(Adnkronos) – Pubblicamente continua ad escludere nettamente la possibilità di un passo indietro, ma Joe Biden in privato, con consiglieri e amici fidati, ammette che i prossimi giorni saranno cruciali per determinare il futuro della sua nuova candidatura alla Casa Bianca. Se alla fine l’81enne presidente deciderà veramente di ritirarsi, non sarà il primo presidente a farsi da parte invece di candidarsi alla rielezione.
Il precedente più recente è quello di Lyndon B. Johnson che il 31 marzo 1968 shoccò il Paese annunciando a sorpresa che non si sarebbe ricandidato alla Casa Bianca parlando dallo Studio Ovale. “Con i figli dell’America su campi di battaglia così lontani, con la sfida al futuro dell’America qui in patria, con le nostre speranze e le speranze del mondo in gioco ogni giorno, non credo che non dovrei dedicare un’ora o un giorno del mio tempo ad una causa personale o di partito o qualsiasi altro compito diverso da quelli del presidente in carica”, disse Johnson nel discorso con cui originariamente doveva illustrare il piano per limitare le operazioni militari Usa in Vietnam. “Per questo non cercherò e non accetterò la nomination del partito per un altro mandato da presidente”, concluse il democratico che aveva giurato la prima volta da presidente il 22 novembre 1963 a bordo dell’Air Force One parcheggiato nell’aeroporto di Dallas, due ore e otto minuti l’assassinio di John F. Kennedy. Nel 1964 fu poi eletto a quello che fu quindi il suo primo mandato effettivo, lasciandogli la possibilità di candidarsi ad un secondo mandato nel 1968. Cosa che Johnson, che era nato nel 1937 a Stonewall in Texas, rinunciò a fare quando non aveva neanche 60 anni. Morì poi, per un infarto improvviso, a 64 anni, quando ancora non aveva maturato i requisiti per il Social Security, la pensione che lui aveva rafforzato, e il Medicare, il servizio sanitario pubblico per gli anziani che lui aveva fatto diventare legge. A differenza di Biden, che ha vinto le primarie democratiche praticamente incontrasto, Johnson al momento in cui decise di rinunciare alla rielezioni, aveva diversi sfidanti nella corsa per la nomination, in un’America spaccata dalla guerra in Vietnam e le tensioni razziali. E nonostante le grandi riforme sociali da lui varate, il presidente democratico era arrivato alle primarie con una popolarità in netto calo. Con una popolarità in netto calo Johnson all’inizio di marzo aveva vinto per un soffiò le primarie del New Hampshire contro il candidato anti-guerra Eugene McCarthy. Ma il segnale politico più allarmante per lui fu poi l’ingeresso, il 16 marzo, nella corsa per le primarie di Robert Kennedy, il fratello di Jfk contro il quale Johnson aveva già perso le primarie nel 1960, entrando poi come vice presidente nel suo ticket. Uscito il presidente dalla corsa per la nomination, Bob Kennedy divenne il front runner delle primarie che avrebbe vinto se non fosse stato anche lui assassinato il 4 giugno, dopo aver vinto le primarie in California. Secondo Mark Updegrove, storico dei presidente e direttore della LBJ Foundation, furono principalmente le preoccupazioni per la salute, piuttosto che le spaccature interne al partito. “C’è un’idea errata riguardo al fatto che Lbj ha scelto di non candidarsi di nuovo solo alle crescenti controversie e divisioni sulla guerra in Vietnam, che possono essere state parte, ma la principale preoccupazione era la sua salute”, ha detto in un’intervista alla Cnn. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Biden e l’ipotesi ritiro, quando Johnson a sorpresa rinunciò a rielezione nel 1968
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