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Quando Milano era Giamaica, Antonello Venditti e l’incontro con Bob Marley: il mistero di Piero e Cinzia

(Adnkronos) – “E sì che Milano quel giorno era Giamaica”. E’ il 27 giugno del 1980, quasi in 100 mila allo stadio di San Siro: aspettano Bob Marley. Il concerto, racconta chi c’era, fine degli anni ’70: l’era dell’impegno che termina, l’inizio del “riflusso” nel privato che inizia; l’essere che lascia spazio all’apparire e di lì a poco: gli yuppies con l’orologio sul polsino, Craxi in politica e i miti della finanza con il trionfo dell’estetica milanese: addio ai collettivi, alle grandi lotte sindacali (la marcia dei 40mila a Torino sarà qualche mese dopo, il 14 ottobre), ai Toni Negri e alle barbe ideologiche.  

Prima del sipario che cala, però, quel 27 giugno giovani da tutta Italia – racconta in concerto al Nelson Mandela Forum di Firenze il cantautore romano, Antonello Venditti – si mettono in viaggio da tutta Italia in autostop: “Partono i ragazzi da tutta Italia, senza una lira, e più di qualcuno con qualche grammo di marijuana”, racconta Venditti in concerto.  

Antonello Venditti racconta sul palco del Nelson Mandela: “Prenoto un bell’albergo a Milano, arrivo due giorni prima e resto lì, in attesa del grande evento. Il giorno prima del concerto sono in ascensore: sto per premere il tasto 3, che è il mio piano. Proprio mentre sto per farlo, le porte si aprono ed entra Bob Marley. Io rimango completamente pietrificato. Lui neanche mi guarda, preme subito il 6, che era il roof garden dove si teneva la conferenza stampa del concerto. Saliamo insieme. L’ascensore arriva, le porte si aprono ed esco io… e dietro di me Bob Marley. A quel punto succede una cosa incredibile: tutti i giornalisti mi fanno un applauso clamoroso. Perché? Perché ogni tanto mi dimentico che i dischi si vendono, e in quel periodo ero casualmente primo in classifica. Io, ignaro di tutto, non avevo capito niente”. 

Prosegue il divertente racconto del cantautore romano: “Dentro di sé, Bob Marley avrà pensato: “Ma questo chi è?”. Il problema è che poi lo ha scoperto davvero. Dato che sono sempre stato appassionato di religioni, filosofia e cose del genere, ho iniziato a parlargli dell’Hailé Selassié. Il problema è che lui non aveva alcuna voglia di parlare di filosofia in quel momento. Allora ho deciso di cambiare argomento e mi sono spostato sul calcio, perché lui giocava benissimo a pallone. Così gli ho detto: “Sai Bob, io sono della Roma”. Lui mi guarda e fa: “What?” Ecco, uno che non conosce la Roma, per me, lì… è finita”, racconta divertito.  

 

“Comincia questa avventura incredibile, perché insieme alla mia storia, che parte da Roma, inizia anche la vera storia: quella di Piero e Cinzia”, racconta ancora Venditti che a questi due ragazzi romani ha dedicato una famosa canzone (Piero e Cinzia, con l’appello finale ‘dai Cinzia torna a casa’).  

“Piero -racconta Venditti dal palco – era praticamente uguale a Bob Marley, erano sposati e Cinzia aspettava da Piero un bambino. Partono in autostop, arrivano a Milano e vanno a dormire a casa di un’amica di Piero. A un certo punto, mentre stanno cenando, Cinzia apre un cassetto e trova un anellino. Un anellino che lei stessa aveva regalato a Piero, e che Piero aveva poi regalato a quell’amica. Da lì scoppia il finimondo. Il tutto, va detto, con una discreta quantità di marijuana in circolazione, quindi tutto era amplificato. La sera vanno al concerto di Bob Marley e Cinzia scompare. Scompare letteralmente in quella gigantesca nuvola di fumo che avvolgeva lo stadio”.  

Finisce il concerto, inizia il viaggio: “Stavo tornando a Roma quando, a Melegnano, vedo una fila di ragazzi che tornavano a casa in autostop. Ne noto uno che gesticola in un modo che mi fa pensare subito: “Questo è romano”. Mi accosto, apro lo sportello, lui si lascia cadere sul sedile. Gli dico di calmarsi, che avevamo tutto il tempo per arrivare a Roma e raccontarmi la sua storia. Mi racconta che Cinzia era sparita. Aveva passato tutta la notte a cercarla tra commissariati e ospedali, senza trovare nulla. E Cinzia era incinta. Arriviamo a Piazza Euclide a Roma. Gli auguro tutto il bene possibile e lo lascio lì. Era il 1980. Quella storia mi resta dentro. Mi rimane fino a quando la scrivo e diventa una canzone. La canzone esce nel 1984. A settembre vado allo stadio, in Curva Sud. A un certo punto sento una voce che riconosco subito, dall’accento. Era Piero. Era cambiato tantissimo, ma mi riconosce. Gli chiedo com’era andata a finire. Storia a lieto fine: Cinzia era tornata, il bambino era nato. In quel momento penso davvero che le canzoni servano a qualcosa, che abbiano un’utilità sociale. Mi sento felice, quasi un eroe: avevo raccontato una storia e, in qualche modo, avevo contribuito a un riavvicinamento”, racconta Venditti.  

Passano gli anni, arriva Facebook. “Intorno al 2008 o al 2012 ricevo un messaggio:“Ciao, sono Piero. Vivo in Brasile.”, prosegue il cantautore. “Mi dice che si era separato da Cinzia, che aveva cinque figli. Timidamente gli chiedo che fine avesse fatto Cinzia. Mi dice che forse vive a Macerata. Io, che sono un sognatore, da allora ogni anno che vado a suonare Macerata, spero di vederla arrivare. Ma Cinzia non si è mai fatta vedere”. La battuta finale di Venditti: “Ho il sospetto che proprio quest’anno, l’unico in cui non sono andato, mentre c’era il mio amico De Gregori, lei sia andata al concerto.E io, dentro, un po’ mi incaz..”. (di Andrea Persili)
 

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