(Adnkronos) – L’esposizione intenzionale e imprudente alle radiazioni solari o alle fonti artificiali di radiazioni Uv per abbronzarsi “è un comportamento malsano e dovrebbe essere evitato. È il ‘driver’ principale dell’insorgenza dei tumori della pelle”. Sono le conclusioni delle raccomandazione stilate da esperti provenienti da 5 continenti e da società scientifiche internazionali e pubblicate sull’’European Journal of Cancer’. È La prima consensus mondiale di esperti sulla prevenzione dei tumori della pelle e sulla corretta fotoprotezione basata su evidenze scientifiche. Secondo la Sidemast, la Società italiana di Dermatologia e Malattie sessualmente trasmesse: “Un’adeguata fotoprotezione deve includere la riduzione della fotoesposizione intenzionale modificando le abitudini di vita in riferimento all’andare al mare ed alla ricerca dell’abbronzatura” Nelle popolazioni con la pelle chiara, “si stima che fino al 95% dei tumori cheratinocitari maligni, quali il carcinoma basocellulare e squamocellulare, e il 70-95% dei melanomi siano causati dalle radiazioni Uv – ricorda la società scientifica dei dermatologi – Pertanto, una percentuale significativa di tumori della pelle può essere prevenuta riducendo le radiazioni Uv inutili ed eccessive attraverso un’efficace fotoprotezione”. Ma resistere alla ‘tintarella’ è difficile e per chi lavora all’aperto è inevitabile sottrarsi ai raggi solari. E allora la parola d’ordine è: “proteggersi con un’adeguata fotoprotezione. Quindi, utilizzare indumenti, cappello a tesa larga e occhiali da sole, applicare senza lesinare una protezione solare con fattore ’30-50 +’ ed etichetta Uva su tutte le aree cutanee che non possono essere protette dagli indumenti – sottolinea la Sidemast – Ultimo ma non ultimo, rinunciare all’utilizzo dei lettini solari. Queste le raccomandazioni pratiche e concise basate sulle evidenze scientifiche per la prevenzione dei tumori della pelle e sulla corretta fotoprotezione arrivate da esperti internazionali provenienti da 5 continenti – Africa, America, Asia, Australia ed Europa – e dalle società scientifiche European Association of Dermato Oncology, Euromelanoma, Euroskin, European Union of Medical Specialists e Melanoma World Society, recentemente pubblicate sull’’European Journal of Cancer’. La ‘consensus internazionale’ di esperti ha visto come coautrici le professoresse Maria Concetta Fargnoli, vice presidente Sidemast e professore ordinario di Dermatologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila e Ketty Peris, past president Sidemast e professore ordinario di Dermatologia presso l’Università Cattolica di Roma. Tra gli italiani anche la professoressa Caterina Longo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il professore Giovanni Pellicani dell’Università Sapienza di Roma e Iris Zalaudek dell’Università di Trieste. E il tema della prevenzione sarà al centro del 98esimo congresso Nazionale Sidemast che si terrà a Giardini di Naxos (Me) dal 28 al 31 maggio, presieduto dai professori Giuseppe Micali (Catania) e Luca Stingeni (Perugia). “La maggioranza della popolazione europea va in vacanza al sole, spesso più volte all’anno – evidenzia la Maria Concetta Fargnoli – questo comportamento è profondamente radicato, sarà difficile da modificare e tale cambiamento potrà richiedere decenni. Dobbiamo quindi iniziare con messaggi chiari e inequivocabili, sicuramente radicali, ma che andrebbero inclusi nell’attività educazionale per il paziente. Si guadagnerebbe inoltre molto tempo se almeno i dermatologi parlassero la stessa lingua”. L’aumento dell’incidenza del melanoma può essere evidenziato analizzando l’andamento nel lungo termine. “Ad esempio, nel 1950 il Registro dei tumori danese ha documentato un caso di melanoma ogni 100mila abitanti, passando a tre casi ogni 100mila nel 1970, quindi a dieci casi nel 1990, 25 casi nel 1990 e 50-70 casi previsti per il 2036. L’aumento di 50 volte in meno di 90 anni è unico tra tutti i tumori e l’andamento dell’incidenza dei tumori cheratinocitari è molto simile”, ricorda la Sidemast. Gli individui di pelle chiara, in particolare i bambini, dovrebbero quindi ridurre al minimo la loro esposizione alle radiazioni Uv, adottando misure di protezione solare quando si prevede che l’indice Uv, che quantifica l’intensità della radiazione Uv solare sulla superficie terrestre, raggiunge il valore di 3 o superiore. “Un’adeguata fotoprotezione – spiega la Professoressa Ketty Peris – deriva dalla combinazione di più misure quali cercare l’ombra, l’utilizzo di indumenti, cappelli e occhiali e l’applicazione di schermi solari sulle zone scoperte. Tuttavia, nella pratica clinica, le persone tendono a sovrastimare la protezione fornita dagli schermi solari, con una falsa sensazione di rassicurazione quando vanno al mare e si espongono al sole. Questo potrebbe favorire un comportamento a rischio per l’insorgenza dei tumori della pelle”. Strategiche quindi le proprietà protettive di abiti, cappelli e occhiali da sole. Studi epidemiologici hanno ripetutamente riscontrato una riduzione del rischio di scottature solari, di sviluppo di nevi nei bambini e di melanoma proprio grazie alla protezione solare offerta dagli abiti rispetto alle creme solari. “Le proprietà protettive degli indumenti – spiegano i dermatologi – variano in base al tipo di fibra (poliestere, nylon > lana, seta > cotone), alla densità della trama, al colore (i coloranti contribuiscono a bloccare i raggi Uv), al design (ad esempio, maniche lunghe, colletto) e all’incorporazione di molecole che assorbono i raggi Uv. Gli indumenti con un elevato fattore di protezione Uv sono inoltre particolarmente utili in condizioni di elevata esposizione ai raggi Uv, come gli sport all’aperto e gli sport acquatici. I cappelli dovrebbero avere tese larghe per proteggere il cuoio capelluto, il viso, il collo e le orecchie”. “Un’adeguata fotoprotezione – aggiunge la Sidemast – dovrebbe perciò includere la riduzione della fotoesposizione intenzionale modificando le abitudini di vita in riferimento all’andare al mare ed alla ricerca dell’abbronzatura: “Questo consentirebbe di continuare a svolgere le nostre attività professionali o di svago esponendoci al sole in sicurezza e senza danni”. La protezione dai raggi Uv ha inoltre un ritorno positivo in termini di investimento “perché consente di ridurre l’incidenza della malattia e quindi il suo peso economico. Dai dati dell’Oms un tumore su 3 è un tumore della pelle. La riduzione dell’esposizione ai raggi UV rappresenta quindi una strategia cruciale per controllare la recente epidemia di tumori cutanei”, proseguono i dermatologi. “I politici dovrebbero comunicare al pubblico messaggi forti sulla protezione dai raggi Uv e scoraggiare l’uso di fonti di radiazioni UV artificiali commerciali, attraverso una regolamentazione rigorosa o preferibilmente un divieto. Dovrebbero garantire la comunicazione e l’educazione della popolazione sull’indice UV giornaliero, ad esempio con i bollettini meteorologici, e creare strutture con ombra all’aperto nelle scuole e nelle aree ricreative”, suggerisce infine Fargnoli, vice presidente Sidemast. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Passione tintarella? Dermatologi, ‘meglio di no, driver principale tumori pelle’
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