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Tragedia in via Mariti, una targa in ricordo delle cinque vittime

Una cerimonia silenziosa con l'obiettivo di commemorare gli operai a un anno esatto dal crollo nel cantiere Esselunga di Firenze

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FIRENZE – A un anno esatto dal crollo sul cantiere Esselunga in via Mariti, a ricordare le 5 vittime è stata una cerimonia silenziosa, e una targa con i nomi degli operai morti il 16 febbraio 2024.

Sono Luigi Coclite, Mohamed El Ferhane, Bouzekri Rahimi e Mohamed Toukabri e Taoufik Haidar: alla scopertura della targa il loro ricordo è stato avvolto dagli applausi.

A seguire un corteo silenzioso fino al cantiere dove è stata posizionata la corona d’alloro, accompagnata da un raccoglimento in preghiera: sul posto ha preso la parola l’imam di Firenze Izzedin Elzir, ed è stato letto un messaggio del vescovo di Firenze Gherardo Gambelli. Si è poi tenuta la messa nella chiesa vicina al cantiere.

Alla commemorazione erano presenti la sindaca di Firenze Sara Funaro, molti primi cittadini dei comuni dell’area fiorentina, il presidente Anmil Firenze Alessandro Lari, la moglie di Coclite, Simona Mattolini, i legali di alcune delle vittime e rappresentanti dei sindacati. Tra gli invitati anche i sindaci dei comuni di residenza delle vittime.

Alla commemorazione istituzionale delle vittime, con corteo e apposizione di una targa nell’area intorno al cantiere, hanno partecipato per la Cgil Firenze i membri della segreteria Giancarla Casini ed Elena Aiazzi.

Così Giancarla Casini (segreteria Cgil Firenze): “Oggi abbiamo portato al vicinanza della città e della Cgil alle famiglie delle vittime, che non saranno dimenticate. Un anno dopo la strage sul lavori di via Mariti, sulla lotta alla sicurezza sul lavoro non è cambiato nulla, c’è ancora molto da fare, è arrivata la patente a punti ma non sta funzionando, si sta continuando a non voler fare leggi e norme a tutela della sicurezza sul lavoro, per questo la sicurezza sul lavoro è un tema al centro dei referendum che abbiamo promosso”

Aggiunge Elena Aiazzi (segreteria Cgil Firenze): “La prassi degli appalti e subappalti, sopratutto se al massimo ribasso, spesso ricade sulla pelle di lavoratrici e lavoratrici. Il testo sugli appalti dovrebbe essere reso più stringente, con più controlli, ma purtroppo il governo tende ad allargare le norme”,

Infine Mirko Lami (dipartimento Sicurezza sul lavoro Cgil Toscana): “Quante volte abbiamo sentito di parlare di formazione continua a partire dalle scuole. Cosa buona e giusta ma non sufficiente perché i ragazzi nelle scuole imparino velocemente cosa significhi applicare le norme di sicurezza nei luoghi di lavoro; una volta cresciuti ed entrati nel mondo del lavoro, devono fare i conti con la realtà di tutti i giorni. Quella realtà che ti mette di fronte al mercato e di conseguenza al profitto, e quindi tutto quello che hanno imparato a scuola viene messo da una parte perché l’azienda deve rispettare i tempi di consegna, perché se non stai al passo, via, tanto fuori c’è la fila di chi vuol lavorare, tanto fuori ci sono lavoratori che l’azienda può sfruttare perché là fuori c’è chi viene stritolato dal sistema e deve pagare le bollette, la retta della scuola dei figli, l’affitto o il mutuo per avere una casa dove vivere. Si, è questa la realtà che conosciamo tutti, una realtà che non si corregge lavandosi le mani dicendo che si deve partire dalle scuole, dobbiamo creare un sistema che prosegua dopo l’istruzione. Sistemi che già ci sarebbero ma che non vengono applicati perché i tagli del risparmio portano ad avere pochissimi ispettori, portano a contratti in subappalto, portano a chiedere giornate di lavoro in nero, tanto i controlli chissà se verranno e poi al limite si pagherà una multa. Negli anni Ottanta nacque il contratto di formazione lavoro, dove un lavoratore per due anni lavorava a fianco ad un anziano che gli insegnava. Ha dato buoni risultati ma è stato cancellato. Dobbiamo tornare a quello, per far crescere i ragazzi, e poi il sistema deve punire penalmente chi, sulla pelle dei lavoratori, risparmia denaro e tempo o manomette i sistemi di sicurezza. Il profitto non deve venire prima della tutela de lavoro”.

 

© Riproduzione riservata

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