(Adnkronos) – Il dato Istat sull’inflazione, che risale a marzo all’1,3%, è una notizia che viene immediatamente legata all’attesa, ormai quasi messianica, di un taglio dei tassi della Bce a giugno. Può incidere veramente sulle decisioni che verranno prese a Francoforte? Teoricamente sì, visto che la presidente Christine Lagarde ha più volte ribadito la ferma volontà del Consiglio di seguire l’andamento dei dati, legando la scelta di tagliare il costo del denaro al consolidarsi inequivocabile di un trend di discesa dei prezzi. In realtà, guardando alla composizione del dato e ricordando che si sta comunque parlando di un trend europeo e non solo nazionale, si può sostenere che la notizia di oggi aggiunge poco rispetto a una decisione che l’andamento dell’inflazione nel medio periodo e, più in generale dell’economia, hanno già ampiamente ‘giustificato’. Come ha sostenuto il Governatore di Bankitalia Fabio Panetta nei giorni scorsi, l’obiettivo di un avvicinamento alla soglia target del 2% è a portata di mano e per questo ormai il consenso rispetto a un allentamento della politica monetaria è da considerarsi acquisito. Ci sono però interpretazioni diverse rispetto al dato di oggi. “La risalita dell’inflazione era largamente attesa, la nostra valutazione era di un +1,5%, e non deve destare particolari allarmi. Infatti, al di là di alcuni effetti stagionali, come l’aumento dei prezzi di alcuni servizi di trasporto e turistici, l’aumento su base annua è strettamente correlato al confronto con un periodo in cui i prezzi degli energetici erano in forte e repentino calo, tanto da determinare a marzo del 2023 una riduzione dello 0,4% dell’inflazione in termini congiunturali”, commenta l’Ufficio Studi Confcommercio, che vede il dato di oggi “coerente con l’ipotesi di un’inflazione, nella media dell’intero 2024, prossima o di poco superiore all’1%, dato decisamente inferiore al target della Bce”. La conseguenza, ragiona la Cna, è che “è quanto mai urgente che la Bce avvii un percorso di discesa dei tassi rapido e robusto e che il sistema bancario italiano si adegui in perfetta sintonia e allenti le condizioni per l’erogazione del credito a imprese e famiglie”. Al contrario, restano preoccupate le associazioni dei consumatori. “La risalita dell’inflazione a marzo è un segnale preoccupante che conferma gli allarmi sui prezzi al dettaglio lanciati a più riprese”, sostiene il Codacons, evidenziando che i prezzi in Italia “dopo due anni di caro-vita, non solo non dovrebbero salire, ma dovrebbero iniziare una discesa che, purtroppo, ancora non si vede”. La sintesi migliore la fanno però i dati. Leggendoli tutti, si arriva alla conclusione che il segnale di oggi è più statistico che reale. Il ‘carrello della spesa’, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, rallentano dal 3,4% al 3,0% e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto dal 2,8% al 2,7%. Soprattutto, l’inflazione acquisita per il 2024 è pari a +0,6%. E’ un andamento che dovrebbe confortare anche i piani della Bce. (Di Fabio Insenga) —facilitaliawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Il rialzo dell’inflazione può rimandare il taglio dei tassi della Bce?
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