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Ungheria, infrazione Ue su libertà di stampa e abusi sui minori: Orbán sotto il fuoco incrociato

L’Ungheria ha un problema con i giornalisti, mentre uno scandalo su abusi sui minori peggiora la situazione. Il governo del primo ministro Viktor Orbán si trova in una posizione politica estremamente precaria, stretto tra la rinnovata offensiva dell’Unione europea sulla (non) libertà dei media ungheresi e una devastante crisi interna innescata da uno scandalo di abusi su minori che sta erodendo il consenso in vista delle elezioni previste per aprile.

L’allarme di Bruxelles: giornalisti sotto pressione

Oggi, 11 dicembre 2025, la Commissione europea ha alzato la posta contro Budapest, aprendo una nuova procedura di infrazione tramite l’invio di una lettera di costituzione in mora. Questa mossa è stata dettata dalla presunta mancata conformità dell’Ungheria a diverse disposizioni cruciali per garantire la libertà e il pluralismo dei media nell’Unione.

La Commissione si è concentrata sull’inosservanza di norme chiave previste dall’European Media Freedom Act (Emfa), legislazione entrata in vigore l’8 agosto 2025 e pilastro per la tutela dell’indipendenza dei media. Le accuse più gravi riguardano:

  1. Interferenza editoriale e finanziaria: l’Ungheria non rispetterebbe le clausole relative all’interferenza nel lavoro dei giornalisti e delle testate, in particolare limitando le loro attività economiche e la libertà editoriale.
  2. Protezione delle fonti: secondo Bruxelles, il diritto ungherese non offre garanzie adeguate per la protezione delle fonti giornalistiche e delle comunicazioni confidenziali.
  3. Tutela giudiziaria inefficace: il Paese non assicurerebbe una protezione giudiziaria efficace qualora tali diritti vengano violati.

In aggiunta all’Emfa, Budapest risulterebbe in violazione di requisiti specifici legati alle autorità nazionali di regolamentazione dei media, come stabilito dalla Direttiva sui servizi di media audiovisuali. L’Ungheria ha ora due mesi per rispondere in modo soddisfacente alle preoccupazioni della Commissione.

La lunga ombra dell’Articolo 7: l’Ungheria nel mirino

La nuova procedura d’infrazione sui media non è un evento isolato, ma si inserisce in un decennale scontro tra Orbán e Bruxelles sullo stato di diritto. Già mesi fa, il Paese è stato sottoposto all’ottava audizione nell’ambito della severa procedura prevista dall’Articolo 7 del Trattato sull’Unione europea (Tue), avviata sin dal settembre 2018. Le conclusioni del Consiglio Affari Generali dell’Ue hanno evidenziato un “evidente rischio di una grave violazione da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione”, inclusi il rispetto della dignità umana, della democrazia e dello Stato di diritto.

Le audizioni hanno toccato ogni aspetto del sistema ungherese, dall’indipendenza della magistratura alla corruzione, dalla libertà accademica alla libertà di espressione (in generale, oltre a quella accademica e religiosa), fino agli attacchi contro i diritti delle minoranze, come nel caso del divieto del Pride. Il Commissario europeo alla Giustizia, Michael McGrath, ha confermato che le preoccupazioni non solo persistono, ma si sono addirittura aggravate, e per questo la procedura dell’Articolo 7 deve essere mantenuta.

Il dibattito sull’utilizzo della cosiddetta “opzione nucleare,” ovvero la sospensione del diritto di voto in seno al Consiglio Ue, rimane aperto. Sebbene una mossa del genere richieda l’unanimità (e Orbán può contare su alleati come la Slovacchia), il fatto che 20 Stati membri abbiano firmato una dichiarazione separata esprimendo preoccupazione e chiedendo azioni rapide dimostra che “la pazienza è finita” nei confronti di Budapest.

Lo scandalo abusi su minori

E in casa, la pressione sul primo ministro Viktor Orbán è schiacciante. A peggiorare la sua posizione è un grave scandalo di abusi in un centro di detenzione minorile gestito dallo Stato. Dopo che un attivista dell’opposizione ha reso pubblico un video che documentava abusi fisici (tra cui colpire la testa dei giovani con un manico di finestra) in una struttura di Budapest, il governo è corso ai ripari per limitare i danni. Il capo di gabinetto di Orbán ha annunciato che, con effetto immediato, i cinque istituti correzionali minorili statali sono stati posti sotto la diretta supervisione della polizia, riconoscendo che la gestione precedente, incardinata nel sistema di assistenza sociale, aveva fallito nel prevenire i crimini.

L’indagine è approfondita: i pubblici ministeri hanno già fermato sette persone, tra cui agenti di custodia. Inoltre, l’ex direttore del centro è indagato da mesi per sospetto di riciclaggio di denaro, tratta di esseri umani e gestione di un giro di prostituzione.

Questo scandalo non è isolato. Solo l’anno precedente, il partito di Orbán aveva subito un duro colpo politico quando l’allora presidente Katalin Novak si dimise dopo aver concesso la grazia in un caso di abuso sessuale su minori.

Il leader dell’opposizione, Peter Magyar, il cui partito Tisza è attualmente in testa nei sondaggi in vista delle elezioni previste per aprile, ha chiesto apertamente le dimissioni di Orbán e l’indizione di elezioni anticipate. Questi eventi rappresentano una battuta d’arresto politica significativa per Orbán, al potere dal 2010. Con manifestazioni di protesta in programma e Bruxelles che incalza, la strada verso le elezioni in primavera si presenta come il periodo più difficile per il primo ministro ungherese da oltre un decennio.

Fatti

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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