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C’è una parte dell’Italia, molto forte in Toscana, che sta facendo sentire la propria voce. C’è una parte dell’Italia, molto forte in Toscana, che in questo torpore generale anestetizzato da Dpcm uno più restrittivo dell’altro pur con Covid in caduta libera, urla chiedendo di essere ascoltata. E’ l’Italia dei bravi ragazzi. Quelli che finalmente sono tornati in piazza. Per chiedere una scuola che li accolga nell’ascolto. I bravi ragazzi che hanno deciso di occupare le scuole, di autogestirsi, di sfilare pacificamente. Nonostante le manganellate, ahimè reali, di un’Italia patria dei diritti che nel suo torpore generale anestetizzato poco si indigna e che davvero stentiamo a riconoscere. Un’Italia addormentata, che da gennaio 2020 non reagisce. E che è sempre più povera e frantumata economicamente e socialmente.
Ma i bravi ragazzi hanno deciso di reagire. Di protestare. Perchè non si può morire di alternanza scuola lavoro. Perchè non si può studiare in scuole fatiscenti. Perchè a fronte di anni in dad, quarantene, e didattica Covid affrontata dallo Stato a colpi di banchi con le ruote (qualcuno li ricorda?), dicono no a uno Stato che decide di reintrodurre un esame di maturità come se tutti i disagi, anche psicologici, non ci fossero mai stati. E allora i bravi ragazzi sfilano in corteo a suon di striscioni per essere parte decisionale del proprio futuro. Per riprendersi in mano la propria vita. Per chiedere il dialogo con le istituzioni. E in un’Italia silente e supina, un’Italia che negli anni di piombo è ripartita dagli studenti in piazza, quei bravi ragazzi che non si piegano sono l’esempio vero di difesa dei propri diritti.