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Aumento stipendi ministri: dietrofront a metà
Un dietrofront a metà quello dell’aumento stipendio dei ministri non parlamentari eletti
Dopo le forti polemiche, nell’ultima formulazione dell’emendamento dei relatori legge di bilancio ad essere rimborsate saranno le spese di trasferta solo da e per il domicilio/residenza.
Per questo, verrebbe istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo con una dotazione di 500.000 euro annui dal 2025 e non più di un milione 300mila euro.
Mezzo milione che comunque è superiore ai 330 milioni di fondo sostegno affitti che nella manovra di bilancio 2023 non sono stati ristanziati.
Una vicenda di cui il vicepremier Matteo Salvini, leader Lega, in questi giorni in altre faccende affaccendato, ha dichiarato: “Non ho seguito la vicenda e non ne sapevo nulla”.
E’ evidente che un problema di opportunità rispetto al cittadino comune si pone legiferando di fatto un aumento di qualche migliaia di euro per un ministro che, pur non con compenso da parlamentare eletto, a fine mese ci arriva senza troppi sacrifici.
“Non è stata una proposta di Forza Italia ma non bisogna nemmeno fare demagogia su queste cose. Non è che uno che fa il ministro non deve guadagnare, e poi il ministro non può fare altri lavori”, il commento del vicepremier Tajani, leader di Forza Italia.
Ministro Crosetto: “Chi rappresenta il popolo italiano è giusto che riceva anche un trattamento economico che tutela del suo ruolo e della sua libertà, da ogni possibile influenza. Se non è il caso di estenderlo anche ai ministri non parlamentari, in questi anni ed in questa legislatura, penso che l’emendamento debba essere mantenuto per chi verrà dopo di noi, perché è giusto e si basa sugli stessi principi che ho sempre difeso per i parlamentari e chi lavora nelle istituzioni”.
La premier Giorgia Meloni dopo le polemiche: “Sono d’accordo con Crosetto, mi unisco alla sua richiesta del ritiro dell’emendamento. Non credo che l’attenzione della legge di bilancio debba essere spostata per un’iniziativa del genere. Eviterei, però, di farmi dare lezioni dai colleghi del Movimento 5 stelle da chi dà 300 mila euro di soldi pubblici a Beppe Grillo”.
Pd, segretaria nazionale Schlein: “Mentre il Paese lotta per arrivare a fine mese, il governo decide di destinare risorse pubbliche all’aumento degli stipendi dei ministri”.
M5S con il leader Conte: “Il governo è impegnato ad aumentare gli stipendi di ministri e sottosegretari, noi invece ad aumentare gli stipendi dei cittadini, e abbiamo depositato una legge di iniziativa popolare per introdurre il salario minimo legale, una battaglia che non abbandoniamo affatto e non dimentichiamo”
Matteo Renzi, leader Italia Viva: “Dieci anni fa ero premier non parlamentare. E guadagnavo meno degli altri ministri. In molti mi chiesero di fare una norma per aumentare lo stipendio. Dissi di no, perché se è vero che è populismo criticare gli stipendi della politica è anche vero che alzare gli stipendi dei sottosegretari, dare l’indennità a Brunetta, aumentare lo staff di Lollobrigida non è buona politica. Si chiama spreco. E io sono contro gli sprechi, sempre”.
Cgil con segretario generale Landini: “Ci sono 4,6 milioni di persone in Italia, il 74% sono donne, che sono obbligate a fare il part-time involontario e non arrivano a 11mila euro lordi all’anno e qui si sta parlando di un aumento di 7mila euro, quando c’è gente che lavorando tutto l’anno non arriva a 11mila euro”.
Sulla carta, a beneficiarne sono 8 ministri e 10 sottosegretari e viceministri a partire da Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. I ministri in questione sono Andrea Abodi (Sport), Marina Calderone (Lavoro), Guido Crosetto (Difesa), Alessandro Giuli (Cultura), Matteo Piantedosi (Interno), Giuseppe Valditara (Istruzione), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute).