(Adnkronos) – Primi atti del matrimonio tra Mps e Mediobanca: domani – a quanto confermato all’Adnkronos da fonti a conoscenza del dossier – sono previsti incontri conoscitivi a Siena tra alte personalità del management di Mediobanca e di Mps. Continua intanto in casa Mps la caccia ai nomi per il rinnovo del Cda di Mediobanca: le liste vanno presentate entro il 3 ottobre in vista dell’assemblea di piazzetta Cuccia convocata per il 28 ottobre.
Ormai, sempre stando a quanto confermano le fonti, “la strada intrapresa è quella che porterà a una fusione”. Flavio Notari, head of tax for Technology Companies (Italy) di Orrick, dice all’Adnkronos “che i primi 100-180 giorni sono considerati decisivi” Secondo Notari “la fusione tra due banche italiane è un processo complesso che richiede tempi tecnici ben definiti, influenzati da fattori regolamentari, organizzativi e strategici.
Nel caso Mps-Mediobanca, la prima fase, spiega l’esperto, è stata l’Offerta pubblica di Acquisto e Scambio (Opas), conclusa con un’adesione superiore all’86% del capitale di Mediobanca. “Questo risultato – dice – ha superato le aspettative e ha posto le basi per una fusione per incorporazione, con il possibile delisting di Mediobanca dalla Borsa”.
La Banca Centrale Europea (Bce) gioca un ruolo centrale nella seconda fase, aggiunge Notari: “Già a giugno aveva dato il via libera all’operazione, imponendo però a Mps di presentare entro sei mesi dall’acquisizione un piano di integrazione dettagliato. Questo piano deve affrontare aspetti come capitale, funding, IT, cybersecurity e retention dei talenti chiave”.
Dopo il successo dell’Opas, Mps, dice Notari, deve depositare la lista di maggioranza per il rinnovo del board di Mediobanca e identificare il nuovo amministratore delegato. “La scelta della leadership -. afferma – è cruciale per garantire una rapida convergenza tra le due realtà”. Ma non finisce qua. L’esperto afferma che il punto focale è l’integrazione operativa con “i primi 100-180 giorni che sono considerati decisivi: in questo periodo si punta alla convergenza di identità digitale, dati e canali, lasciando la fusione dei sistemi core a una fase successiva. La Bce, con le sue richieste, spinge a mettere subito in fila le priorità tecnologiche e operative”.
La vera sfida poi – sottolinea Notari – è tradurre le sinergie promesse in valore reale. “Nel caso Mps-Mediobanca, si parla di sinergie da 700 milioni di euro”. La fusione tra Mps e Mediobanca, dice, porta con sé una serie di opportunità, ma anche alcune criticità che non possono essere sottovalutate.
Da un lato, l’operazione può rappresentare una vera spinta all’innovazione digitale. “Se la nuova leadership riuscirà a favorire una rapida convergenza tra le piattaforme tecnologiche e la gestione dei dati – afferma Notari – il gruppo potrebbe diventare un punto di riferimento per tutto il settore fintech italiano. Un player più grande e aperto, infatti, è in grado di integrare soluzioni innovative in tempi più rapidi e con criteri più trasparenti, offrendo così nuove possibilità alle startup e agli operatori del settore”.
Inoltre, la fusione, spiega ancora, “permette di ampliare l’offerta di prodotti e servizi. Ad esempio, il sistema di pagamento rateale “compra ora, paga dopo” sviluppato da Compass (Bnpl) potrà essere esteso a tutta la rete Mps, raggiungendo così un pubblico molto più vasto”. Questo tipo di sinergia, dice, “può tradursi in vantaggi concreti sia per i clienti, che avranno accesso a servizi più moderni e flessibili, sia per gli esercenti, che potranno aumentare le vendite e semplificare la gestione dei pagamenti”.
Tuttavia, afferma Notari, “il percorso non è privo di ostacoli. Integrare due realtà così diverse, sia dal punto di vista tecnologico che culturale, non è semplice”. Mps è una banca commerciale, Mediobanca una banca d’affari: “questa differenza – afferma – rischia di rallentare la trasformazione digitale, soprattutto se non verranno rivisti i sistemi di incentivazione e le modalità di lavoro”. Anche la coesistenza di infrastrutture informatiche diverse, dice, “può creare inefficienze e ritardi, mentre la perdita di figure chiave – come data scientist e specialisti digitali – potrebbe compromettere la capacità di innovare”. C’è poi un rischio meno evidente, ma altrettanto importante: quello che il nuovo gruppo, diventando molto grande e potente, “possa alzare le barriere d’ingresso per i partner fintech più piccoli, limitando la concorrenza e la varietà dell’offerta. Per evitare questo scenario, sarà fondamentale mantenere politiche di open innovation e criteri di accesso trasparenti”.
Questa operazione – spiega in sintesi Notari – “mostra che i tempi tecnici di una fusione bancaria in Italia sono scanditi da tappe regolamentari e operative precise, ma il successo dipende dalla capacità di gestire le differenze tra i due istituti e di tradurre le sinergie promesse in valore concreto”. Se la nuova leadership, dice, “saprà guidare una vera integrazione, non solo una somma di perimetri, il gruppo potrà diventare un motore di innovazione per l’intero sistema finanziario italiano”. Tuttavia, afferma, “restano le incognite sulla logica industriale e sulla capacità di preservare autonomia e competitività nei segmenti chiave”. I prossimi mesi, conclude, “saranno decisivi per capire se questa operazione sarà davvero una svolta o solo una grande occasione mancata”. (di Andrea Persili)
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