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Commissione parlamentare di inchiesta
sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.
Relazione presentata in audizione alla Camera dei Deputati da Istat, Istituto nazionale di statistica con Cristina Freguja, direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e demografiche (DISD).
Relazione da cui, in merito a mortalità e cause di mortalità in fase emergenza sanitaria Covid, emerge: “Il 71,8% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2 aveva almeno una concausa: il 31,3% ne aveva una, il 26,8% due e il 13,7% tre o più concause. Le malattie più frequentemente riportate insieme al Covid-19 sono risultate essere le cardiopatie ipertensive (il 18% dei decessi), il diabete mellito (16%), le cardiopatie ischemiche (13%), i tumori (12%); sebbene con frequenza minore sono risultate presenti anche demenze, la malattia di Alzheimer e l’obesità”.
Alcuni passaggi della relazione presentata da Istat il 28 gennaio scorso in audizione alla Camera dei Deputati, commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.
“Il 31 marzo, a soli 20 giorni dall’inizio del lockdown, l’Istat ha diffuso i primi dati sulla
mortalità, relativi al periodo 1 gennaio – 21 marzo 2020 per un numero limitato di
Comuni (poco più di 1.000) per i quali era stata verificata la qualità dei dati. Già da
queste prime analisi si osservava un incremento della mortalità complessiva a partire
dal mese di marzo, in controtendenza rispetto ai mesi di gennaio e febbraio,
concentrato nei Comuni del Nord, ripartizione territoriale nella quale l’epidemia si
era diffusa maggiormente. In queste aree si evidenziavano aumenti dei decessi
ragguardevoli non solo nei centri urbani maggiori, ma anche in realtà comunali di
dimensioni demografiche più contenute”.
“La rilevanza di misurare l’eccesso di mortalità generale discende da due ipotesi di
fondo: che la diffusione dell’epidemia avesse prodotto un aumento di morti anche
non direttamente riferibile al numero di individui positivi al virus. Che il calcolo
dell’eccesso di mortalità totale potesse fornire indicazione dell’impatto complessivo
dell’epidemia, non solo tenendo conto dei decessi attribuiti direttamente al Covid19, ma anche di quelli avvenuti senza diagnosi microbiologica o indirettamente
collegati, come le morti causate da trattamenti ritardati o mancati a causa del
sovraccarico del sistema sanitario”.
“Nella prima ondata di pandemia del 2020 sono stati contati 51 mila decessi in più
rispetto allo stesso periodo dell’anno della media 2015-2019 (+31,7%). Il Nord è stata
la ripartizione drammaticamente più colpita, con un eccesso di mortalità superiore
al 60%. In particolare, nel periodo marzo-maggio 2020, gli anziani con 80 anni e più
del Nord hanno sperimentato un eccesso di mortalità pari al 67,1% (80.531 decessi
rispetto a 48.190 della media 2015-2019).
Nella fase di transizione estiva è stato registrato un netto calo generalizzato
dell’eccesso di mortalità; a livello nazionale si sono avuti 203.081 decessi, valore
superiore del +2,6% alla media 2015-2019.
La seconda ondata è stata caratterizzata da un eccesso di mortalità esteso a tutto il
Paese. Sono stati registrati 52mila decessi in più rispetto alla media 2015-2019
(+32,3%). Ancora una volta è stato il Nord a evidenziare l’eccesso di mortalità più
alto (+40,0%). Molte regioni del Centro e del Mezzogiorno si sono trovate, durante
la seconda ondata dell’epidemia, a sperimentare anch’esse per la prima volta un
incremento importante dei decessi totali, registrando un eccesso di mortalità superiore al 24% (rispettivamente 24,2% e 26,1%)”.
“Anche nella seconda ondata l’eccesso di mortalità ha colpito maggiormente le fasce di età più anziane e fragili della popolazione. A livello nazionale, da ottobre a dicembre 2020, tra gli ultraottantenni è stato rilevato un eccesso di mortalità pari al 36,2% mentre nelle fasce di età 50-64 e 65-79 l’incremento dei decessi è stato rispettivamente del 23,4% e del 29,3%.
Nel 2021 il totale dei decessi, secondo il dato provvisorio diffuso a inizio 2022, è
risultato in calo rispetto all’anno precedente, pur restando su livelli molto alti
rispetto al periodo pre-pandemico: 709 mila decessi (scesi successivamente a 701
mila col dato consolidato definitivo), 37 mila in meno rispetto al 2020 (-5,0%), ma 63
mila in più rispetto alla media 2015-2019 (+9,8%).
Nel passaggio dal 2020 al 2021, in conseguenza della variazione della diffusione del
virus e della progressione della campagna vaccinale, la geografia della mortalità è
mutata notevolmente. In particolare, la riduzione dei decessi del 2021 sul 2020 si è
concentrata nelle regioni del Nord, mentre le regioni del Mezzogiorno (Sardegna
esclusa) hanno registrato un lieve incremento”.
“A partire dalla 20esima settimana del 2021, con il progredire della campagna di
vaccinazione, la mortalità ha iniziato a diminuire in modo consistente. Va
considerato a tale proposito che circa la metà dell’eccesso di mortalità del 2021,
rispetto al quinquennio 2015-2019, si è prodotto nel primo quadrimestre.
Considerando le classi di età, il contributo più rilevante all’eccesso di mortalità nel
2021 è stato a carico della popolazione ultraottantenne (72% dell’eccesso di
mortalità complessivo); i deceduti di questa classe di età sono stati 455.170 (46 mila
in più rispetto alla media del quinquennio 2015-2019). L’incremento della mortalità
nella classe di età 65-79 anni spiega un ulteriore 21% di eccesso di decessi: oltre 13
mila decessi in più, per un totale di 177.937 morti nel 2021″.
“Nel 2022, il dato provvisorio indica 713mila decessi (valore successivamente portato
a 715mila grazie al dato consolidato definitivo). Rispetto all’anno precedente il
numero dei morti è superiore di 4mila unità, ma inferiore di 33mila rispetto al 2020, anno di massima mortalità. Il numero più alto dei decessi si è avuto in concomitanza
dei mesi più rigidi, gennaio e dicembre, e nei mesi più caldi, luglio e agosto. In questi soli quattro mesi sono stati rilevati 265mila decessi, il 40%. Come già riscontrato
anche nel periodo pre pandemico, le avverse condizioni climatiche comportano un
aumento dei decessi nella popolazione più anziana e fragile.
Nel 2022, oltre 606mila deceduti, l’85% del totale, avevano un’età maggiore o pari
ai 70 anni (l’89,2% nelle donne, in ragione della loro vita media più lunga, e l’80,3%
tra gli uomini).
Nel 2023 si ha un ritorno quasi ai livelli di mortalità di epoca pre-pandemica; i decessi
(670mila, dato definitivo) registrano una diminuzione di oltre 40mila unità sull’anno
precedente. Il calo del numero totale di eventi coinvolge soprattutto la popolazione
anziana. Il 75% della diminuzione rilevata interessa, in particolare, individui di
almeno 80 anni di età”.
“L’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia e le relative misure di contrasto hanno
avuto un forte impatto sul flusso di produzione del dato di mortalità per causa. Tutti
i soggetti coinvolti, dagli operatori sanitari (personale delle strutture ospedaliere,
delle residenze sanitarie assistenziali e degli hospice) ai funzionari degli enti coinvolti
(Comuni, Prefetture, sedi territoriali e sede centrale Istat), al personale delle ditte di
registrazione, stampa e distribuzione dei modelli, hanno dovuto fare i conti con
chiusure e rallentamenti, in alcuni casi con focolai, ricoveri e decessi. L’eccezionale
incremento dei decessi, inoltre, ha prodotto un notevole aumento del numero di
certificati da distribuire, raccogliere ed elaborare.
Al fine di mantenere in sicurezza il flusso dell’Indagine, l’Istituto ha immediatamente
costituito una task force per mettere in atto attività metodologiche, organizzative,
formative e di diffusione, dettate dal contesto emergenziale della pandemia Covid19″.
“A luglio 2020, in un report congiunto Istat e Iss21, sono stati presentati i primi dati epidemiologici sui decessi correlati al Covid-19. I dati provenivano da un’analisi condotta sulle denunce delle cause di morte di soggetti diagnosticati
microbiologicamente tramite tampone positivo al SARS-CoV-2 e deceduti nel
periodo febbraio-maggio 2020. Tali schede sono state raccolte dall’Iss, in anticipo
rispetto al normale flusso Istat, nell’ambito della ‘Sorveglianza Nazionale Integrata
COVID-19’.
L’obiettivo principale del lavoro è stato quello di comprendere in quanti casi il Covid19 fosse la causa direttamente responsabile del decesso e quale il ruolo di altre
malattie concomitanti al Covid-19. Per rispondere a tali quesiti, oggetto di grande
discussione all’inizio della pandemia, l’Istat ha acquisito le schede dall’Iss e ha
adottato i criteri internazionali di codifica basati sulla Classificazione internazionale
delle malattie (ICD10)22 per identificare la causa di morte”.
“Nel report Istat-Iss sono state analizzate le informazioni riportate dai medici in 4.942
schede di morte di soggetti diagnosticati microbiologicamente con test positivo al
SARS-CoV-2 (il 15,6% del totale dei decessi notificati al Sistema di Sorveglianza
Integrata Iss fino al 25 maggio 2020). Il Covid-19 è risultata essere la causa
direttamente responsabile della morte nell’89,0% dei decessi, mentre per il restante
11,0% le cause di decesso più frequenti sono state le malattie cardiovascolari (4,6%),
i tumori (2,4%), le malattie del sistema respiratorio (1,0%), il diabete (0,6%), le
demenze e le malattie dell’apparato digerente (rispettivamente 0,6% e 0,5%).
La quota di deceduti in cui il Covid-19 è risultato la causa direttamente responsabile
della morte variava in base all’età, raggiungendo il valore massimo del 92,0% nella
classe 60-69 anni e il minimo (82,0%) nelle persone di età inferiore ai 50 anni.
L’analisi ha dimostrato che il Covid-19 è una malattia che può rivelarsi fatale anche
in assenza di concause: nel 28,2% dei 4.942 decessi analizzati, infatti, non erano
riportate altre malattie oltre al Covid-19, percentuale simile nei due sessi e nelle
diverse classi di età (solo tra le persone di età inferiore ai 50 anni la percentuale di
decessi senza concause è più bassa, pari al 18,8%)”.
“Il 71,8% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2 aveva almeno una
concausa: il 31,3% ne aveva una, il 26,8% due e il 13,7% tre o più concause. Le
malattie più frequentemente riportate insieme al Covid-19 sono risultate essere le
cardiopatie ipertensive (il 18% dei decessi), il diabete mellito (16%), le cardiopatie
ischemiche (13%), i tumori (12%); sebbene con frequenza minore sono risultate
presenti anche demenze, la malattia di Alzheimer e l’obesità”.
“L’analisi ha anche messo in evidenza le principali complicanze del Covid-19: la
polmonite è risultata essere presente nel 79% dei casi e l’insufficienza respiratoria nel 55%. Altre complicanze meno frequenti sono lo shock (6%), la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e l’edema polmonare (6%), le complicanze
cardiache (3%), la sepsi (3%)”.