(Adnkronos) – Come e quando reagiranno i mercati alle elezioni francesi? E’ una domanda che scatta quasi come un riflesso incondizionato a ogni passaggio politico rilevante, con una serie di previsioni da parte degli analisti e degli esperti di settore pronti a scommettere su un crollo o un’impennata in base al risultato emerso dalle urne. Non sempre l’effetto previsto però è quello che si verifica. E spesso la variazione dei corsi azionari viene letta in maniera strumentale. Sono tre in realtà le ragioni principali che in linea di massima spostano la valutazione dei mercati: incertezza, fiducia, speculazione. Diventano tre parole chiave anche per leggere quello che sta avvenendo in queste ore nelle principali piazze finanziarie europee dopo il secondo turno delle elezioni in Francia. Partendo da una panoramiche che, per ora, indica una reazione molto composta in tutta Europa (a metà giornata, Milano +0,8%, Francoforte +0,6%, Parigi +0,5%, Londra +0,3% e Madrid +0,2%). Cosa dicono questi numeri? Che la mancata vittoria del Rassemblement National è una notizia rassicurante? Che la vittoria del Front Populaire non è sufficientemente larga da preoccupare? Oppure, più in generale, che i mercati in questa fase hanno gli anticorpi per gestire l’emotività di un risultato elettorale? Forse tutte o solo alcune di queste motivazioni sono valide. E per questo, guardando più avanti, si torna alle tre parole chiave, che sono peraltro strettamente legate tra loro. L’incertezza resta la principale causa delle fibrillazioni dei mercati. E se lo scenario appena delineato dalle elezioni in Francia dovesse portare a una fase prolungata di instabilità politica, o di tensione sociale, l’andamento delle Borse potrebbe presto cambiare verso in negativo. La fiducia è l’elemento chiave per guidare gli investitori. E la fiducia si garantisce con la governabilità e con un quadro politico che non sia troppo a lungo dominato da fattori poco controllabili. Come possono essere, nella lettura di chi deve scommettere il proprio denaro, le affermazioni di forze estreme e considerate per questo ‘anti sistema’. Le valutazioni appena espresse dal ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, sono in questo senso eloquenti. La nuova situazione politica che nasce dallo scioglimento dell’Assemblée Nationale “presenta tre rischi principali. Sta a noi respingerli. Il rischio più immediato è una crisi finanziaria e il declino economico della Francia. L’applicazione del programma di rottura del Nuovo Fronte Popolare distruggerebbe i risultati della politica che abbiamo portato avanti per sette anni e che ha dato alla Francia lavoro, attrattività e fabbriche. Questo progetto ha un costo esorbitante, è inefficace e datato. La sua legittimità è debole e circostanziata. Non deve essere applicato”. Stesso ragionamento vale però anche, al contrario, per quello che viene considerato nelle sale operative uno scampato pericolo: un’affermazione del Rassemblement National avrebbe innescato una preoccupazione analoga. Resta la terza parola chiave, speculazione. E’ stata la protagonista indiscussa delle ultime violente crisi finanziarie, quella innescata dai mutui subprime del 2007-2009 e quella del debito sovrano italiano 2011-2012. Si innesca quando l’incertezza e la mancanza di fiducia offrono l’opportunità di scommettere sulla debolezza di un comparto, o di un Paese. E’ il passaggio che chiude il cerchio e che rappresenta il rischio più alto, per la Francia e anche per l’Italia che continua ad avere un debito troppo alto, nel caso in cui le cose si dovessero mettere male. (Di Fabio Insenga) —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Elezioni in Francia, parola ai mercati: come e quando si muovono
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