(Adnkronos) – I dazi imposti da Donald Trump a mezzo mondo, Europa inclusa, finiscono di fronte alla Corte Suprema americana. Chi ha presentato i ricorsi, un gruppo nutrito di Stati a guida democratica e alcune associazioni di imprenditori ritengono che la politica commerciale aggressiva del presidente degli Stati Uniti non sia legittima e che le tariffe imposte a partire dal Liberation day del 2 aprile 2025 vadano abolite. L’amministrazione americana opporrà le proprie prerogative, facendo riferimento, in particolare, al diritto di utilizzare i poteri previsti dall’International Emergency Economic Powers Act, una legge che risale al 1977 che, in estrema sintesi, consente al Presidente di rispondere alle minacce, che devono essere “inusuali’ e avere “carattere straordinario”, alla politica estera o all’economia degli Stati Uniti.
Il tema centrale, intorno al quale ruotano i ricorsi e di conseguenza la decisione che arriverà entro qualche mese dalla Corte, è se e in quale misura Trump sia andato oltre i propri poteri. Nella storia americana a quella legge federale si è fatto riferimento quando si sono imposti embarghi ad alcuni paesi o sanzioni a organizzazioni e singole persone ma non è mai stata impiegata prima per imporre dazi generalizzati. Ora, la domanda che è sottintesa ai lavori della Corte è, con una ragionevole approssimazione: lo squilibrio nella bilancia commerciale e le presunte penalizzazioni subite dagli Stati Uniti nelle transazioni commerciali sono effettivamente una minaccia con i requisiti previsti dalla legge e, quindi, motivo sufficiente per innescare una reazione a colpi di dazi? La risposta sarà la Corte Suprema a darla.
Intanto, però, c’è una questione più larga che ricorre e riguarda il rapporto tra i governi, in questo caso quello degli Stati Uniti, e le autorità chiamate a far rispettare la legge, in questo caso la Corte Suprema. Una dialettica che ricorre in ogni stagione o con qualsiasi colore politico ma che con Trump, in particolare, ha assunto un peso diverso. Basta guardare la reazione alle decisioni della Federal Reserve sulla politica monetaria, sua prerogativa esclusiva, per misurare la poca tolleranza del Presidente degli Stati Uniti rispetto alla separazione e all’equilibrio, necessario, tra poteri. Proprio sull’indipendenza della Fed, oltre che sui dazi e sulle procedure adottate per l’espulsione dei migranti irregolari, i verdetti della Corte Suprema incideranno sul perimetro dei poteri di Trump.
Rimanendo ai dazi, ci vorranno ancora mesi per arrivare alla decisione finale della Corte ma le conseguenze di una bocciatura della politica dei dazi avrebbe conseguenze importanti, costringerendo il governo americano a rimborsare circa 70 miliardi di dollari. Estendo invece l’analisi a tutti e tre i fronti, in gioco ci sono i margini di manovra complessivi di Trump che, a seconda dei punti di vista, possono consentire di portare avanti una legittima azione di rottura di schemi precostituiti o compromettere la tenuta della democrazia americana. E, a cascata, in un senso e nell’altro, vanno considerate le conseguenze per la politica economica americana, per la stabilità dei mercati finanziari e per la credibilità internazionale del Paese. (Di Fabio Insenga)
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