(Adnkronos) – Episodi come quello della madre che in provincia di Trieste ha ucciso il figlio di 9 anni tagliandogli la gola, “rimandano a un quadro che in psichiatria viene spesso definito ‘sindrome di Medea’, in cui l’uccisione dei figli rappresenta un atto di vendetta nei confronti del partner. In situazioni di forte conflittualità di coppia o di separazione, l’omicidio del figlio può diventare, nella mente della persona che agisce, un modo estremo per colpire l’altro genitore, sottraendogli ciò che ha di più caro”. Lo spiega all’Adnkronos Salute lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia.
“Si tratta di dinamiche molto rare – sottolinea – più frequentemente associate a condizioni in cui l’omicidio è seguito dal suicidio, cosa che in questo caso non sembra emergere. Non sappiamo ancora – precisa lo specialista – se fossero presenti disturbi psicopatologici o altri fattori di rischio, ma il contesto di separazione e l’elemento vendicativo rappresentano una possibile chiave di lettura iniziale”.
Mencacci evidenzia che “l’omicidio dei figli da parte della madre resta, in termini assoluti, un evento meno frequente rispetto agli omicidi intrafamiliari commessi dagli uomini. Tuttavia, quando avviene è spesso legato a dinamiche di coppia altamente conflittuali, vissute in modo distorto e drammatico da chi compie il gesto”.
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