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Digiuno intermittente e salute: cosa emerge dagli studi

Nuove ricerche indagano effetti su metabolismo, concentrazione e possibili applicazioni cliniche; vantaggi promettenti ma servono valutazioni personalizzate

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Il dibattito sul digiuno intermittente e salute è diventato centrale negli ultimi anni, complici il crescente interesse verso le pratiche alimentari “a orario” e il desiderio di trovare strategie semplici per migliorare benessere e metabolismo. Ma cosa dicono davvero gli studi?

Al di là delle mode del momento, la ricerca sta provando a distinguere ciò che ha basi scientifiche da ciò che deriva da tendenze e narrazioni diffuse online, cercando di capire come il digiuno influenzi realmente corpo e mente.

Una recente revisione pubblicata su The Conversation ha analizzato 71 ricerche che coinvolgono oltre 3.400 adulti. Il risultato è piuttosto chiaro: nei soggetti sani, il digiuno non sembra compromettere memoria, attenzione o capacità cognitive. Il cervello, dopo circa dodici ore senza cibo, inizia a utilizzare i grassi al posto del glucosio, producendo corpi chetonici che possono sostenerne l’attività. Ciò non significa però che il digiuno sia adatto a tutti: bambini e adolescenti, per esempio, traggono beneficio da pasti regolari per mantenere concentrazione e crescita.

Sul fronte metabolico, l’attenzione si sposta sulle finestre orarie dei pasti. Secondo una valutazione dell’Associazione Medici Diabetologi, concentrare l’alimentazione nelle prime ore della giornata – ad esempio mangiando tra le 7 e le 15 – potrebbe migliorare il controllo della glicemia nelle persone con rischio di diabete di tipo 2. Il beneficio tende però a ridursi nel lungo periodo, e non tutti riescono a mantenere uno schema così rigoroso.

Infine, un’analisi del Centro di Ricerche Cliniche Mario Negri sottolinea un punto essenziale: il digiuno intermittente aiuta quasi sempre a perdere peso, ma soprattutto perché porta a mangiare meno. Per questo, nel lungo periodo, i risultati sono simili a quelli di una normale dieta ipocalorica. Alcune ricerche mostrano anche un miglioramento nella sensibilità all’insulina e nel controllo della glicemia, soprattutto se si mangia nelle prime ore del giorno. Ci sono indizi di possibili benefici sul cervello e sulla prevenzione di alcune malattie, ma molti studi sono ancora preliminari, spesso fatti su animali.

Non è però una soluzione valida per tutti. Gli effetti possono cambiare molto da persona a persona e contano anche fattori genetici e stile di vita. In sintesi: il digiuno intermittente può essere una buona strategia se si adatta alle abitudini individuali, ma non è automaticamente migliore di una dieta equilibrata e va scelto con consapevolezza.

Il digiuno intermittente rappresenta un campo di ricerca in espansione, con benefici possibili ma anche limiti chiari. Prima di adottarlo, soprattutto in presenza di patologie, è importante farsi seguire da professionisti e non improvvisare. La scelta migliore resta quella personalizzata, che tenga conto delle esigenze individuali e della sostenibilità nel tempo.

 

© Riproduzione riservata

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