(Adnkronos) – Inizia il Conclave 2025 e pochi porporati possono vantare un bagaglio di esperienze così ampio come quello del cardinale Malcolm Ranjith: una figura di riferimento per quanti desiderano che il nuovo Papa sia affidabile, tradizionalista e radicato nella dottrina. Più affine a Benedetto XVI che a Francesco, ma proveniente dal sud del mondo, in particolare dall’Asia, dove la Chiesa sta vivendo una significativa crescita, è uno dei cardinali considerati ‘papabili’. Il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, 77 anni, noto semplicemente come Malcolm Ranjith, è originario di Polgahawela, un centro situato a circa ottanta chilometri a nord-est della capitale dello Sri Lanka, Colombo. Primogenito di quattro figli, è cresciuto in una famiglia profondamente religiosa. Il padre, capostazione, era spesso assente per motivi di lavoro, mentre la madre, da lui stesso definita la “grande influenza” della sua vita, ebbe un ruolo decisivo nella sua formazione. Il giovane Ranjith si è formato in una comunità cattolica fortemente radicata, fiera delle proprie tradizioni, delle celebrazioni religiose e profondamente legata alla Chiesa e ai sacerdoti. Educato dai Fratelli delle Scuole Cristiane (lasalliani), a diciotto anni entrò nel Seminario di San Luigi a Borella, spinto anche dalla testimonianza ispiratrice di un missionario francese. Dopo un anno, proseguì gli studi di filosofia e teologia al seminario nazionale di Kandy. L’arcivescovo Thomas Cooray lo inviò successivamente a Roma, dove si laureò in teologia presso la Pontificia Università Urbaniana. Fu ordinato sacerdote da Papa Paolo VI nel 1975, durante una celebrazione in Piazza San Pietro. Tra il 1975 e il 1978, proseguì la sua formazione presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove conseguì la licenza in Sacra Scrittura. Durante questo periodo studiò con figure del calibro di Carlo Maria Martini e Albert Vanhoye, futuri cardinali, e frequentò anche l’Università Ebraica di Gerusalemme. Tornato in patria, si immerse nella pastorale a Pamunugama, un villaggio di pescatori poveri privo di servizi essenziali come elettricità, acqua potabile e abitazioni dignitose. Fu un’esperienza che lo segnò profondamente, radicando il suo ministero nella concretezza della vita quotidiana. Nel 1991 fu nominato vescovo ausiliare di Colombo, scegliendo come motto episcopale ‘Verbum Caro Factum Est’, riflesso della sua convinzione che la vocazione sacerdotale debba incarnare l’amore divino. Quattro anni più tardi, Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Ratnapura. Nel 2001 tornò a Roma come segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide) e presidente delle Pontificie Opere Missionarie. Nonostante non avesse una formazione diplomatica formale, nel 2004 fu nominato nunzio apostolico in Indonesia e Timor Est, ricevendo contestualmente il titolo di arcivescovo. Nel dicembre 2005, Papa Benedetto XVI lo designò segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, incarico in cui si adoperò per una liturgia più aderente alla Sacrosanctum Concilium, la Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II. Nel 2009 Benedetto lo richiamò a Colombo come arcivescovo e l’anno successivo lo creò cardinale. Sempre nel 2010 fu eletto presidente della Conferenza episcopale dello Sri Lanka. Attualmente è ancora membro della Congregazione per il Culto Divino e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Parla fluentemente dieci lingue: italiano, tedesco, francese, ebraico, greco, latino, spagnolo, inglese, singalese e tamil. Nato il 15 novembre 1947, ha superato l’età canonica per la guida di un’arcidiocesi, ma gode ancora di buona salute, fatta eccezione per un intervento al ginocchio e un episodio di Covid nel 2022. Il cardinale Ranjith si distingue per un profilo complesso: è un conservatore dai tratti poliedrici, poliglotta, con una visione pastorale profonda e una solida esperienza nel governo della Chiesa. Dopo aver condiviso la vita dei poveri come giovane parroco, ha guidato con efficacia diverse diocesi, rappresentato il papa in un paese a maggioranza musulmana, supervisionato la disciplina liturgica a livello globale, e governato una grande arcidiocesi in anni difficili. Ha insegnato Sacra Scrittura e catechesi, fondato istituzioni e commissioni, e contribuito a rinvigorire realtà ecclesiali locali. Tra i frutti del suo lavoro si annoverano un incremento delle vocazioni sacerdotali nella sua diocesi, l’educazione religiosa di numerosi bambini — per cui è affettuosamente chiamato “il Vescovo dei bambini” — e una rinnovata attenzione alla liturgia in tutto il Paese, grazie anche al recupero di pratiche tradizionali. Poiché lo Sri Lanka ha una società culturalmente conservatrice, le questioni come il “matrimonio” omosessuale, l’eutanasia o i temi della bioetica non sono centrali nel dibattito pubblico, ma Ranjith mantiene su di essi una posizione ferma, in linea con l’insegnamento della Chiesa, ribadendo la difesa della vita e opponendosi alla colonizzazione ideologica. Formatosi nella fedeltà al papa e alla gerarchia ecclesiastica, Ranjith ha intrattenuto un rapporto franco e sereno con Papa Francesco, condividendo la sua sollecitudine per i poveri. Tuttavia, non ha esitato a prendere le distanze da alcune posizioni: ad esempio, è favorevole alla pena di morte in casi estremi, sostiene un capitalismo etico e rigetta il socialismo. Ritiene che il Novus Ordo debba essere celebrato con solennità, ma ha promosso una maggiore diffusione della Messa tradizionale in latino. È stato sostenitore della cosiddetta “riforma della riforma”, auspicando un ritorno alla genuina liturgia della Chiesa. Nel 2024, ha vietato la partecipazione delle ragazze al servizio liturgico all’altare nelle parrocchie della sua arcidiocesi. Ranjith si considera, comunque, un sostenitore delle riforme del Concilio Vaticano II, vedendo nella Chiesa post-conciliare un’evoluzione necessaria, seppur imperfetta, in dialogo col mondo. La sua interpretazione della libertà religiosa è marcatamente post-conciliare: approva la costituzione dello Sri Lanka che attribuisce un ruolo privilegiato al buddismo, ritenendola un argine efficace alla secolarizzazione crescente. Figura di spicco della Chiesa srilankese, Ranjith è considerato un uomo di grande acume politico, ben connesso a livello istituzionale, ma anche un critico severo dell’operato governativo, specialmente in tema di giustizia. Dopo gli attacchi terroristici del 2019, è stato tra le voci più forti nel chiedere chiarezza e responsabilità. È noto per il suo stile diretto, talvolta impulsivo, ma anche per l’integrità e la determinazione nel contrastare la corruzione. In linea con Papa Francesco, ha mostrato grande attenzione per le tematiche ambientali. Pochi porporati possono vantare un bagaglio di esperienze così ampio come quello di Ranjith, che lo rende una figura di riferimento per quanti desiderano un papa affidabile, tradizionalista e radicato nella dottrina, più affine a Benedetto XVI che a Francesco, ma proveniente dal sud del mondo, in particolare dall’Asia, dove la Chiesa sta vivendo una significativa crescita. (di Paolo Martini) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Elezione nuovo Papa, via al Conclave: chi è il cardinale Malcolm Ranjith
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