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FIRENZE – I precari dell’Università oggi (12 maggio) hanno manifestato davanti al Rettorato a Firenze portando a compimento un percorso che viene dall’autunno.
“Questa mobilitazione – dice il sindacato Flc Cgil – risponde alla più grande operazione di definanziamento del sistema pubblico, con l’espulsione di un numero enorme di ricercatrici e ricercatori e col tentativo di moltiplicare le forme di sfruttamento da parte del ministro Bernini. Oggi come sindacato bbiamo raccolto l’appello della rete dei precari, in una giornata di mobilitazione che ha visto la partecipazione di tante lavoratrici e lavoratori strutturati in assemblea, in vista di un percorso che nei prossimi tempi dovrà crescere e allargarsi. Oggi abbiamo ribadito alcuni punti: stop a ogni provvedimento legislativo che moltiplica le forme precarie; è necessario un piano straordinario di allargamento degli organici e di stabilizzazioni, con estensione dei meccanismi di stabilizzazioni già presenti negli enti di ricerca; bisogna invertire la tendenza, rifinanziare il sistema con almeno 5 miliardi di euro in cinque anni”.
“Ma questa giornata e queste richieste specifiche assumono anche un significato politico più ampio: insieme al rifinanziamento del sistema di istruzione e ricerca, noi stiamo dicendo – conclude la Fcl Cgil – che contrastiamo questa scellerata politica europea e italiana di tagli alla spesa sociale e riarmo, che sta portando il nostro paese e il nostro continente e il mondo intero verso nuovi e terribili conflitti; questa mobilitazione, insieme a tante altre, deve contribuire a risvegliare l’opinione pubblica e la società di questo paese, deve portare a reagire verso il tentativo di svuotare la nostra democrazia, spegnere la partecipazione, ridurre i diritti. Allora invitiamo a dare seguito a questa mobilitazione e a tutte le forme di opposizione sociale anche recandosi a votare il prossimo 8 e 9 giugno, ai referendum che il governo e la maggioranza parlamentare vorrebbero veder fallire e che invece possono rappresentare un primo grande momento per dire che le politiche di questo governo non hanno più il consenso sociale”.