(Adnkronos) – L’Istituto Treccani invita a superare le espressioni lessicali discriminatorie come “handicappato” e “minorato”, perché sono considerate non rispettose e offensive. Per quanto riguarda, in particolare “minorato”, il termine è utilizzato nell’articolo 38 della Costituzione, secondo il quale “gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”. Nella voce “Disabilità” della nuova Appendice XI dell’Enciclopedia Italiana Treccani,, curata da Elena Vivaldi, professoressa di diritto costituzionale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove insegna anche ‘Diritti e politiche sociali nella storia repubblicana’, viene ricostruita in maniera approfondita la storia della diversità, considerata oggi come ricchezza che la società deve saper leggere e tradurre, e si sottolinea la necessità di utilizzare un linguaggio che tuteli tutte le persone con disabilità, essendo la disabilità una delle possibilità in cui la dimensione umana si esplica. Anche il linguaggio rappresenta, secondo la Treccani, uno degli strumenti per attuare l’eguaglianza sostanziale ed eliminare le situazioni di svantaggio che non assicurano alle persone con disabilità pari opportunità, a partire dal mondo del lavoro con la predisposizione di soluzioni ragionevoli per l’accesso e la crescita professionale, anche attraverso un’adeguata formazione. Per la Treccani il linguaggio utilizzato nell’art. 38 della Costituzione – secondo il quale “i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale” – “va considerato coerente con la mentalità dell’epoca in cui la Costituzione fu scritta, ma non più conforme, oggi, allo spirito e alle finalità proprie della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”. Per la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, quella della Treccani è “un’iniziativa importante che va nella direzione che abbiamo iniziato a percorrere nel decreto 62 del 2024 con l’abolizione da tutte le leggi ordinarie del nostro Paese dei termini ‘handicappato’, ‘portatore di handicap’, ‘diversamente abile’, per sostituirli con ‘persone con disabilità’. Credo che i tempi siano maturi anche per modificare l’articolo 38 della nostra Costituzione, eliminando il termine ‘minorato’, che è superato e non più accettabile”, dice all’Adnkronos. “Dobbiamo riconoscere che siamo tutti persone e tutti con gli stessi diritti – aggiunge Locatelli – Il linguaggio e l’utilizzo di parole giuste accompagnano il salto culturale e di civiltà che dobbiamo promuovere con costanza e determinazione per vedere in ogni Persona le potenzialità e non i limiti”. Il rilievo dell’Enciclopedia Treccani sul linguaggio utilizzato nell’articolo 38 della Costituzione, allorché utilizza il termine “minorato”, “è indiscutibilmente vero e non si può non sottoscriverlo. Ognuno usa le parole del suo tempo, per forza di cose, volente o nolente”, dichiara il presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, direttore della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademia delle Scienze di Torino e professore emerito di Storia della Lingua italiana nell’Università del Piemonte Orientale “Sta di fatto che i Padri costituenti (oggi anche ‘padri e madri’, secondo alcuni), con le parole del loro tempo hanno introdotto cambiamenti radicali nella vita civile – osserva Marazzini – Speriamo che i revisori di parole di oggi riescano a incidere sulla realtà almeno con la stessa efficacia, visto che i cambiamenti linguistici da soli non bastano, anzi spesso sono un modo per far bella figura a buon mercato. E soprattutto speriamo che non si torni anche in questo caso alla proposta di ritoccare ‘alla moderna’ le parole della Costituzione”.
Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale e due volte presidente del Consiglio dei ministri, sottolinea che “la nostra è una Costituzione che si è rivelata capace di reggere al passare degli anni, ma questo è uno dei punti sui quali è più prigioniera della cultura del suo tempo. Altri ce ne sono, a volte superati in via interpretativa (per esempio la tutela dei figli nati fuori dal matrimonio ‘compatibile’ con i diritti dei figli legittimi: art.30). Ma qui sarebbe davvero meglio togliere quel termine”. “Le parole sono lo specchio del mondo in cui viviamo, non sono mai neutre. Si riempiono di vita e di valore a seconda di chi le usa; per questo l’effetto che hanno cambia nel tempo. Una parola che cinquant’anni fa era usata comunemente, oggi può apparire oscena; così come una parola che appariva orribile e offensiva, oggi può essere utilizzata come lessico comune. Le espressioni ‘minorato’ o ‘handicappato’ appartengono a questo tipo di parole. Oggi ci ripugna usare queste espressioni e quando questo accade, spesso, è per offendere deliberatamente l’interlocutore”, sottolinea, in una dichiarazione all’Adnkronos, il professor Andrea Simoncini, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze. “Può sorprendere, allora, la lettura dell’articolo 38 della nostra Costituzione in cui è scritto che ‘gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale’. Puntuale l’Enciclopedia Italiana Treccani è scesa in campo per affermare, nella voce ‘Disabilità’ curata dalla bravissima Elena Vivaldi, che questa espressione è coerente con la mentalità dell’epoca in cui la Costituzione fu scritta – osserva il costituzionalista Simoncini – ma oggi non è più conforme allo spirito ed alle finalità delle convenzioni internazionali. La questione ricorda il dibattito che non molto tempo fa si è scatenato sull’uso della parola ‘razza’ nell’articolo 3”. “L’assunto è senza dubbio condivisibile: le parole sono indicatori dell’uguaglianza – spiega il professor Simoncini – Possono stigmatizzare le differenze come patologie o ricordarci la ricchezza della nostra stessa umanità che si manifesta in tantissime forme, tutte ugualmente umane. Non vorrei però che questa pur giusta richiesta ottenesse un effetto paradossale – avverte l’illustre giurista – Potrebbe accadere, infatti, che, concentrati sul fatto che la nostra Costituzione parla di ‘minorati’ e non di ‘disabilità’, si dimenticasse il dato straordinario: e cioè che ne parla. Vorrei, dunque, cogliere questa occasione, per ricordare che l’articolo 38 della nostra Costituzione nel 1948 ha rappresentato un unicum assoluto per le costituzioni del secondo dopoguerra. Non tanto perché prevede il diritto costituzionale al sistema previdenziale ed assistenziale – già conosciuti da Bismarck in poi – ma proprio per questa concezione ‘personalista’ su cui si fonda e che emerge come carattere distintivo proprio in quel comma. Lì si dice, infatti, che la persona ‘inabile o minorata’ – e oggi lo diremmo in maniera certamente diversa – ha diritto all’educazione e ad imparare un lavoro! Non solo quindi ad una provvidenza economica assistenziale perché non potrà mai svolgere un impiego, ma si riconosce che partecipa a pieno titolo a quelle formazioni sociali in cui esprime la sua personalità, come afferma l’articolo 2 per tutti, indipendentemente dalle capacità. E’ un cittadino, non un assistito; e per questo ha il diritto di sviluppare tutte le sue potenzialità attraverso le due relazioni fondamentali che consentono lo sviluppo umano: la scuola e il lavoro”. Oltre alla legislazione generale sull’assistenza e la previdenza, proprio da quel comma dell’art. 38, ricorda il professor Andrea Simoncini – sono derivate in questi anni le politiche sull’inserimento e il sostegno a scuola dei ragazzi e delle ragazze con disabilità – e ‘rendendo effettivo questo diritto’, più volte ha ribadito la Corte costituzionale in questi anni; così come le politiche per l’inserimento lavorativo obbligatorio di quelle che – con lo stesso stigma linguistico che oggi vogliamo combattere – sono state chiamate ‘categorie protette’; ma che mirava comunque ad un passo in avanti rivoluzionario rispetto alla logica assistenziale e ‘pietistica’ con cui la disabilità è stata affrontata fino all’avvento della Repubblica”. “Giusto, dunque, rilevare che la parola ‘minorato’ usata dalla Costituzione oggi appaia fuorviante e debba essere cambiata – conclude il costituzionalista Simoncini – Ma attenzione a non alimentare, quand’anche involontariamente, una percezione svalutativa nei confronti di una Costituzione che sul tema della persona e della sua dignità integrale, rappresenta ancora oggi un riferimento imprescindibile per una società a misura d’uomo e per dettare la strada ad un legislatore non sempre all’altezza”. (di Paolo Martini) —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Treccani: “Togliere ‘minorato’ dall’articolo 38 della Costituzione”
© Riproduzione riservata