(Adnkronos) – La crisi degli habitat non riguarda solo le foreste remote, ma si ritrova drammaticamente anche nei centri urbani italiani. In occasione della Giornata Mondiale dell’Habitat, la nature tech company 3Bee e la sua divisione di AI & IoT Nature Intelligence, XNatura, hanno presentato i risultati di un’analisi sul patrimonio verde delle principali città, con dati che lanciano un chiaro campanello d’allarme. In testa alla classifica negativa si posiziona Milano, la cui situazione è stata definita un “deserto urbano”: la città dispone di appena 25 metri quadri di verde (pubblico e privato) per cittadino – meno dello spazio occupato da tre posti auto – e si stima che abbia solo 1,28 piante per abitante. Seguono con dati critici anche Napoli (circa 37 m² e 1,82 piante), Torino (circa 46 m² e 2,32 piante) e Bari (circa 60 m² e 3,54 piante). Questi dati, raccolti attraverso l’uso di analisi satellitari, database pubblici e sensori in campo, costituiscono una base scientifica fondamentale per orientare la pianificazione urbana e definire strategie di adattamento climatico. La precisione dell’analisi è garantita da un approccio tecnologico avanzato. Simone Mazzola, CGO di 3Bee e XNatura, ha spiegato il metodo: “La nostra piattaforma di monitoraggio ambientale combina analisi satellitari, database pubblici, dati raccolti in campo da sensori e analisi di laboratorio con algoritmi di intelligenza artificiale per fornire dati accurati e aggiornati sulla natura e sulla biodiversità. Queste tecnologie ci permettono di processare grandi quantità di dati, rendendo possibile un monitoraggio costante e oggettivo degli impatti delle attività su natura, clima e biodiversità”. La ricerca sottolinea come il monitoraggio oggettivo sia cruciale per valutare i servizi ecosistemici offerti dal verde e per supportare le amministrazioni nell’identificazione delle aree prioritarie di rigenerazione. Di fronte alla crescente crisi degli habitat, i Crediti di Biodiversità emergono come lo strumento rivoluzionario per invertire la rotta. Si tratta di una certificazione che attesta e quantifica in modo rigoroso il miglioramento della biodiversità in una specifica area. Ogni credito rappresenta l’equivalente di 1.000 metri quadrati di habitat rigenerati e monitorati per un anno, con la tracciabilità dei risultati al centro del processo. Un passo cruciale verso la standardizzazione è stato compiuto il 23 settembre 2025 con la pubblicazione ufficiale dello standard UNI/PdR 179, una norma volontaria che ambisce a regolamentare la generazione di tali crediti a livello potenzialmente internazionale, prassi alla cui scrittura 3Bee ha partecipato attivamente.
Niccolò Calandri, CEO di 3Bee e XNatura, ha evidenziato il potenziale trasformativo di questo meccanismo: “Questo rappresenta un passo importante verso un’economia che riconosce e valorizza i servizi ecosistemici: fornisce uno strumento concreto per chi vuole essere parte della soluzione. Permette di trasformare la biodiversità da costo a opportunità, da vincolo a valore e lo fa in modo rigoroso, scientifico, verificabile.” La mobilitazione di capitali privati è vitale: si stima che oltre la metà del PIL globale dipenda dalla natura, ma i finanziamenti pubblici da soli non sono sufficienti, richiedendo nell’Unione Europea circa 65 miliardi di euro all’anno per la protezione della biodiversità. I Crediti di Biodiversità permettono di intercettare fondi, principalmente dalle aziende, per investire concretamente nella rigenerazione dei territori. L’obiettivo di XNatura è proprio quello di supportare municipalità e imprese nel monitoraggio e nella gestione degli impatti su natura e clima. —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Crediti di Biodiversità: la risposta al “deserto urbano” delle città italiane
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