza degli intervistati su scala internazionale in questa decade si sente più giovane di quanto dice l’anagrafe e, di conseguenza, a minor rischio. Per questo è ancora più importante conoscere la probabilità di sviluppare l’Herpes zoster e puntare sulla prevenzione, nell’ottica sia della salute del singolo sia della sostenibilità del servizio sanitario, limitando le spese per diagnosi e cura. Su questo si sono confrontati oggi a Roma, a Palazzo dell’Informazione, gli esperti riuniti in occasione della Settimana della prevenzione dal Fuoco di Sant’Antonio – in programma dal 24 febbraio al 2 marzo – nel corso dell’evento ‘Non facciamo gli struzzi: chi è a rischio spesso lo sottovaluta o non sa’. Per non nascondere il capo sotto la sabbia e far finta che il problema non ci riguardi – si legge in una nota – occorre partire dai dati scientifici. L’epidemiologia ci dice che: circa 1 adulto su 3 è a rischio di sviluppare un episodio di Herpes zoster nel corso della propria vita; l’incidenza e la gravità aumentano con l’età, con un progressivo incremento dopo i 50 anni, che diventa di 1 persona su 2 in chi ha più di 85 anni. Ma la prevenzione è possibile. Le persone a rischio per età o patologia possono vaccinarsi e la vaccinazione disponibile è sicura, efficace fino all’89% a 10 anni, con dati che mostrano una protezione anche oltre. “La vaccinazione in età adulta e avanzata – afferma Enrico Di Rosa, direttore del Servizio Igiene e sanità pubblica Asl Roma 1 e presidente della Società italiana d’igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) – rappresenta una strategia di sanità pubblica fondamentale per il singolo e per la comunità, anche alla luce del trend demografico del nostro Paese. Gli over 65 italiani rappresentano il 23% (oltre 4 punti percentuali in più rispetto alla media Ue) della popolazione totale. Nel 2050 si prevede che ne costituiranno fino al 35%. Secondo uno studio condotto dagli esperti di Altems Advisory (Università Cattolica del Sacro Cuore), se raggiungessimo gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale risparmieremmo 10 miliardi di euro annui di spese sanitarie, mancata produttività e altri costi correlati, che andrebbero ad accrescere il nostro Pil e la possibilità di investimento in altre priorità sanitarie. In quest’ottica la vaccinazione contro l’Herpes zoster è una soluzione per fare fronte in modo equo ai bisogni medici della comunità e della popolazione per continuare ad essere attiva e produttiva”. Le probabilità di sviluppare l’Herpes zoster aumentano con l’avanzare dell’età per il naturale processo di immunosenescenza. A prescindere dall’età, alcune situazioni molto diffuse – diabete, malattie reumatologiche o di condizioni che comportano uno stato di immunodepressione come le terapie per patologie onco-ematologiche – rappresentano un fattore di rischio. In Italia le malattie croniche interessano il 40,5% della popolazione (24 milioni). Hanno almeno 2 patologie croniche 12,2 milioni di italiani. Gli ultra 75enni affetti da una patologia sono l’85%, il 64,3% da 2 o più patologie. Con questa tendenza, si stima che nel 2028 i malati cronici saliranno a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. Eppure dal sondaggio Ipsos, in questa popolazione, emerge addirittura un livello di conoscenza più basso rispetto all’intera popolazione dei sani: siamo al 49% . “Il medico di medicina generale è il primo punto di riferimento per i cittadini – osserva Tecla Mastronuzzi, medico di medicina generale di Bari, responsabile nazionale della macroarea Prevenzione della Simg, Società italiana di medicina generale – e sappiamo bene che questo è vero soprattutto per i pazienti anziani e per i fragili per malattie e conseguenti terapie o per le precarie condizioni sociali. La riattivazione dello zoster per questi pazienti rappresenta un ‘incidente’ che cambia la vita. L’Hz può modificare sostanzialmente la traiettoria di salute dei nostri pazienti, rendendo necessario il ricovero, con impatto sulla spesa sanitaria e sulla qualità di vita del singolo. Un recente studio – prosegue Mastronuzzi – indica che dal 2003 al 2018 l’Hz ha rappresentato la causa di 11 ospedalizzazione ogni 100mila pazienti/anno. Il tasso di incidenza di ospedalizzazioni per zoster è 20 volte maggiore negli over 79 e 11 volte maggiore nei soggetti tra i 70 e i 79 anni, rispetto a quelli che hanno meno di 50 anni, e l’incidenza di mortalità è pari all’1,7% durante il ricovero. Le complicanze e le conseguenze dell’Hz non terminano con la manifestazione clinica della malattia, conosciamo bene la nevralgia post herpetica e le temibili conseguenze del coinvolgimento oculare, ma oggi sappiamo aumenta il rischio di eventi cardiovascolari e neurologici. A fronte di quanto descritto – sottolinea – la vaccinazione rappresenta uno strumento fondamentale per prevenire non solo la riattivazione della malattia, ma anche il decadimento delle condizioni generali di salute che si può associare a questa condizione”. Dall’indagine Ipsos emerge che i pazienti più informati sul rischio di sviluppare Hz sono quelli con malattie cardiovascolari e respiratorie, i meno sono le persone con nefropatie. Seguono quelle con diabete e gli immunosoppressi. In generale, tuttavia, il ‘non mi riguarda’ è piuttosto diffuso, come se esistesse una discrepanza netta tra il rischio percepito e le reali implicazioni sfavorevoli in cui potrebbero incorrere queste categorie di pazienti.  Nel nostro Paese, come negli altri, nel caso del diabete, ad esempio, il 61% degli intervistati è consapevole dell’elevato rischio che corre nel contrarre Herpes zoster, ma non ne sa abbastanza o pensa che non lo riguardi. Esistono, invece, precise evidenze cliniche che mostrano come la presenza di diabete aumenti il rischio, sia di sviluppare l’infezione da Herpes zoster, sia di incorrere in complicanze (come ad esempio la nevralgia post-erpetica). Una ricerca condotta negli Usa, che ha valutato i risultati di 62 studi clinici, mostra come i pazienti diabetici presentano un rischio più alto del 30% di sviluppare l’infezione da Hz. Per quanto riguarda l’immunodeficienza legata a malattie o terapie, in Italia il 65% degli intervistati con problematiche legate all’immunodepressione è consapevole dell’elevato rischio che corre nel contrarre le manifestazioni dello zoster. Ma anche in questo caso i soggetti non ne sanno abbastanza o pensano che non li riguardi.  “E’ importante promuovere la vaccinazione nei pazienti oncologici – spiega Sandro Pignata, direttore dell’Oncologia medica presso l’Irccs Istituto nazionale tumori Fondazione G. Pascale di Napoli e responsabile scientifico della Rete oncologica campana (Roc) – Per farlo è però necessario partire dagli operatori sanitari: la cultura vaccinale, la consapevolezza del suo valore, l’informazione corretta è fondamentale proprio per garantire un’adesione consapevole alla vaccinazione, che non solo è parte integrante del trattamento oncologico, ma preserva la qualità della vita dei pazienti. La Regione Campania – continua Pignata – ha istituito la Roc, coordinata dall’Istituto Pascale, per identificare i centri specializzati nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei tumori maligni e le vaccinazioni rientrano a pieno titolo nella presa in carico del paziente. Visto il tema di oggi, le stesse linee guida Aiom raccomandano fortemente la vaccinazione contro l’Herpes zoster. In chi si trova ad affrontare un tumore solido del sistema nervoso centrale o in generale un cancro gastrico, colorettale, polmonare, mammario, ovarico, prostatico, renale e vescicale, si calcola un aumento del rischio di infezione da Herpes zoster tra il 10-50%”. “E’ importante proteggere i pazienti con malattie reumatologiche – commenta Andrea Doria, professore di Reumatologia, Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, direttore dell’Uoc di Reumatologia presso l’azienda Ospedale-Università di Padova e presidente Sir, Società italiana di reumatologia – Ad esempio, in caso di lupus eritematoso sistemico (Les), il rischio di Herpes zoster aumenta del 150% rispetto alla popolazione di confronto. Nell’artrite reumatoide, 2 studi che hanno coinvolto oltre 160mila pazienti dimostrano che il rischio è quasi doppio rispetto alla popolazione generale. Anche i farmaci necessari per il trattamento delle malattie reumatologiche – cortisone, immunosoppresori, farmaci biologici e Jak inibitori – possono influire sul rischio”, conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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