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Non fanno i lavori ma chiedono il bonus facciate: tre indagati, sequestrati 11 milioni di euro

Nei guai un imprenditore, una commercialista e un prestanome, artefici del complesso meccanismo che ha portato a benefici illeciti

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PRATO – Maxifrode con i crediti inesistenti derivanti dal bonus facciate per lavori mai compiuti: sequestri per 11 milioni di euro. 

I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Prato, a conclusione di una complessa attività investigativa di polizia economico-finanziaria, coordinata in ogni sua fase dalla procura di Pistoia, hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dal Gip del tribunale di Pistoia, con il quale sono stati disposti sequestri preventivi, diretti e per equivalente, per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro.

Il provvedimento cautelare patrimoniale ha riguardato denaro, beni immobili e beni mobili per un valore complessivo pari a oltre 8,5 milioni di euro; tre unità immobiliari (tra cui una struttura alberghiera, un opificio industriale e un’abitazione privata) per un valore commerciale stimato in circa 2 milioni di euro; tre società di capitali, sottoposte a sequestro impeditivo, per un valore complessivo del capitale sociale pari a 300mila euro.

Il totale dei beni sottoposti a vincolo ablativo raggiunge così gli 11 milioni di euro, costituendo una delle più rilevanti operazioni in materia di frodi sui bonus edilizi condotte nel territorio toscano.

Le indagini

L’indagine, avviata nel 2022 e frutto di una meticolosa attività investigativa del Gruppo Prato della Guardia di Finanza, ha consentito di ricostruire l’operatività di un sistema fraudolento, attivo a livello nazionale, volto alla creazione e commercializzazione di crediti d’imposta fittizi connessi al cosiddetto Bonus Facciate, introdotto dalla legge 160/2019 (articolo 1, commi 219-224) e reso cedibile e monetizzabile a soggetti terzi (inclusi intermediari finanziari) dal decreto-legge 34/2020 (Decreto rilancio).

Gli indagati, attraverso la falsa attestazione di lavori edilizi mai eseguiti, in tutto o in parte, hanno indotto in errore l’Agenzia delle Entrate, generando crediti d’imposta inesistenti che venivano successivamente ceduti a terzi soggetti in buona fede o monetizzati con il concorso di intermediari professionali. In molti casi, gli immobili risultavano intestati a soggetti completamente ignari, talvolta coinvolti solo formalmente tramite la sottoscrizione inconsapevole di atti preliminari o dichiarazioni predisposte ad arte.

Il danno stimato per l’erario è enorme, non soltanto in termini economici diretti, ma anche per l’effetto distorsivoarrecato alla corretta allocazione delle risorse pubbliche stanziate per il rilancio del comparto edilizio e dell’economia nazionale.

I proventi illeciti, ottenuti dalla cessione fraudolenta dei crediti, sono stati successivamente riciclati e reimpiegati mediante complesse operazioni finanziarie e l’acquisto di beni di lusso, immobili e autovetture di alta gamma, nel chiaro intento di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme e di reinserirle nel circuito economico legale.

Il ruolo degli indagati

Secondo quanto emerso dalle indagini, le condotte illecite sarebbero state orchestrate da un sodalizio criminale composto da tre soggetti: un imprenditore con precedenti specifici per reati tributari e fallimentari, ideatore del meccanismo fraudolento; un prestanome, formalmente intestatario delle società utilizzate per la creazione dei crediti fittizi; una commercialista attiva tra le province di Prato e Pistoia, già rappresentante legale di una delle imprese coinvolte e materialmente incaricata della trasmissione all’Agenzia delle Entrate delle comunicazioni finalizzate alla generazione dei falsi crediti.

Tutti e tre sono risultati diretti beneficiari dei profitti illeciti derivanti dalla monetizzazione dei crediti fittizi.

Tutela della legalità economica

Particolare attenzione è stata riservata anche alla tutela dell’economia legale e dei rapporti giuridici in essere. Le tre società di capitali sottoposte a sequestro impeditivo continueranno a operare sotto la guida di amministratori giudiziari nominati dal Gip con il compito di assicurare la continuità aziendale e la tutela degli interessi di eventuali terzi in buona fede.

L’operazione testimonia l’efficacia dell’azione della Guardia di Finanza quale forza di polizia economico-finanziaria specializzata, impegnata a garantire che le ingenti risorse pubbliche messe a disposizione dallo Stato a favore di famiglie e imprese siano effettivamente destinate a finalità lecite e non intercettate da comportamenti opportunistici o criminali.

L’intervento in esame rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, capace di coniugare tempestività operativa, rigore giuridico e concretezza dell’azione repressiva con la tutela effettiva del patrimonio pubblico.

© Riproduzione riservata

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