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FIRENZE – Da oggi (18 novembre) chi visita la Galleria dell’Accademia troverà una sorpresa all’uscita: due splendide sculture in marmo di età classica, mai esposte prima d’ora, fanno il loro debutto in pubblico.
Si tratta dell’Apollo citaredo e dell’Eroe nudo con corno. I due capolavori arrivano dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, grazie a un accordo strategico tra le due istituzioni museali.
L’operazione non è un semplice prestito, ma un esempio virtuoso di collaborazione. Andreina Contessa, direttrice della Galleria dell’Accademia e dei Musei del Bargello, ha sottolineato come questa intesa permetta di “unire tutela e valorizzazione”. Le opere, infatti, sono state sottoposte a un accurato restauro prima di essere offerte allo sguardo dei milioni di visitatori che ogni anno affollano la casa del David.
Anche Daniele Federico Maras, direttore del Museo archeologico, ha evidenziato il valore dell’iniziativa: “Le due sculture ritornano alla loro funzione originale: essere ornamento per lo Stato e attrazione per i forestieri, proprio come voleva il patto di famiglia dei Medici”.
I nuovi protagonisti
Ma chi sono i due ‘nuovi arrivati’?
L’Apollo citaredo: ispirata a un modello del II secolo d.C., la statua raffigura il dio della musica mentre suona la cetra. Il volto, con lo sguardo estatico e le labbra dischiuse, sembra quasi catturato nell’atto di cantare. È un’opera rara, che trova un solo confronto simile al Museo Archeologico di Venezia.
L’Eroe nudo con corno: databile tra il I e il II secolo d.C., questa piccola scultura ha una storia affascinante. La parte antica (torso e gambe) riprende il celebre Eracle di Policleto. In epoca moderna, però, è stata completata con testa e braccia, trasformandosi in un giovane cacciatore, forse Meleagro.
Dove vederle
Le due statue hanno trovato casa nelle nicchie dell’uscita della Galleria, un ambiente neoclassico che un tempo era l’ingresso dell’Opificio delle Pietre Dure. Qui dialogheranno con altre opere classiche già presenti, come la Venere che sottrae la spada a Marte e la monumentale testa di Giunone.
Prima di andare in scena, le sculture si sono rifatte il trucco. La restauratrice Francesca Piccolino Boniforti ha lavorato per ripulire le superfici e armonizzare le integrazioni antiche con quelle moderne, senza cancellare la storia dei restauri passati. Il risultato è una leggibilità perfetta che restituisce grazia e potenza ai due marmi.
Un’operazione che conferma come Firenze non sia solo un museo a cielo aperto, ma un laboratorio vivo dove la storia continua a essere scritta e riscoperta.



