Getting your Trinity Audio player ready...
|
Innalzare l’indennità per il terzo mese di congedo parentale dal 30% all’80% della retribuzione, ma esclusivamente per i papà. E’ questa la proposta avanzata dal presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante un’audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato per la legge di bilancio. L’obiettivo è favorire una ripartizione più equa delle responsabilità genitoriali, che in Italia gravano in modo predominante sulle madri, spesso a scapito della loro carriera.
Perché il congedo per i papà?
I dati mostrano una realtà critica: dopo la nascita del primo figlio, la probabilità che una madre lasci il settore privato sale al 18%, rispetto all’11% degli anni precedenti. Per i padri, invece, il rischio di abbandonare il lavoro rimane pressoché invariato. Secondo il report Save the Children ‘Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024’, in Italia una lavoratrice su cinque abbandona l’occupazione dopo la maternità, e il 72,8% delle dimissioni volontarie di genitori con figli piccoli riguarda proprio le madri.
Inoltre, il tasso di occupazione femminile in Italia è del 52,5% nel 2023, ben al di sotto della media europea (65,8%). La disparità di genere nella partecipazione al lavoro resta marcata, con un divario del 17,9% tra uomini e donne, contro una media europea di 9,4%.
Incentivare il congedo maschile: una nuova visione per l’equità familiare
La proposta dell’Inps intende riequilibrare questo scenario, riservando ai papà l’indennità all’80% per il terzo mese di congedo parentale. La manovra finanziaria 2024 ha già aumentato l’indennità del secondo mese dal 30% al 60% e, per il 2024, alzato l’indennità all’80% per il primo mese di congedo. Tuttavia, nonostante le norme incentivino una maggiore condivisione del congedo, in Italia sono ancora soprattutto le madri a usufruirne.
In merito, il direttore centrale ‘Studi e Ricerche’ dell’Inps Gianfranco Santoro ha spiegato: “Se il fine del congedo parentale è quello di favorire l’occupazione femminile, lo si riservi al padre”. Offrire un’indennità elevata ai padri potrebbe motivarli a sfruttare maggiormente il congedo, permettendo anche un’evoluzione della percezione del ruolo paterno nella cura familiare.
Dimissioni e difficoltà di conciliazione: una sfida per le donne
La maternità resta un fattore critico per le carriere femminili. Nel 2022, infatti, si sono registrate 61.391 dimissioni volontarie di genitori con figli piccoli, e nel 72,8% dei casi sono state le madri a lasciare il lavoro. Le motivazioni più frequenti includono le difficoltà di conciliare lavoro e cura dei figli (41,7%) e i problemi organizzativi (21,9%).
Il modello nordico come ispirazione
La proposta dell’Inps si ispira anche ai modelli nordici, dove i congedi riservati ai padri hanno contribuito rispetto all’equilibrio di genere. In Svezia, per esempio, una quota del congedo parentale è riservata esclusivamente ai padri e, se non utilizzata, viene persa. Questo approccio ha avuto un impatto positivo sul mercato del lavoro e sulla distribuzione delle responsabilità genitoriali.
Il futuro delle politiche familiari in Italia
L’idea di riservare il terzo mese di congedo all’80% solo ai padri appare promettente, ma non è sufficiente per affrontare il problema demografico del Paese. Occorre infatti un cambiamento culturale, sostenuto dalle aziende e dalle istituzioni, che promuova la cura familiare come una responsabilità condivisa, non solo delle madri. Le grandi aziende italiane hanno già iniziato a introdurre modelli di lavoro flessibili, ma per un cambiamento reale sarà necessario rendere il welfare familiare una norma per tutte le aziende, non solo un’eccezione.