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sabato 30 Novembre 2024
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In Africa opportunità per aziende anche grazie alle capacità del temporary management

(Adnkronos) – Si parla molto di Africa, di flussi migratori, implicazioni socio-demografiche e di ‘aiuti a casa loro’. Per molti paesi l’ottica reale è di business: a fine secolo la popolazione africana, sarà di 4 miliardi – circa il 40% di quella mondiale, molto giovane e con una dimensione media delle famiglie nelle città già oggi di 4-5 persone. A dare alcune indicazioni sulle prospettive del grande mercato africano, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Momar Tall – African partner di SMW – Senior Management Worldwide con focus sull’area Subsahariana e Tunisia e a Maurizio Quarta – Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors (che di SMW è stato uno dei fondatori 20 anni fa) di Secondo Tall e Quarta, “un primo fatto rilevante è la recente è entrata in vigore dell’AfCFTA (African Continental Free Trade Area), area africana di libero scambio, mercato unico con libera circolazione di merci e servizi, con più di 1,2 miliardi di consumatori e un Pil più di 2,5 trilioni di dollari. E’ un deep agrement, che regola anche altri settori dell’economia (es. concorrenza, investimenti, commercio elettronico). Il 2023 era stato dichiarato come anno di accelerazione dell’AfCFTA e ad oggi sono 47 gli stati partecipanti”. “A livello macroeconomico – osservano – sono i cinesi a farla da padrone, finanziando grandi opere infrastrutturali, e in forze sono presenti indiani, brasiliani e alcuni paesi arabi. La Russia nel 2019 ha varato l’International agency of sovereign development (Iasd), con il dichiarato obiettivo di aiutare le riforme economiche nei paesi che cerchino di svincolarsi dall’Occidente. L’Europa si muove a macchia di leopardo (UK e Francia, forti della presenza coloniale, il sistema imprenditoriale tedesco) senza una presenza unitaria e strategicamente coerente”. “Dal quadro macroeconomico – sottolineano – è possibile delineare una via microeconomicamente fattibile per creare opportunità per le imprese europee e italiane. In gran parte dei paesi africani l’economia è fortemente bipolare, con pochi grandi enti e gruppi da un lato e una miriade di pmi, che coprono il 70% dei posti di lavoro, dall’altro : in questo scenario si può pensare ad una cooperazione win win che nasca dalle pmi, con il supporto sinergico delle diverse istituzioni (esempio Ice, Sace). L’obiettivo è creare business tra pmi italiane ed africane, spesso costituite da giovani per combattere la disoccupazione, parte dei quali ha studiato in università occidentali”. “Italia ed Europa – spiegano Tall e Quarta – hanno una grande risorsa distintiva: le competenze manageriali per gestire le risorse finanziarie che confluiranno nei sistemi economici e produttivi africani. Affinché il sistema funzioni, è necessario che esse vengano canalizzate in maniera organica e strutturata attraverso un Piano Marshall delle competenze manageriali, come auspicato nel volume ‘Africa&Gulf – Atlante dei paesi in crescita nell’era del coronavirus’ a cura di Maurizio Guandalini”. “In questo quadro – precisano – si innesta il tema del temporary management (TM) e della sua capacità di far crescere persone e strutture ed essere facilitatore e acceleratore del processo di cambiamento. Non solo: in questi contesti il Tm è portatore di più generali competenze di governance, sapendo entrare in sintonia con la cultura imprenditoriale e con i suoi limiti”.  Secondo Tall e Quarta il temporary management è capace di apportare diversi effetti nell’azienda. 1) Visione strategica: sa operare sui mercati locali, capirne le dinamiche regionali, e padroneggiare tematiche settoriali. La visione strategica mira ad assicurare una crescita sostenibile dell’azienda attraverso la definizione di strategie mirate, l’identificazione di opportunità di crescita e l’anticipazione di possibili ostacoli. La visione comanda l’azione, allineando obiettivi di breve termine con un percorso coerente e orientato al futuro. 2) Partnership strategiche e rete di influenze: sa creare partnership strategiche, a livello locale e internazionale e reti di influenza, facilitando collaborazioni di successo per massimizzarne l’impatto nel mercato africano, aderendo a standard internazionali e adattandoli alle dinamiche locali. 3) Responsabilità sociale e ambientale: è capace di integrare pratiche di business socialmente e ambientalmente responsabili, promuovendo comportamenti etici e orientati allo sviluppo sostenibile, anche attraverso una positiva accettazione tra le comunità locali. 4) Innovazione e trasformazione digitale: Tm significa innovazione e trasformazione digitale come un unico motore per la crescita. Agendo come catalizzatore del cambiamento, sa integrare approcci innovativi e soluzioni digitali per promuovere l’efficienza operativa. Questa capacità di abbracciare l’innovazione contribuisce direttamente alla crescita e alla competitività del business in Africa, attraverso la creazione di una cultura dell’innovazione e dell’adattamento a rapidi cambiamenti tecnologici. 5) Gestione dei talenti e del cambiamento: la gestione efficace dei talenti si focalizza sullo sviluppo di competenze locali, trasferimento di competenze e creazione di team diversi, facilitando l’adattamento del team a nuove realtà, massimizzando la capacità operative e minimizzando la resistenza al cambiamento. 6) Reattività operativa, che significa interventi rapidi ed efficaci, per creare reattività operativa a cambiamenti inattesi. Significa gestione del cambiamento, minimizzando la resistenza nei team di lavoro; implementazione di soluzioni pratiche e concrete che assicurino una effettiva messa a terra delle strategie attraverso specifici progetti. Significa trasferimento di competenze e mentorship con i team locali, per un impatto duraturo al termine del progetto, attraverso una comunicazione trasparente e partecipativa, per rafforzare fiducia, confidenza e ingaggio delle persone. “Ci sono settori – ricordano – che più di altri potrebbero beneficiare di interventi di temporary management. Infrastrutture (porti, ferrovie, strade, centrali elettriche, ospedali e tlc): oltre la metà della recente crescita è legata a questi investimenti con uno sviluppo atteso per i prossimi 20-30 anni. Energia: troviamo oggi reti insufficienti e inaffidabili a fronte di consumi in continua crescita. Sono previsti progetti per infrastrutture di trasporto ed elettrificazione, espansione della capacità di generazione e delle reti di trasmissione. Grandi opportunità nelle rinnovabili (il più alto potenziale di energia solare al mondo), e negli investimenti in tecnologie verdi”. E ancora: “Medicale (forte carenza di operatori sanitari e infrastrutture inadeguate) e farmaceutico (esempio per progetti di produzione e logistica privata). Trasporti e logistica, favoriti dall’AfCFTA e dalla crescita del commercio con i partner stranieri. Turismo e hospitality – alcune zone saranno tra gli hotspot turistici in più rapida crescita al mondo. Ict legato alla trasformazione digitale di imprese e governi e investimenti diretti di aziende internazionali. Un caso Italia-Tunisia: il progetto Lab Innova che punta a individuare startup ad alto potenziale a cui offrire un soft landing in Italia, favorendo il rapporto con investitori, partner industriali e potenziali utilizzatori”. Secondo Quarta e Tall, un discorso a parte merita l’agroalimentare: “Un comparto in grande crescita da qui al 2030: l’Africa ha più del 60% della terra arabile non utilizzata nel mondo (solo il 25% coltivato), con un tasso di meccanizzazione molto basso e importazioni di prodotti agricoli che saliranno a breve a 100 miliardi di dollari. L’obiettivo è progettare una filiera agro-alimentare integrata dalla materia prima alla produzione di alimenti pronti al consumo. Il comparto dell’agri-business in senso lato (inclusi macchinari, reti logistiche, sistemi di irrigazione, fertilizzanti, ecc.), ben rappresenta l’ambivalenza che ancora caratterizza le pmi italiane nei confronti del continente africano”. “Da una parte – commentano – esistono grandi opportunità anche a breve : importazione di materie prime, affiancamento a produttori locali per incrementare la produttività delle colture, fornitura di impianti, macchine agricole o fertilizzanti. Dall’altra, un approccio ancora molto timoroso e legato ai rischi tradizionalmente associati all’Africa: corruzione in primis, elevata instabilità politica, difficoltà di trovare referenti in affidabili e duraturi. Con in più un problema strutturale: si tratta di pmi italiane che devono dialogare e lavorare con pmi africane, che condividono quindi alcuni limiti comuni (limitate risorse manageriali, per quantità e per qualità, limitate risorse finanziarie, difficoltà di interazione culturale)”. E’ quindi necessario che le pmi acquisiscano nuove competenze. “Lavorando sulle competenze manageriali – suggeriscono – è possibile non solo aiutare le imprese italiane a superare gli oggettivi rischi citati, ma anche creare un circolo virtuoso attraverso cui far crescere le pmi africane. Lo strumento del temporary management potrà essere declinato in differenti modalità, attraverso l’utilizzo di manager locali a supporto di aziende italiane che vogliano insediarsi in Africa, di manager europei per supportare aziende africane (grandi e pmi) nel paese di origine e di manager europei, anche su base fractional, per aziende africane che vogliano internazionalizzarsi”. In particolare sul primo punto, le pmi italiane potranno disporre di risorse senior di qualità per: pianificare e implementare piani di espansione (accordi, JV, start up); selezionare il partner locale più adeguato, inclusa la valutazione delle risorse umane; costruire il possibile accordo e interfacciare le parti fino alla sua chiusura. Rafforzando collateralmente le competenze di gestione locali”.  “I vantaggi per una pmi – elencano – sono la disponibilità di grandi esperienza e know how a costi variabili; velocità nella conclusione di un accordo; creazione di un’interfaccia positiva tra due culture; garanzia di un efficace e veloce adattamento a usi e regole locali. Inoltre, non è da trascurare l’impatto positivo che il temporary management può avere anche sulle oltre 350 grandi aziende con giro d’affari di oltre 1 miliardo di dollari, spesso in difficoltà ad operare con aziende occidentali, che tendono a vedere soprattutto grande complessità e corruzione. Inserire dei TMan in alcune funzioni chiave (esempio finanza, hr, international business) aiuta ad introdurre nuovi sistemi e modelli di gestione che potrebbero facilitare i rapporti con le aziende occidentali (esempio per creare JV locali)”.  “Possiamo dire – affermano Quarta e Tall – che il Piano Marshall auspicato nel citato volume di Guandalini si sia concretizzato nel recente Piano Mattei lanciato dal governo italiano, cui va il merito di porre un impegno ai massimi livelli, non più lasciato all’azione di singoli ministeri e in occasione di emergenze umanitarie. Il Piano Mattei mira a rafforzare la collaborazione tra Italia e paesi africani, prevedendo fondi per 5,5 miliardi di euro nel prossimo quadriennio, con l’obiettivo di stimolare ulteriori investimenti privati e istituzionali”.  “Il piano – ammettono – è in fase di sviluppo e molto articolato: in questa sede, evidenziamo un aspetto legato a finanziamenti e supporti all’internazionalizzazione delle pmi. Come emerso anche al recente congresso di IABW a Roma, sono tante le pmi italiane che guardano con interesse ai paesi africani, senza però sapere bene come muoversi in contesti dove il privato ha una presenza limitata. Senza entrare in eccessivi tecnicismi: uno strumento ‘abbinabile’ a quelli dell’export tradizionale sono i tender delle cosiddette banche multilaterali (es. World Bank) per realizzare i progetti dalle stesse finanziati. Possono partecipare aziende singole o raggruppate in Ati, con il beneficio di minimizzare il rischio paese complessivo (affidabilità dei pagamenti, trasparenza dei processi operativi). Il Piano ha tra i suoi obiettivi anche quello di facilitare l’accesso a questo tipo di gare”. In sintesi, secondo Tall e Quarta, “i temporary manager operano quasi come mediatori culturali, in grado di comprendere appieno la cultura del singolo paese, sapendosi relazionare con la popolazione locale, senza trasmettere l’immagine di nuovi colonialisti, e con il mondo delle istituzioni sia locali che internazionali”.  —lavoro/professionistiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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