(Adnkronos) – Nuovi dati sostengono il ruolo della triplice terapia B/F/Taf (bictegravir 50 mg/emtricitabina 200 mg/tenofovir alafenamide 25 mg compresse) nel trattamento di Hiv e comorbidità. Sono i risultati di 3 studi che valutano il profilo di efficacia e sicurezza di B/F/Taf nelle persone con Hiv, comprese quelle con coinfezione da Hiv/epatite B (Hbv) e coinfezione da Hiv/tubercolosi (Tbc), presentati alla 31esima Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (Croi) che si è svolta in questi giorni a Denver (Usa). Nelle persone con Hiv e coinfezione da Hbv – si legge in una nota diffusa da Gilead – lo studio di fase 3 Alliance, ancora in corso, che confronta due diversi regimi antiretrovirali di terapia (B/F/Taf e Dtg+F/Tdf ossia dolutegravir 50 mg + emtricitabina 200 mg/tenofovir disoproxil fumarato 300 mg), dimostra che, a 96 settimane di trattamento, entrambi sono efficaci. Tuttavia, quelli trattati con B/F/Taf hanno mostrato livelli numericamente più elevati di soppressione virale dell’Hbv e di sieroconversione. Ulteriori risultati dello studio hanno mostrato che i dati di sicurezza erano simili tra i bracci. Inoltre, una nuova analisi esplorativa presentata alla Croi, che ha indagato ulteriormente i fattori associati alla risposta al trattamento dell’Hbv osservati con B/F/Taf rispetto a Dtg+F/Tdf, suggerisce che nelle persone con coinfezione la risposta alla terapia basata su Taf rispetto a quella basata su Tdf potrebbe essere maggiore per alcuni sottogruppi, motivando così la continuazione degli studi in questa popolazione. L’uso di B/F/Taf in soggetti con Hiv/Hbv è sperimentale e la sicurezza e l’efficacia di questo uso non sono state stabilite. Riguardo alla coinfezione Hiv/tubercolosi, sebbene siano stati compiuti progressi significativi nella diagnosi precoce e nel trattamento della Tbc associata all’Hiv – prosegue la nota – esistono ancora sfide terapeutiche significative per l’interazione tra antiretrovirali e farmaci per la tubercolosi (rifampicina), principalmente durante il metabolismo dei farmaci. In questo caso, le principali linee guida per il trattamento dell’Hiv raccomandano l’impiego degli inibitori dell’attività di strand transfer dell’integrasi (Insti). A tale proposito, lo studio Insight, di fase 2b, ancora in corso, condotto in aperto in collaborazione con diverse organizzazioni, tra cui il Centre for the Aids Programme of Research in South Africa (Carpisa), studia l’efficacia, la sicurezza e la farmacocinetica di B/F/Taf e dolutegravir 50mg + lamivudina 300mg/tenofovir disoproxil fumarato 300 mg (Tld) in adulti che iniziano il trattamento per la coinfezione da Hiv/Tbc e che hanno ricevuto un regime terapeutico a base di rifampicina per almeno 8 settimane. I risultati preliminari a 24 settimane mostrano che il 97% dei partecipanti trattati con B/F/Taf ha raggiunto la soppressione virale, così come il 97% dei partecipanti trattati con il regime basato su Dtg. Nessuno degli eventi avversi gravi, comuni in questa popolazione con malattia da Hiv in stadio avanzato e tubercolosi, è stato correlato al farmaco in studio. Insight proseguirà fino alla settimana 48 per determinare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine. La somministrazione concomitante di B/F/Taf con rifampicina – si ricorda – è stata controindicata dalla Fda statunitense e tale regime terapeutico, in soggetti con coinfezione da Hiv/Tbc, è sperimentale. “In Sud Africa c’è la più grande epidemia di Hiv al mondo, con più di 7 milioni di persone affette” dal virus dell’Aids. “Oltre la metà ha una coinfezione latente da tubercolosi – spiega Anushka Naidoo, Carpisa e principal investigator dello studio Insignt – La disponibilità di opzioni terapeutiche antiretrovirali, incluse opzioni all’interno delle singole classi di antiretrovirali, è importante in particolare in ambienti ad alto carico di Hiv/Tbc. I risultati chiave di questo importante studio presentato al Croi supportano la continua valutazione di B/F/Taf in persone con Hiv e Tbc come trattamento potenziale per colmare un divario critico per le persone e le comunità che sopportano il peso sproporzionato della co-infezione”. Sulla questione della resistenza ai farmaci, che si verificano a causa di cambiamenti genetici casuali dell’Hiv, noti come mutazioni di resistenza, sono stati esaminati modelli genetici dell’Hiv (genotipi dell’Hiv) per comprendere quanto a lungo le mutazioni di resistenza rimangono nell’organismo. I ricercatori hanno esaminato i dati, nel corso del tempo, in una coorte di 242 persone che avevano preso parte a 3 studi clinici in cui era stato fatto lo switch al trattamento B/F/Taf dopo aver raggiunto la soppressione virale per almeno 3 mesi mentre assumevano il precedente regime antiretrovirale. I risultati mostrano che le mutazioni di resistenza ai farmaci possono manifestarsi e persistere nonostante la soppressione virale, rappresentando un rischio di trasmissione di virus resistenti ai farmaci in caso di fallimento virologico, interruzione del trattamento o mancata aderenza. Questo dato suggerisce agli operatori sanitari di fare una attenta anamnesi del precedente stato di mutazione di resistenza ai farmaci, che potrebbe ripresentarsi. Ulteriori studi di ricerca che valutano B/F/Taf presentati alla conferenza Croi 2024 esplorano i dati di sicurezza ed efficacia nelle popolazioni più anziane, nonché gli effetti del trattamento sui biomarcatori di attivazione immunitaria e il cambiamento di peso nelle persone con Hiv virologicamente soppresse. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Hiv: studi, triplice terapia efficace in persone con Hiv ed epatite B o Tbc
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