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Alzheimer e disturbo cognitivo, in Lombardia i casi sono 190.000 “Nuove prospettive per la ricerca e la cura”

(Adnkronos) –
A Brescia la seconda tappa di una Road Map multiregionale, un confronto sulle traiettorie da esplorare per affrontare le nuove sfide  Brescia, 26 novembre 2024 – Con 48 milioni di persone colpite nel mondo, di cui 600.000 solo in Italia, l’Alzheimer si sta affermando come una delle principali cause di disabilità, con proiezioni che indicano una progressiva crescita, anche in relazione all’invecchiamento della popolazione. L’Italia, dal canto suo, ha messo in campo importanti risorse finanziarie, che ora possono essere investite promuovendo la sinergia tra la sanità pubblica, l’assistenza socio-sanitaria e sociale e la ricerca scientifica che, negli ultimi anni, ha fatto importantissimi passi avanti dal punto di vista diagnostico-terapeutico, dell’innovazione e della tecnologia. Di questo, e molto altro, si è parlato a Brescia in occasione del convegno “Nuove sfide per il disturbo cognitivo. Traiettorie da esplorare”. Un incontro, quello organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Lilly e di Project Way, che ha preso spunto dall’azione dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer e rappresenta la seconda tappa di un percorso iniziato a Padova che proseguirà su scala regionale coinvolgendo almeno sei tra le Regioni più rilevanti d’Italia. A Brescia, si sono confrontati clinici, esperti, stakeholders e rappresentanti delle istituzioni, tutti concordi sul fatto che i sistemi regionali siano chiamati a nuove sfide e sia arrivato il momento di dare risposte, traducendo raccomandazioni e suggerimenti in azioni concrete.  La ricerca scientifica ha affrontato numerose sfide nel corso degli anni, con significativi investimenti, perseverando sull’importanza dell’innovazione tecnologica per la diagnosi precoce, per il trattamento delle fasi iniziali della malattia e sull’importanza della riabilitazione cognitiva al fine di contrastare, su molteplici fronti, la progressione della malattia sin dalle sue fasi iniziali. Alla luce di queste considerazioni, emerge come prioritaria la necessità di una collaborazione sinergica tra il Servizio Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali per favorire uniformità di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali dedicati alle persone con Disturbo Neurocognitivo con l’obiettivo di garantire diagnosi precoce e tempestiva per una presa in carico integrata, multidisciplinare e continuativa. In conclusione, solo unendo gli sforzi della ricerca, della sanità pubblica e dell’assistenza sociale, possiamo sperare di migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, affrontando al contempo le sfide organizzative che questa malattia pone alla nostra attenzione. 
I DATI DELLA LOMBARDIA E L’IMPORTANZA DI RIDURRE I FATTORI DI RISCHIO
 In Lombardia, le persone con diagnosi di demenza sono circa 190mila, di cui 115mila malate di Alzheimer. A queste vanno aggiunte almeno 160mila persone che si stima siano interessate da un declino cognitivo lieve. Ed è su queste ultime che occorre concentrare l’attenzione in un’ottica di diagnosi precoce e prevenzione per ridurre l’impatto della malattia. Le statistiche, infatti, dimostrano che agendo sui fattori di rischio e sui corretti stili di vita, si può ridurre l’incidenza delle patologie neurodegenerative. Un’analisi dell’ASST di Brescia, ad esempio, ha preso in analisi i dati dal 2003 al 2019, rilevando un aumento assoluto del numero dei casi (da 6.766 nel 2003 a 17.856 nel 2019) dovuto all’invecchiamento della popolazione, ma anche una riduzione dell’incidenza, passata da oltre 3 casi ogni mille abitanti nel 2011 a 2 ogni mille nell’ultimo anno considerato. “Con un miglior controllo dei fattori di rischio e degli stili di vita – ha spiegato Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica, Università degli Studi di Brescia e Presidente SIN – Società Italiana di Neurologia -, a parità di persone che si ammalano, c’è una riduzione dell’incidenza. Questo dato si riscontra in molti Paesi, e sottolinea l’importanza della prevenzione”. Delle 160mila persone con declino cognitivo lieve, secondo le stime, oltre 50mila risiedono in provincia di Milano, 19mila in provincia di Brescia, quasi 17mila a Bergamo. E poi: 14mila e 500 a Varese, 13.800 in provincia di Monza e Brianza, 9.600 a Como, 9.000 a Pavia, 6.600 a Mantova, 5.900 a Cremona, 5.500 a Lecco, poco più di 3000 in provincia di Sondrio. I soggetti over 65 con demenza, secondo le stime, sono così suddivisi nelle province lombarde: 18.381 a Bergamo, 22.044 a Brescia, 11.347 a Como, 7.118 a Cremona, 6.492 a Lecco, 3.855 a Lodi. E poi: 8.061 a Mantova, 62.242 a Milano, 16.078 Monza e Brianza, 11.115 a Pavia, 3.551 a Sondrio, 17.489 a Varese.  Questi numeri sono destinati ad aumentare considerando il progressivo invecchiamento della popolazione registrato negli ultimi anni, con crescente impatto della patologia sul sistema sanitario e sul carico socioassistenziale. 
ALPARONE: “RAFFORZARE LA RETE E PUNTARE SU TERAPIE INNOVATIVE”
 “Quella dell’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative”, ha detto Marco Alparone, Vice Presidente e Assessore al Bilancio e Finanza della Regione Lombardia, “è una sfida importante che dobbiamo vincere insieme. Una sfida a fare prima e a fare meglio, confrontandoci sui processi e sulla presa in carico della malattia”. In questo senso, “il tema della diagnosi precoce è assolutamente fondamentale per garantire qualità di vita ai nostri cittadini”. Riuscire a fare una presa in carico precoce del disturbo neurocognitivo e della malattia di Alzheimer vuol dire permettere ai pazienti e ai loro famigliari di condurre una vita più lunga, in salute”.  “Oggi – ha sottolineato Alparone – possiamo contare sull’innovazione tecnologica e sull’accesso a tutte quelle terapie farmacologiche innovative che ci permettono di ridurre il decorso della malattia attraverso la presa in carico territoriale”.  Alparone ha sottolineato la necessità di “lavorare in rete, partendo dall’ottimizzazione delle risorse disponibili, perchè la tenuta del Sistema sanitario nazionale sotto il profilo economico vuol dire anche avere una capacità di risposta rispetto ai bisogni dei pazienti”. In questo senso, “la prevenzione diventa fondamentale. Nel disturbo neurocognitivo intercettare la malattia il prima possibile vuole dire non soltanto mettere il paziente nelle migliori condizioni di vita”, ma anche offrire alla sua famiglia “il percorso migliore per poter affrontare il percorso di cura”. In questo, ha proseguito Alparone, “dobbiamo fare di più e fare meglio rafforzando l’attività territoriale”.  “Le attività da implementare – ha proseguito Alparone – sono tutte correlate: dalla presa in carico territoriale, all’accompagnamento del paziente e della famiglia, all’accesso alle terapie innovative e all’innovazione tecnologica”. “Questi sono i percorsi da costruire insieme, partendo anche dalla formazione e dall’informazione”. Coinvolgendo anche “tutte quelle associazioni di volontariato che si occupano di questi pazienti e possono fare un lavoro importante”. Oggi, pazienti e caregiver, possono avere “risposte molto positive grazie alle terapie farmacologiche nuove che, se prese precocemente, rallentano in maniera significativa la malattia, grazie all’innovazione tecnologica e grazie a quella rete fatta di persone, dai professionisti sanitari ai volontari, che possono prendere in carico queste famiglie accompagnandole in un percorso difficile che, se non viene fatto da soli, è sicuramente meno faticoso”. 
BERTOLASO: “AZIONI CONCRETE CON NUOVI FINANZIAMENTI”
 “Il positivo allungamento della vita – ha detto Guido Bertolaso, Assessore Sanità della Regione Lombardia – comporta anche alcune problematiche come la cronicità e la inevitabile degenerazione del nostro organismo. Ecco perché siamo molto impegnati sulla prevenzione, soprattutto per quello che riguarda nuove regole e nuovi approcci agli stili di vita”, fondamentali anche per le “patologie neurodenegerative di cui si parla oggi”.  Secondo Bertolaso, “devono essere sicuramente individuati nuovi percorsi, nuove procedure, nuovi sistemi anche per quello che riguarda l’accesso ai servizi di una platea di persone destinata ad aumentare in modo esponenziale. Dobbiamo quindi rivedere tutte quelle che sono le problematiche della presa in carico e dei nuovi metodi di approccio e di assistenza. Sono fermamente convinto – ha proseguito – che dobbiamo individuare tutte le modalità che possano consentire anche alle persone con gravi problemi di demenza senile o legate a una situazione degenerativa una modalità di assistenza e di aiuto adeguata”. Nel piano sociosanitario approvato dal consiglio regionale quest’anno, ha sostenuto l’assessore, “ci sono indicazioni molto precise sull’approccio che vogliamo conferire a queste patologie”. L’importante, ha sottolineato Bertolaso è “studiare” le questioni come quella delle malattie degenerative, “ma poi attuare e mettere in pratica le idee che emergono in convegni come questo”. “Noi – ha concluso Bertolaso – siamo pienamente consapevoli dell’importanza di questo problema che tenderà sempre più ad aumentare e complicarsi. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Come vedrete nelle regole che stiamo definendo per l’anno prossimo, intendiamo dare a questo settore, e al problema più ampio della salute mentale, una priorità assoluta, non solo come impegno politico, ma soprattutto come finanziamenti, per rendere davvero operative tutte quelle iniziative di cui si parla ma, sul territorio, vediamo ancora sporadiche. Quello che vogliamo fare è renderle omogenee, almeno nell’ambito della realtà straordinaria della nostra Regione”. 
PDTAR E TRAIETTORIE FUTURE TRA INTEGRAZIONE DEI SERVIZI E NUOVE TERAPIE
 “La Regione Lombardia – ha spiegato Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica, Università degli Studi di Brescia e Presidente SIN – ha sostenuto un numero importante di centri dedicati e promosso interventi sociosanitari con PDTA locali, come quelli di Milano, Brescia, Mantova, Cremona e Bergamo. Per lungo tempo, poi, c’è stata una realizzazione di reti che ha funzionato, con i Centri Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD) che, pur senza una definizione dei requisiti, hanno raggiunto un buon livello relativamente alla diagnostica e alla terapeutica”. Il Fondo nazionale demenze, “ha portato a scrivere un PDTAR che è stato deliberato dalla Regione a fine 2023 e permetterà, entro il 2026, di arrivare a una integrazione tra i CDCD e tutto il sistema delle cure primarie e intermedie. Questo farà sì che la Lombardia possa diventare una Regione di riferimento anche nella gestione dei pazienti con demenza”.  “Le traiettorie per il futuro – ha spiegato il professor Padovani – sono strettamente correlate alla messa a terra e alla implementazione di PDTA aziendali. Va poi realizzata l’integrazione dei CDCD all’interno di una filiera che sia funzionale alle attività previste per la continuità delle cure per la deospedalizzazione delle attività. Occorre inoltre valorizzare la telemedicina, un aspetto che va integrato sia nella realizzazione del DM77, sia nelle attività della rete dei CDCD che va costituita all’interno delle diverse realtà territoriali socio-sanitarie, realizzando un vero e proprio registro dei nuovi casi in modo da valutare eventuali interventi per terapie innovative, non farmacologiche e farmacologiche”. Terapie, ha concluso Padovani, “che stanno per arrivare. E mi aspetto che, entro la fine del 2025, vengano identificati alcuni centri in Lombardia per cominciare a testarne e monitorarne gli effetti”.
 “La Lombardia – ha detto il direttore scientifico di Motore Sanità, Claudio Zanon – è già un benchmark, e lo scopo dell’evento di oggi è quello di individuare punti di forza e criticità”. Tra le azioni intraprese, la creazione, a partire dal 2019 del “tavolo delle neuroscienze”, nel cui ambito è stato definito un tavolo dedicato a cefalee, Parkinson e demenze. Il tavolo tecnico delle demenze ha costituito il comitato per la definizione del PDTAR, tutt’ora attivo per portare a termine una serie di progettualità relative anche al fondo nazionale per le demenze. “I disturbi neurocognitivi – ha sottolineato Zanon – si configurano come una priorità di sanità pubblica che richiede l’implementazione di interventi diagnostici e terapeutici precoci con l’obiettivo di rallentare il decorso e prendere in carico tempestivamente. È fondamentale un approccio multidisciplinare e multiprofessionale trasversale nella gestione del paziente con disturbo cognitivo, valutando l’istituzione di un Tavolo permanente di confronto a livello regionale o un Intergruppo per monitorare l’implementazione del PDTAR e favorire una rete integrata”. Ufficio stampa Motore Sanità 
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 Stefano Tamagnone – 338 3703951 
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