(Adnkronos) – In Senato le storie delle donne ucraine violentate dagli occupanti russi: ‘Sema Ukraine’, vuol dire in lingua Swahili, ‘non tacere’. Raccontare è infatti l’obiettivo del convegno, organizzato in Sala Nassirya, dal senatore del partito democratico, Filippo Sensi, vicepresidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani intitolato ‘Le torture sistematiche contro i civili e i prigionieri ucraini come arma più diffusa dell’aggressione russa’.
Con l’esponente dem anche Iryna Dovhan, direttrice proprio di ‘Sema Ukraine’, l’organizzazione impegnata nel sostegno delle donne ucraine vittime di violenza, Oleksiy Sivak, presidente associazione Alumni, rete di civili ucraini che hanno subito torture, Maryna Mukhina, giornalista e attivista per i diritti umani, a Olesya Tataryn, presidente dell’Associazione Culturale ‘Italia-Ucraina Maidan’ e Eleonora Mongelli, vicepresidente Federazione Italiana Diritti Umani. “Di fronte a quello che è successo, a quello che succede in Ucraina, a quello che succede alle ucraine e agli ucraini, chi a casa nostra parla di anime belle, di farisei io ho soltanto una cosa da rispondere: guardate prima di parlare, ascoltate prima di pontificare, sentite prima di dichiarare”, ricordando come “il bisogno di giustizia non è vendetta”.
In una sala affollata di donne, attiviste dei diritti umani e cittadine ucraine, viene proiettato un frammento del docufilm ‘Traces’, realizzato dalla regista ucraina Alisa Kovalenko. Immagini che raccontano le storie delle dolorose esperienze di sei donne straordinarie sopravvissute a violenze sessuali e torture durante l’aggressione russa in Ucraina, a partire dall’occupazione del Donbass nel 2014.
Vicende piene di dolore, raccontate in prima persona dalle vittime, assistite dalle organizzazioni che danno sostegno a chi paga sul proprio corpo la violenza maschile della guerra. “Esisti, ma sei nessuno”, dice la vittima del primo racconto, dopo la narrazione della brutale aggressione. Prende la parola in Sala la regista Kovalenko: “Anche io -rivela- nel 2014, in Donbass, sono stata vittima di violenza sessuale da parte di un ufficiale russo”. “Sono stata la prima donna a parlare di quanto mi era successo”. Da lì nasce il ‘bisogno’ di raccontare le tante storie come la sua, nella pellicola.
“Lo scandalo di queste donne è che sono rimaste vive -sottolinea Sensi- e ci raccontano come hanno fatto a essere qui”. “Ci hanno mostrato fatti e tutti noi dovremmo sapere che farne, dove metterli. Si fa un gran parlare di Occidente come se fosse una scatola dentro la quale racchiudere l’Europa. Beh, questo succede in Occidente, questo succede a noi”.
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