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Mori indagato stragi 1993, il generale: “Accuse surreali”

Il generale Mario Mori, 85 anni, indagato da Procura di Firenze: "Vengo indagato per non aver impedito le stragi". Mori ricevuto a Palazzo Chigi da Mantovano: "I suoi eccezionali risultati esigerebbero solo gratitudine da istituzioni"

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FIRENZE – Mori indagato stragi 1993, il generale: “Accuse surreali”

Mori indagato stragi 1993, la Procura di Firenze ha iscritto nel registro degli indagati il generale Mario Mori  per le stragi mafiose del 1993.

A renderlo noto e’ lo stesso ufficiale dei Carabinieri, assolto dal processo trattativa stato-Mafia.

Generale Mori: “”Si tratta, com’è agevole a tutti comprendere, di accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni”.

Il generale Mori ricevuto a Palazzo Chigi da Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.

Mantovano: “Ho ricevuto a Palazzo Chigi il generale Mario Mori, che conosco da oltre 25 anni, e del quale ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde. Gli ho manifestato per un verso vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte; per altro verso sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse. Gli eccezionali risultati che la dedizione e l’impegno del generale Mori hanno permesso di conseguire esigerebbero solo gratitudine da parte delle istituzioni nei suoi confronti. Tutte le istituzioni, magistratura inclusa“.

Generale Mori: “Nel giorno del mio 85esimo compleanno ho ricevuto, dalla Procura della Repubblica di Firenze, un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico”.

Poi il generale: “Basti pensare alla circostanza che, a Palermo, mi hanno processato per 11 anni, con l’accusa di aver “trattato” con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi. La sentenza di condanna, in primo grado a 12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione, affermava che avrei  “esortato” e, quindi, sollecitato i vertici mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione di pacifica convivenza che si era protratta sino alla conferma delle condanne all’esito del “maxi processo”, e, dunque, per non commettere più stragi”.

“La sentenza di appello, nell’assolvermi, ha riconosciuto che la mia condotta “ebbe come finalità precipua ed anzi esclusiva quella di scongiurare il rischio di nuove stragi” e che avevo “effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane. Per i giudici di Palermo fui mosso esclusivamente “da fini solidaristici (la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un interesse generale – e fondamentale – dello Stato”.

“Oggi vengo indagato per non aver impedito le stragi, quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente teorema. Peraltro, le vicende di cui mi si accusa sono già state ampiamente analizzate nel corso degli ultimi 25 anni dalle magistrature competenti (compresa quella fiorentina) e nei processi in cui sono stato coinvolto, senza che mi sia stato contestato alcunché, tanto meno i gravissimi reati ora ipotizzati dalla Procura di Firenze”.

Poi Mori: “Sono profondamente disgustato da tali accuse che offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Forse non mi si perdona di non aver fatto la loro tragica fine“.

© Riproduzione riservata

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