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Livorno, proiettili contro manifestanti in Iran. Amnesty: “Stop export”

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LIVORNO – Il caso è clamoroso.

E vede nel mirino l’azienda di cartucce da caccia Cheddite con sede a Livorno.

Cartucce livornesi che secondo un’inchiesta della testata France 24 sarebbero state sparate contro i manifestanti dalla polizia morale iraniana per reprimere le proteste contro la morte di Masha Amini e il regime.

Sarebbero stati trovati bossoli in città iraniane.

Le cartucce livornesi sarebbero arrivate in Iran attraverso una ditta in Turchia.

Amnesty International Italia: “Riteniamo altamente problematico il fatto che sia stato concesso il permesso alla Cheddite S.r.l. di esportare ‘cartucce o polvere da sparo’ verso la Turchia, Paese che può averle vendute all’Iran. Tale genere di materiali, infatti, può essere utilizzato non solo per il munizionamento di tipo comune, sportivo o da caccia, ma anche per l’utilizzo da parte di corpi di sicurezza’.
Con Amnesty così hanno scritto le associazioni Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Italia-Birmania Insieme, Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) e Rete Italiana Pace e Disarmo, come si legge sul profilo social di Amnesty International Italia.
In risposta alla lettera di chiarimenti che il Ministro plenipotenziario Alberto Cutillo, Direttore Autorità nazionale – UAMA, ha inviato loro il 9 dicembre.
Sulla vicenda interrogazioni parlamentari dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini, Pd, e Nicola Fratoianni, Sinistra Italiana.
Ieri giovedì 14 dicembre davanti alla sede Cheddite di Livorno alla Valle Benedetta presidio di coordinamento livornese per il ritiro delle missioni militari con partecipazione di  Usb e Potere al Popolo, con Giuliano Granato e la consigliera comunale di Livorno Aurora Trotta.
Filctem Cgil provincia di Livorno chiede una commissione parlamentare: “È urgente che si faccia chiarezza sulla vicenda, non possiamo permetterci che sussistano ombre del genere su di un’azienda con sede nel nostro territorio. La drammatica repressione delle proteste di piazza da parte del regime iraniano è semplicemente inaccettabile e criminale. In linea con il documento approvato nel corso del congresso provinciale della Filctem-Cgil tenutosi nei giorni scorsi, chiediamo pertanto che si allestisca urgentemente una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sulla vicenda. È fondamentale capire se l’azienda con sede alla Valle Benedetta abbia davvero venduto proiettili al regime di Teheran”.
Il testo completo di quanto pubblicato sulla vicenda da Amnesty International Italia insieme alle altre associazioni in risposta alla lettera di chiarimenti che il Ministro plenipotenziario Alberto Cutillo, Direttore Autorità nazionale – UAMA, ha inviato loro il 9 dicembre.
“La lettera rispondeva a una richiesta di chiarimenti delle associazioni dopo che in novembre è emerso l’ennesimo coinvolgimento, seppur indiretto, della ditta italo francese Cheddite di Livorno le cui cartucce sono state ritrovate in Iran nei luoghi delle manifestazioni iniziate dopo la morte di Mahsa Amini“.
Amnesty International Italia e le altre associazioni, scrive Amnesty, “avevano già chiesto chiarimenti in merito alle attività della Cheddite nel 2021, quando era emerso l’utilizzo di cartucce col marchio dell’azienda in Myanmar e dopo che tale utilizzo era già stato segnalato precedentemente in Siria.
Nella sua lettera di chiarimenti UAMA, che sulla vicenda ha interpellato l’azienda, spiegava che solo i bossoli prodotti e marchiati Cheddite possono essere stati venduti ad aziende iraniane e da quest’ultime utilizzate per la produzione di cartucce complete, ma proprio per questo alla luce del comprovato uso non necessario e sproporzionato della forza si ritiene che nessuna licenza di esportazione dovrebbe essere concessa per ogni tipo di materiale che potrebbe esser utilizzato per la repressione interna o per comporre munizionamento destinato a Paesi terzi”.
Quindi: “Risulta infine difficile avvalorare la tesi portata avanti dalla Cheddite S.r.l. riguardo alla sua estraneità a qualunque fornitura, diretta o indiretta, all’Iran, alla luce dell’attuale quadro normativo nazionale che non annovera i bossoli tra i materiali soggetti a vincolo in export. Siamo di fronte  a un grave vulnus normativo che permette ad un’azienda nazionale di esportare parti essenziali di una munizione a Paesi vietati e regimi repressivi”.
Le associazioni “ribadiscono pertanto l’urgenza per le autorità italiane di contrastare immediatamente ogni possibile forma di esportazione di armamenti utilizzati per reprimere illegalmente il dissenso in Paesi terzi, che vi sia un’integrazione in sede di Regolamento di attuazione, al fine di evitare che episodi gravissimi, come quelli riguardanti l’impresa Cheddite, possano ripetersi e un monitoraggio più stringente sull’attuazione del blocco delle esportazioni di armamenti e munizioni previste dalla legislazione italiana e dalle misure restrittive europee”.

 

 

 

 

© Riproduzione riservata

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