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Grand Theft Auto & Co: una ricerca smantella il mito dei videogiochi violenti e l’empatia

(Adnkronos) – Si è spesso sostenuto che giocare a videogiochi violenti causi una diminuizione dell’empatia emotiva dei giocatori, desensibilizzandoli sia alla cosiddetta violenza virtuale da schermo che a quella reale. Le prove scientifiche a sostegno di questa visione sono spesso risultate inconclusive e comunque oggetto di un dibattito acceso e controverso.  
Al fine di valutare l’effetto causale a lungo termine dei videogiochi violenti sui correlati comportamentali e neurali dell’empatia e della reattività emotiva alla violenza, i due istituti di ricerca hanno condotto uno studio sperimentale prospettico utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI).  Per l’esperimento sono stati reclutati 89 partecipanti maschi, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, senza precedenti esperienze di videogiochi violenti, proprio per evitare che fosse già presente una minore sensibilità alla violenza e senza precedenti casi di disturbi neurologici o psichiatrici o abuso di sostanze. Nel corso di due settimane, i partecipanti hanno giocato o a un videogioco giudicato dai ricercatori fortemente violento (Grand Theft Auto V) o a una versione non violenta dello stesso gioco per sette sessioni di un’ora ciascuna. Prima e dopo questo periodo, i partecipanti hanno completato un esperimento fMRI con paradigmi che misuravano la loro empatia per il dolore e la reattività emotiva alle immagini violente.  Lo studio ha rilevato prove sostanziali per l’assenza di un effetto dei videogiochi violenti sui correlati comportamentali e neurali dell’empatia. Inoltre, i partecipanti non hanno mostrato una minore sensibilità alle immagini di violenza nel mondo reale. Questi risultati implicano che un’esposizione breve e controllata ai videogiochi violenti non sembra minare l’empatia del videogiocatore né le risposte alla violenza nel mondo reale. I ricercatori tuttavia avvertono che nonostante i partecipanti del gruppo sperimentale fossero esposti a una quantità sostanziale di gameplay violento durante le sessioni di gioco (ogni partecipante ha “ucciso” in media 2845 altri personaggi in modo graficamente violento), l’esposizione complessiva alla violenza virtuale è da considerare ancora molto bassa rispetto alla quantità possibile nella vita quotidiana di un videogiocatore tipico. I giocatori abituali possono giocare in media 16 ore nello stesso lasso di tempo (Clement, 2021; Statista Research Department, 2022).  I risultati raccolti dalla ricerca austriaca-svedese non possono escludere che un’esposizione più lunga e intensa a videogiochi violenti possa avere effetti causali negativi sull’empatia. Soprattutto adolescenti e bambini così come persone con specifici tratti neuropsichiatrici potrebbero essere particolarmente suscettibili a cambiamenti a lungo termine a causa dell’aumentata plasticità cerebrale. Proprio uno dei co-autori della ricerca, Claus Lamm affronta i limiti della possibile espansione della ricerca: “Anche i bambini e i giovani sono immuni alla violenza nei videogiochi? Il cervello giovane è altamente plastico, quindi l’esposizione ripetuta a rappresentazioni di violenza potrebbe avere un effetto molto maggiore. Ma ovviamente queste domande sono difficili da indagare sperimentalmente senza andare incontro ai limiti dell’etica scientifica
“.  Nonostante queste limitazioni all’applicabilità dello studio, i videogiochi violenti, spesso accusati di facilitare comportamenti aggressivi, sembrerebbero non esserne direttamente responsabili quantomeno nel campione medio-tipo preso in considerazione dai ricercatori.  —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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