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Piracy Shield: cos’è e come funziona il sistema che ha bloccato Google Drive

(Adnkronos) – Piracy Shield è un sistema tecnologico avanzato sviluppato per contrastare la diffusione di contenuti protetti da copyright attraverso piattaforme di streaming e condivisione di file. Ideato per bloccare in tempo reale l’accesso a siti e servizi che offrono illegalmente film, serie TV, eventi sportivi e altri contenuti protetti, Piracy Shield agisce come un filtro a livello di rete, impedendo agli utenti di raggiungere tali risorse non autorizzate. Il funzionamento di Piracy Shield si basa su un meccanismo di blocco DNS (Domain Name System), attivato su indicazione delle autorità competenti, come l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) in Italia. Quando viene identificato un sito o un servizio che distribuisce contenuti in violazione del copyright, le autorità possono ordinare ai provider di servizi internet (ISP) di bloccare l’accesso a tali domini attraverso Piracy Shield. Il sistema opera in tempo reale, garantendo un intervento immediato nel momento in cui viene rilevata una violazione. Questo approccio dinamico mira a rendere inefficaci le pratiche dei cosiddetti “pezzotti”, dispositivi o applicazioni che consentono l’accesso illegale a contenuti a pagamento. In una recente intervista Massimiliano Capitanio, Commissario Agcom aveva affermato che”La pirateria non è un fenomeno da Robin Hood, è un affare gestito dalla criminalità organizzata che sottrae al Paese circa 2 miliardi di euro ogni anno e fa perdere decine di migliaia di posti di lavoro. Dalla fruizione di contenuti pirata hanno origine anche i furti di dati personali che la malavita utilizza poi per fare truffe, per accedere ai conti correnti, per entrare nella domotica delle case, come hanno detto ufficialmente in più occasioni forze dell’ordine come la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato. Agcom ha iniziato a contrastare la pirateria circa 10 anni fa e ricordiamo che per circa 25 anni l’Italia era in una sorta di blacklist dei paesi che non adottavano degli strumenti idonei a contrastare il fenomeno della pirateria. Tra il 2013 e il 2014, è partito il primo regolamento che ha consentito di oscurare in 10 anni circa 4 mila indirizzi internet e quindi siti, portali che distribuivano contenuti pirata. La modalità era quella consentita dalla normativa di allora, ovvero l’adozione di procedimenti cautelari che potevano arrivare all’ordine di disabilitazione intorno ai 3-5 giorni. La novità fondamentale di Piracy Shield è sì la piattaforma, ma è il complesso, il combinato disposto tra la legge approvata in Parlamento a luglio del 2023 e il regolamento di Agcom. Grazie alle cosiddette ingiunzioni dinamiche, che sono la vera novità normativa che ha posto l’Italia all’avanguardia nel mondo con questa best practice, è possibile disabilitare i portali entro 30 minuti. In questi primi mesi di sperimentazione del Piracy Shield alcuni procedimenti sono andati a segno nell’arco di 5-10 minuti. Nei primi 6 mesi di sperimentazione della piattaforma sono stati disabilitati qualcosa come 23 mila indirizzi tra IP e FQDN, 23 mila contro i circa 4 mila che erano stati disabilitati nei 10 anni precedenti.” Recentemente, l’attivazione di Piracy Shield ha portato al blocco temporaneo di Google Drive, uno dei servizi di cloud storage più utilizzati al mondo. La misura è stata adottata perché alcuni utenti sfruttavano la piattaforma per condividere illegalmente contenuti protetti da copyright. Tuttavia, il blocco ha coinvolto l’intero dominio di Google Drive, causando disservizi anche agli utenti che utilizzavano il servizio in modo legittimo. Questo evento ha sollevato importanti questioni riguardo all’efficacia e all’impatto di Piracy Shield, evidenziando la necessità di bilanciare la lotta contro la pirateria con il rispetto dei diritti degli utenti e delle piattaforme legali. L’AGCOM e altre autorità competenti sono impegnate a trovare soluzioni efficaci per combattere la pirateria senza danneggiare gli utenti legittimi. Questo implica una collaborazione più stretta con le piattaforme online per identificare e rimuovere i contenuti illegali alla fonte, anziché applicare blocchi generalizzati. Le aziende come Google stanno lavorando per migliorare i propri sistemi di controllo e moderazione dei contenuti, al fine di prevenire l’uso improprio delle loro piattaforme e garantire il rispetto delle leggi sul copyright. Crediti immagine DALL-E —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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